TRE

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-Non se ne parla!-

L'urlo di Hauke riecchieggiò per tutta la sala. Probabilmente favorito dall'assenza di musica, rumori molesti e altre persone. Il locale era chiuso al pubblico e non sarebbe potuto essere diversamente dato che la serata precedente si era conclusa da meno di sei ore. E sei ore erano state sufficienti affinché il mondo andasse a puttane.

Abel sbuffò e si ritrasse sullo sgabello che occupava.

-Non permetterò...-

-Fermati!- esclamò spaventato, ma l'altro continuò imperterrito.

-Saul mi ha affidato un compito!- tuonò Hauke con voce cupa. Proprio come se stesse ringhiando. La sua voce assunse una sfumatura minacciosa. Come se parlasse dal fondo di una caverna e l'eco ne rendesse il suono sempre più inquietante. -Nessuno ti torcerà un capello- e il suo tono si fece ancora più basso e pericoloso.

Abel percepì il cuore schizzargli in gola, mentre le braccia si ricoprivano di brividi. Tutto ciò non aveva nulla a che vedere, però, con la stessa identica reazione che aveva avuto nell'ufficio del commissario. Le cause scatenanti, infatti, quella volta erano totalmente opposte alla paura. Si sentì arrossire e distolse lo sguardo da Hauke.

Sapeva che ragionava da bravo soldato, che non c'era assolutamente altro dietro dichiarazioni come quella che gli aveva appena fatto.

Hauke era il braccio destro di Saul. Il migliore amico, il fratello per scelta. Ma anche il servo fedele e devoto. Il suo scudo – e, all'occorrenza, anche la sua arma.

Quindi era certo che nessuno sarebbe stato in grado di torcergli un capello se Hauke si fosse trovato nelle vicinanze, ma non proprio per via dell'affetto che nutriva nei suoi confronti. Quello – forse – c'entrava pure, ma Abel sospettava che ne fosse causa solo in piccolissima parte.

Eppure lui non poté fare a meno di sentirsi lusingato, mentre l'angolino dentro di sé che da sempre, da quando aveva memoria, aveva guardato a Hauke con un'ammirazione spropositata veniva scosso da un piccolo fremito di eccitazione.

Sapeva che non sarebbe mai uscito dalla dannata friendzone, ma coccolarsi con certi sogni era l'unica cosa che permetteva ad Abel di potere stare vicino all'altro senza disperarsi troppo.

-Anche a costo di consegnarmi all'A.S.S.S. Ma giuro che non permetterò a nessuno di usarti o farti del male- sibilò Hauke.

Abel percepì gli occhi riempirsi di lacrime. Se Saul fosse qui, pensò, ma Saul non c'era e quello era un dato di fatto. Poteva solo accettarlo. Anche se gli sembrava inaccettabile doversi sorbire certe frasi proprio da Hauke. Se a dirle fosse stato Saul era certo che si sarebbe sentito subito rincuorato, al sicuro.

Invece a parlare era Hauke.
Hauke che era un licantropo.
Hauke che era cresciuto all'interno di un mondo che guardava più alle regole animali che umane.

Era stato trasformato, questo era vero, e non aveva perso la propria coscienza. Vero anche questo. Ma la sua mente era stata plasmata, questo sì, e aveva fatto propria una cultura diversa da quella umana, con principi ed esigenze diverse. Era stato ricacciato tra gli uomini soltanto un anno prima, quando Saul aveva rischiato di finire bruciato vivo, giustiziato dall'A.S.S.S., e in seguito era stato costretto a scappare e a nascondersi. Per evitare che tutto il Clan, però, venisse alla luce con una fuga di massa dalla città, Hauke era stato lasciato indietro, a proteggere gli altri che ancora si mescolavano tra la gente comune di Idstein.

Un anno tra gli uomini, tuttavia, non gli era bastato.

Hauke credeva poco nell'amore, perché era cresciuto nella violenza e nella paura, e vedeva le relazioni tra due persone soltanto come un mezzo al fine di procreare, e quindi di assicurare una sopravvivenza della specie. E sapere tutto questo faceva male ad Abel, che lo capiva – in qualche modo giustificava le sue convinzioni quasi omofobe – ma non riusciva a rassegnarsi del tutto.

ARABESQUE Where stories live. Discover now