QUARANTASETTE

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L'appartamento era al buio. Abel non si stupì più di tanto nel trovarlo vuoto nonostante, quella sera, prima di uscire, si fosse lasciato alle spalle Rudi e Telsa. Avevano le chiavi di casa. Così come ce le avevano Florian, Roberto, Gideon e Krista, ma – a eccezione di Florian – vivevano tutti altrove, in appartamenti che sorgevano nelle vicinanze del suo. Anche se poi, ogni occasione era buona per mettere le tende da lui. Tuttavia, sapeva per quale motivo quella sera si sarebbe ritrovato da solo al rientro e, a essere sinceri, ciò che lo indispettiva era proprio non essere solo.

Detestava quando i suoi piani venivano sconvolti da terzi.

-Ti avevo detto di non aver bisogno della babysitter- sbottò in direzione di Hauke e il licantropo lo ignorò, chiudendosi la porta alle spalle.

-Dove sta il tuo Clan?- domandò invece, assumendo un tono di voce inequivocabilmente canzonatorio.

-A casa loro. A dormire. A fare sesso. In giro per locali. Che cazzo ne so-

A caccia. Ma quello no, non lo disse ad alta voce e non aveva alcuna intenzione di condividere con Hauke la missione che stava portando avanti con loro: stanare tutti coloro che erano stati coinvolti da Krause. Trovare e assicurare alla giustizia tutti gli assassini che avevano sparso orrore e paura per la Federazione.

-Stai mentendo, tesorino-

Abel trasalì. Erano passati – sicuramente – eoni dall'ultima volta in cui Hauke lo aveva apostrofato a quel modo.

Lo vide portarsi una mano a una tasca dei jeans, tirarne fuori un pacchetto di sigarette, recuperare una sigaretta e portarsela alle labbra con gesti lenti.

-È vietato fumare, qui dentro- sibilò.

Hauke aprì le braccia. -La tengo spenta- disse, indicandosi la bocca con un dito.

Abel avrebbe voluto picchiarlo. Sfogare su di lui la rabbia, la frustrazione degli ultimi mesi. Aveva perso il Natale, l'inverno, la tranquillità mentale. Era arrivata la primavera e lui a stento era riuscito a rendersi conto del cambiamento del clima.
Era davvero furioso.
Ada era latitante.
Saul era latitante.
Gli assassini? Idem.
Su qualcuno doveva pur sfogarsi.

Purtroppo per lui, Hauke rientrava in quella cerchia di super energumeni per cui gli sarebbe stato necessario recuperare una gru per arrivare a colpirlo, quindi... sospirò sconfitto e si diresse verso l'angolo cucina, con l'intenzione di prepararsi un caffè.

-Hai cenato?- chiese Hauke, seguendolo in quella parte della stanza.

-Prima di andare al lavoro. Ho messo su la bellezza di un chilo da quando non ti frequento più. Questo significa che riesco pure a mangiare, grandioso!-

-Ti sta bene-

-Cosa?- lo aggredì subito, assumendo un tono diffidente.

-Il chilo in più. L'hai preso tutto qui- e così dicendo gli diede una pacca sul sedere, facendolo sussultare.

Abel spalancò gli occhi e la bocca, stupito. Sconvolto. -Ti hanno fatto il lavaggio del cervello?-

Hauke di colpo si fece serio e incrociò le braccia sul petto. La sua espressione impenetrabile gli ricordò quella di Baker, e si domandò cosa gli stesse passando per la mente di così sconvolgente da spingerlo a comportarsi in quel modo. -Ho rischiato di morire- sibilò.

Abel distolse gli occhi da lui. Decise di dargli persino le spalle, del tutto intenzionato a non affrontare quell'argomento specifico.
Basta Kalmenhof.
Basta immagine di Ada che aggrediva Reik.
Basta sangue, urla, disperazione.
Erano tutte cose che facevano già parte del passato – un passato doloroso, ma passato. Un passato a cui avrebbe di gran lunga preferito non dover più guardare.

ARABESQUE Where stories live. Discover now