1. Catastrofe

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Camminavo verso la fermata dell'autobus in quel mercoledì nuvoloso e ventoso di ottobre. Ero di cattivo umore a causa del tempo e a causa del fatto che odiavo la mia vita.
Arrivai giusto in tempo per prendere l'autobus e appena salii, si mise a piovere. "Che noia" pensai, "un altro giorno di pioggia".
Ovviamente quando piove qualcuno fa un incidente, così è Roma. Quell'incidente a quanto pare era peggiore dei soliti perché vidi passare due ambulanze e molte auto dei carabinieri.
L'autobus rimase fermo lì per un'ora e avrei quindi fatto tardi a scuola, di nuovo.

Quando finalmente l'autobus arrivò alla mia fermata erano le 9:30. Bene. Le lezioni iniziavano alle 8:30.

Entrai in classe tutta bagnata, alla seconda ora, e il prof mi guardò male e mi mise una nota per il ritardo. Fantastico. Almeno ero brava a scuola.
Mi sedetti al mio banco e Matteo mi sussurrò: «Ma che ti è successo Ila?»
«Un incidente.»  risposi.
Vidi che stavano tutti scrivendo. «Bene signorina Daimay, ha un'ora per fare la verifica.»
Ci mancava solo la verifica a sorpresa, accidenti. Si, verifica di storia a sorpresa. E io odio storia. Se c'è una materia in cui non vado bene è proprio storia. Per fortuna la verifica non era difficilissima e riuscii a finirla per un pelo, anche se non sarà stata di certo delle migliori.

La giornata passò normalmente orribile. Tutti, tranne Matteo, erano di un'antipatia incredibile e anche il mio unico amico si trovava male.

Finalmente suonò la campanella della fine della scuola e uscii alla velocità della luce da quel posto infernale, felice di tornare a casa.
La giornata era finita, che cosa poteva andare storto? La giornata non poteva andare peggio di così no? No. Non potevo immaginare cosa sarebbe successo ancora, oggi, la cosa che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Arrivai alla fermata e salii sull'autobus. Ancora pioggia. Ancora vento. Un altro incidente. Altro traffico.
Finalmente smise di piovere e quando scesi dall'autobus alla mia fermata sentii stranamente puzza di fumo. Un'auto passando mi schizzò con quell'acqua putrida che sta sulla strada. «E CHE CAVOLO!» gridai.
Mi diressi sulla via che portava verso casa costeggiata dai tigli, che in quel periodo stavano perdendo le foglie dando al paesaggio un'atmosfera ancor più drammatica, e man mano che avanzavo la puzza di bruciato aumentava.
Infine vidi il disastro, e impallidii: davanti a me si stagliavano le macerie bruciate della mia casa, con polizia, ambulanze e vigili del fuoco intorno. I miei genitori lavoravano da casa. 
Corsi allarmata e disperata verso le persone che stavano lì urlando: «I miei genitori, i miei genitori dove sono?»
Mi guardarono tutti con facce affrante. «Lei è Ilary Daimay?». Mi chiese un vigile del fuoco.
«S-si...» dissi con voce tremante.
«Le mie condoglianze ragazza. I suoi genitori sono morti nell'incendo.»
A quella notizia le mie gambe cedettero e caddi in ginocchio. Non riuscivo a dire o a fare nulla, avevo un groppo in gola tale da farmi mancare l'aria. Poi urlai e scoppiai in un pianto disperato. Come era potuto accadere? I miei genitori morti in un incendio... non poteva essere, non era possibile... Mai dire o pensare: "non può andare peggio".

Infine, con voce tremante chiesi: «C-che cosa è successo?»
«Verso le 10:00 del mattino la villetta è andata a fuoco. Non sappiamo come sia potuto succedere in una giornata come questa. I suoi genitori erano all'interno quando la casa è crollata. Il fuoco si è spento con la pioggia di poco fa. Siamo arrivati da poco e abbiamo trovato i corpi tra le macerie.»
«E ora che faccio? Non ho dei genitori, non ho una casa, non ho soldi... tutti i miei averi sono bruciati insieme alla casa...» mi disperai.
«Venite con me.» Davanti a me un uomo alto e magro, con i capelli e gli occhi castani chiari mi tendeva la mano. La afferrai per farmi aiutare e al primo contatto la sentii molto fredda.
Quando mi fui rimessa in piedi mi rivolse nuovamente la parola. «Mi presento, sono il professor Giorgio Gennari della scuola superiore di Lumini, in provincia di Salerno.»
«Lumini... il paese natale di mia madre!»
«Esatto Ilary.»
«Conosce il mio nome?»
«Conosco la vostra famiglia. Dopo il funerale vi porto dai vostri zii a Lumini.»
A Lumini? «Ma è molto lontano! Dovrò cambiare scuola, amici...»
Lui non sembrava curarsi di questo. «Vi piace stare qui?» chiese.
«In realtà no.»
«E allora qual'è il problema?»
«Nessuno. Ma... io cosa metto al funerale? I miei vestiti erano tutti lì dentro e...» dissi indicando desolata la casa.
«State tranquilla, provvederò personalmente a darvi dei vestiti.»
«La ringrazio!»
Ad un tratto mi sorse un sospetto. «Ma se lei vive a Lumini, come fa ad essere già arrivato? Deve essere per forza stato avvertito da qualcuno...» chiesi.
«In realtà ero già qui. Dovevo parlare con i vostri genitori di una cosa che capirete tra non molto. Ero sul Raccordo quando ho saputo...» abbassò lo sguardo con aria affranta.

La mia casa era situata in un posto isolato a Roma, vicino ad un bosco, quindi per fortuna non avevo vicini. Alzai nuovamente lo sguardo verso le macerie e mi parve di vedere, nel fumo, una figura che scappava fra gli alberi che, miracolosamente, erano intatti. Strano. Mi convinsi però che era solo frutto della mia immaginazione ma non ne fui mai davvero convinta.
Ad un certo punto mi venne in mente la buona abitudine di non parlare agli sconosciuti, non potevo sapere se mi volesse rapire, e guardai i poliziotti con aria preoccupata quando lui mi invitò a salire in macchina. «Ti porto all'hotel che ho prenotato per stare qui un paio di giorni.» aveva detto. I poliziotti mi fecero segno di andare con lui, che non c'era pericolo e potevo fidarmi. Beh, se lo dicono loro.
Entrai nell'auto nera e partimmo. Non mi voltai indietro perché non volevo più vedere quella casa. Ora solo il pensiero mi fa piangere e mi rabbuia. Le lacrime mi scendevano da sole senza contegno e io le lasciavo cadere. Da fuori alla fine non sembrava affatto che avessi subìto una perdita grave ma dentro stavo morendo di dolore. Com'era possibile? Perché proprio a me? Come era successo? Continuavo a pormi queste domande, nella più grande tristezza.
Ricominciò a piovere e questa volta scoppiò un vero temporale, con lampi e tuoni. 

Arrivati all'hotel il signor Gennari mi preparò un letto di fortuna sul divano e mi avvolse con una coperta. Eravamo tutti bagnati.
«Vado a prendervi qualcosa di asciutto da mettervi.» Mi disse poi uscendo, «Per ora mettetevi vicino al termosifone e mangiate questo.» e mi porse un panino.
«Non è costretto a farlo... comunque grazie di tutto.»
Mi sorrise e uscì senza dire altro.

Tornò mezz'ora dopo con delle buste di vestiti. «Spero vi vadano, ho preso la taglia che mi sembrava più adatta a voi.»
Guardai nelle buste. C'erano una maglietta bianca e una nera, una felpa nera e due paia di jeans in una e un vestito nero sobrio nell'altra. "Il vestito sarà sicuramente per il funerale." Pensai. Erano tutti esattamente della mia taglia ed erano esattamente del mio stile. «Sono perfetti, grazie tante.»
Andai in bagno, provai il vestito, che mi stava benissimo, e poi mi cambiai. «Grazie ancora, un giorno vi prometto che vi ripagherò.»
Misi i vestiti bagnati sul termosifone ed il signor Gennari cominciò a preparare la cena.
«Il tempo è migliorato quindi se volete potete uscire, magari per salutare i vostri amici.» Mi disse.
Chiamai allora Matteo, che abitava lì vicino.
«Ciao Matte, se sei libero potremmo vederci davanti all'hotel vicino casa tua? Ho bisogno di parlarti urgentemente.»
«Certo Ila, arrivo subito!»
«Allora ci vediamo tra un quanto d'ora. Ciao Matte.»
«A tra poco Ila.»
Scesi di sotto e aspettai Matteo. Lui era il mio unico e migliore amico, a lui sapevo di poter dire tutto, anche quello che era appena accaduto. L'unica cosa che mi dispiaceva lasciare a Roma era lui.
«Oi ciao Ila!»
«Ciao Matte.»
«Hei Ila perché sei così... cosa è successo?» chiese preoccupato quando notò il mio malumore.
«Se avessi visto il tg capiresti.»
«Bah io non guardo quella roba. Comunque Ila... che è successo? Perché fai così, mi fai preoccupare.»
«Oggi sono diventata orfana.» dissi in fretta e con un filo di voce, sentendomi soffocare.
«COOOSA?! Ilary che stai dicendo...» era sconvolto, lo potevo vedere chiaramente nei suoi occhi sgranati e nella posizione del suo corpo.
Una lacrima rigò il mio viso. «Stavo tornando da scuola e...» Gli raccontai tutto dalla casa bruciata al fatto che avrei dovuto lasciare Roma e andare a Lumini. Infine scoppiai a piangere fra le sue braccia.
«O-oddio Ila... m-mi dispiace tantissimo... E quindi ci dobbiamo salutare... Spero che troverai brava gente al Sud...» disse scosso, sicuramente non si aspettava di ricevere una notizia del genere.
«V-vieni al funerale sabato t-ti prego. Lì ci saluteremo.»
«Ci sarò Ilary, ci sarò.»
«G-grazie.»
Io e Matteo eravamo migliori amici, eravamo come fratelli e ci conoscevamo da sempre. Non ci saremmo mai messi insieme e lo sapevamo entrambi. Per di più a lui piaceva una sua vicina. Sapevo che lui per me ci sarebbe sempre stato, che avrei potuto sempre contare su di lui. Era il ragazzo migliore del mondo.
«Allora immagino che ci vedremo sabato. Stammi bene Ila.»
«Ciao Matte.»

Tornai nella stanza d'albergo e mi accorsi che era ora di cena. Il signor Gennari aveva preparato un'ottima pasta al sugo e al mio arrivo ci sedemmo a tavola a mangiare. Avevo la sensazione che quell'uomo fosse il mio angelo custode ed avevo il presentimento che mi avrebbe aiutata in più occasioni.

Andai a dormire presto, con l'unico desiderio di sprofondare per sempre nel terreno. Non riuscivo a non pensare a quello che era successo e mi misi a piangere sul cuscino. Non poteva essere vero... non era accaduto veramente... era solo un brutto sogno, da cui mi sarei svegliata presto, giusto?
E invece era tutto reale, e sabato ci sarebbe stato il funerale dei miei genitori.

I Gemelli - Volume 1 - La Quiete Prima della Tempesta Where stories live. Discover now