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Abel rimase stupito dalle parole dell'Agente Wagner. Aggrottò la fronte, sentendosi punto nel vivo.
Non era lui il nemico.

-Non è colpa mia se ci sta un mostro a piede libero...-

-Non stai facendo davvero nulla per aiutarci-

Ma perché tutti finivano per prendersi tante confidenze con lui?
Chi aveva dato loro l'autorizzazione di poter decidere quando iniziare a dargli del tu?
E, soprattutto, perché diavolo erano tutti così bravi a trascinarlo in mezzo ai loro casini per poi rovesciargli addosso colpe che non aveva?

-Voi non volete il mio aiuto per il caso. Sicuro volete il mio "aiuto" per qualcosa- disse, mimando le virgolette con due dita di entrambe le mani. -Ma non di certo per il caso-

-Cosa te lo fa pensare?-

Abel rise amaro. -Io non sono un poliziotto, non ho alcuna formazione di un bel niente di niente. In cosa dovrei aiutarvi? Mi portate con voi per spaventarmi, farmi male e poi mi scaricate al vostro simpaticissimo commissario che mi fa domande su tutto-tutto-tutto, tranne che sul caso-

-Il commisario non è un tipo simpatico-

-Ero ironic...- Abel si interruppe di colpo.

Si girò a guardare Wagner e lo trovò intento a fissarlo con un'espressione vagamente imbarazzata. -Sta sul cazzo pure a te?- domandò e si stupì per la frazione di un secondo della facilità con cui, lui stesso, pareva avere abbattuto ogni distanza dall'altro.

In quel momento lo percepì molto vicino.
Forse perché erano effettivamente vicini a livello fisico.
Forse perché avevano condiviso un'esperienza traumatica.
Forse perché si trovava in casa sua.

-È il mio superiore- disse l'agente, ritirandosi al sicuro dietro la sua maschera impenetrabile da poliziotto.

E anche l'empatia di Abel si esaurì alla velocità della luce. -Se ti denunciassi per rapimento?-

-Non ti ho rapito...!-

-Ma!- lo interruppe. -Io sono qui senza il mio consenso. Quindi è più o meno un rapimento. Facciamo finta che lo sia. Io ti denuncio, e poi? Voi siete costretti a lasciarmi in pace?-

-Ci sono testimoni. A mio favore- scandì l'agente e Abel sospirò sconfitto.

-Un altro po' di caffè?- domandò, spingendo la tazza verso di lui. -Poi potrei persino diventare più simpatico-

Wagner scosse la testa. Si alzò comunque e gli riempì di nuovo la tazza. Quando tornò da lui, rimase a fissarlo per un paio di secondi, come se avesse intenzione di dirgli qualcosa, ma poi parve ripensarci e tacque. Abel prese la tazza e lo ringraziò pure. Non si poteva di certo affermare che lui fosse un tipo scortese.

-Come mai vivi in questa topaia? Hai gusti discutibili oppure non ti pagano abbastanza in Polizia?- chiese dopo un po' e l'altro sbuffò, tornando a sedersi.

-Da quando siamo amici io e te?-

-Che c'entra questo?-

-C'entra. Non mi sembra che mi sia dato alle confidenze con te. Delle cose mie parlo solo con i miei amici, puoi giurarci-

-Delle cose tue. Quelle dell'ispettore, però, me l'hai dette-

L'agente ebbe la decenza di arrossire un po', scegliendo, ancora una volta, di rispondergli con un anonimo silenzio.

-Ti ho chiesto solo perché vivi in questo postaccio- aggiunse dopo un po', sospirando mestamente.

Aveva ancora mal di testa.
Temeva che non gli sarebbe passato tanto presto.

ARABESQUE Where stories live. Discover now