EPILOGO

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Si trovava di nuovo in ospedale.
Odiava quell'ospedale – in realtà, aveva sviluppato un odio viscerale per tutti gli ospedali del mondo. Per tutti quei medici e dottori che non erano ancora stati in grado di guarire il suo Reik.

Magda per prima, che aveva a stento tentato di arrestare l'emorragia di Reik, la notte in cui era stato aggredito, e pretendeva da lui pure dei ringraziamenti – che ancora non le erano arrivati, e Abel era assolutamente certo che non glieli avrebbe fatti recapitare mai – per aver fatto lo stretto indispensabile per salvare la vita a uno dei mannari che tanto detestava.

E aveva smesso di avere contatti con lei, portandosi dietro pure coloro tra i quali erano rimasti abbastanza disgustati dal suo agire – Roberto, Gideon e Krista.

-I tuoi pensieri mi stanno facendo venire mal di testa- borbottò proprio Krista, portandosi una mano a una tempia.

Abel le rivolse un'occhiataccia. -Smettila di ascoltarli-

-Non li sto ascoltando. Non posso farlo. Ne percepisco solo l'intensità e l'emozione che li smuove-

Le riservò l'ennesima occhiataccia. -Colpa della tua regina-

Krista roteò gli occhi e poi riportò lo sguardo su di lui, piegando le labbra in una smorfia. -Non ho più una regina, al massimo... un re- disse con un sorrino ironico.

Abel scosse la testa e decise di ignorarla. Intorno a loro c'erano diverse persone intente a riempire la sala d'aspetto – più del solito, ma era domenica e la domenica l'ospedale era sempre pieno di gente.

Spostò lo sguardo per la stanza, domandosi, per la frazione di un secondo, quanti, tra i presenti, sarebbero saltati su come molle, pronti a sfoderare le armi, se avessero saputo che sedeva in mezzo tra una lamia e un vampiro. Dopotutto, la nuova Legge aveva decretato il diritto alla vita delle creature sovrannaturali, equiparandolo a quello degli umani, ma erano ancora in troppi a non essere d'accordo a riguardo. Negli ultimi mesi erano cambiate tante cose, ma la mentalità della gente era una cosa difficile da cambiare – maturare.
E Hauke gliene aveva dato la conferma.

Scosse la testa, tentando di porre fine a tutti quei pensieri angosciosi. Krista parve ringraziarlo per quella sua decisione con un sospiro e un sorriso tremulo. Roberto, alla sua sinistra, stava smanettando con il proprio portatile, gli auricolari nelle orecchie, un'espressione seria dipinta sul viso che, negli ultimi tempi, aveva smesso di essere di un grigio malaticcio. Anzi, pareva in piena salute, forse un po' più pallido della media, ma decisamente meno zombie e più umano – e sperava che ciò non stesse a significare che era diventato, anche per lui, la sua flebo umana.
Un vampiro connesso a se stesso gli sembrava già più che sufficiente.

Ogni tanto, Roberto muoveva le labbra e Abel sapeva che non stava soltanto sclerando – da bravo nerd –, ma stava invece parlando con un volume di voce talmente basso da non essere udile da orecchio umano, mentre comunicava a distanza con Gideon, Telsa e Rudi, impegnati nella loro missione.

Si trovavano tutti e tre lì perché Florian, quella mattina, gli aveva detto che c'erano delle novità riguardanti la salute di Reik. Era stato assolutamente scarno di particolari, limitandosi a un paio di parole, sussurrate per telefono, prima di interrompere la loro conversazione. E subito Abel era entrato in paranoia. Proprio per quel motivo, Roberto e Krista si erano offerti di accompagnarlo in ospedale. Dopotutto, ormai erano un branco, erano la famiglia che avevano scelto, e famiglia significava anche esserci quando uno di loro si trovava in difficoltà. Che poi, quello che spesso si trovava in difficoltà fosse proprio Abel era un dettaglio privo di rilevanza – nonostante lo avessero eletto a proprio leader, era innegabile che continuasse a rivestire il ruolo della principessina nei guai.

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