VENTOTTO

410 69 36
                                    

Abel si stava rigirando nel letto da un tempo imprecisato, senza riuscire a prendere sonno. Dalla stanza adiacente non arrivava alcun rumore, la finestra era chiusa, pareva che pure il traffico e i suoni molesti per strada si fossero esauriti. Silenzio assoluto, buio, era stanco e non riusciva ad addormentarsi.

Florian lo aveva lasciato solo già da un po', eppure lui continuava a sentirsi teso e infastidito da ogni cosa. Persino dal modo in cui il lenzuolo gli si attorcigliava addosso, limitando i suoi movimenti. Dalla pressione della cintura che serrava sui fianchi, dalle maniche del maglione che si giravano, raggrumulando tessuto sotto le ascelle e tirando all'altezza di spalle e collo.

Si alzò a sedere con un grugnito di frustrazione, iniziando a spogliarsi con gesti rabbiosi. Rimase in mutande – ancora una volta – e tornò a raggomitolarsi sotto le coperte.

Si sentì subito sprofondare in una piacevole sensazione di tepore e pesantezza, una pesantezza avvolgente e priva di pensieri lucidi.

La sua mente continuò a rincorrere pensieri, che si tramutarono presto in immagini e davanti ai suoi occhi si materializzò la figura di Reik. Reik che gli sorrideva, lo abbracciava in vita e gli accarezzava una guancia. La sua bocca sulla sua, mentre lo catturava all'interno di un bacio fin da subito esigente, colmo di passione, intenso e profondo. Si aggrappò alle sue spalle e fece un piccolo balzo, avvolgendogli la vita con le gambe. Si sentì cadere all'indietro e la passione si tramutò presto in paura. Aprì gli occhi e sopra di lui si trovava il mannaro, non più il suo Reik, e Abel stava lottando, premendo le mani sulla sua gola affinché non lo sbranasse. Il mostro spalancò le fauci, Abel urlò e si trovò a fissare i suoi occhi, che non erano più pieni di odio, confusione, e il giallo delle iridi sembrava essersi fatto più oro, oro liquido, tempestato di gemme di luce. Uno sguardo consapevole, fiero e deciso, su un muso dalla pelliccia nera, con ciuffi color ruggine sotto al mento e sul petto. Abel si aggrappò al suo collo, con trasporto, in cerca di conforto, riconoscendo Hauke. Il lupo però si scrollò subito dal suo abbraccio e lo abbandonò a terra mentre correva incontro a un suo simile, di stazza più piccola, dal manto di colore grigio. Li osservò coccolarsi, mentre i loro corpi mutavano e riprendevano forma umana. E Hauke stava baciando Ada. Entrambi nudi, coperti di sangue, mentre sotto di loro giacevano i corpi senza vita di diverse persone.

Si svegliò di soprassalto, trattenendo a stento un urlo, madido di sudore.
Si portò una mano alla gola, il cuore martellante, ricoperto di brividi spinosi e con il fiato corto. Sgranò gli occhi e subito i suoi sensi si misero all'erta. Non sapeva cosa avesse destato il suo stato di allarme – aveva, dopotutto, compreso di aver avuto un incubo.

Si era svegliato. Il pericolo era rimasto imbrigliato nel mondo dei sogni – almeno per quella volta.
Eppure non si sentiva affatto tranquillo.

Si mosse con cautela, recuperando il maglione, indossandolo con gesti insicuri. Tornò a guardarsi attorno, ma al buio riconobbe solo tante sagome scure e indistinte che si stagliavano su un ambiente dai toni ancora più scuri.
Il materasso ebbe un cedimento di lato, sul fianco destro, e il cuore gli balzò in gola, mentre si rendeva conto di non essere da solo.

-Florian?- domandò con un filo di voce e il materasso subì l'ennesimo movimento.

Abel si spostò con cautela, dalla parte opposta, tentando di guadagnare il bordo. Il suo incredibile piano prevedeva di scendere dal letto, correre verso la porta, al buio, cercando di non inciampare in niente, e scappare per il corridoio verso l'uscita – magari il suo salotto era ancora infestato da lamia, vampiri, licantropi e poliziotti e avrebbe potuto chiedere aiuto a uno di loro. Sempre che nessuno di loro fosse già lì con lui con l'intenzione di fargli prendere un colpo per pura goliardia.

ARABESQUE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora