12. Destino

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«Vi voglio fare una domanda che ho in mente da un po'...» dissi ad un tratto e tutti si girarono nella mia direzione. «Perché proprio me? Nel senso, ci sono un sacco di ragazzi nella nostra scuola e invece avete deciso di prendere nel vostro gruppo una ragazza totalmente nuova così, dal nulla.»
«Beh il primo motivo è perché per qualche strana ragione mi stai un sacco simpatica!» cominciò Giada.
«Sì, e poi avevamo bisogno di una faccia nuova nel gruppo, perché cominciava ad essere monotono. E sicuramente i nostri compagni di classe non sono "facce nuove".» aggiunsero Antonio e Gabriele.
«E poi, tu sei assolutamente nuova, vieni da un'altra città, Roma, e possiamo dire di essere curiosi dei comportamenti e delle "tradizioni" delle altre città.» si unì Alice.
«Oh...» fu l'unica che riuscii a rispondere, perché sinceramente non immaginavo una risposta del genere.
«Per finire... hai qualcosa Ilary.» disse Tommaso e mi lasciò interdetta per una attimo.
«In che senso?» chiesi sorpresa.
«Beh vedi... è un po' difficile da spiegare...» cominciò a dire Marco. «È come se fosse stato il destino a portarti da noi, non so se mi spiego.»
«Il destino?» ok, era un po' inquietante.
«Si... è come se qualcosa ci sussurrasse nell'orecchio di tenerti con noi o comunque c'è qualcosa che ci lega.» riprese Tommaso.
«Oh...» era la seconda volta che restavo senza parole.

«Ehm... ragazzi non pensate che stia facendo un po' tardi?» dissi dopo una pausa, accorgendomi che il cielo si era scurito e i lampioni erano accesi.
«Oh no, cara la mia romana!» Marco mi passò un braccio sulla spalla. «È ora che comincia il vero divertimento! Devi sapere che qui nella nostra cittadina, durante i weekend, le feste e soprattutto d'estate la vera vita inizia al calar della sera! I negozi rimangono aperti fino a tardi, i bar e i ristoranti si riempiono e tutta la gente esce di casa a riempire le strade. A volte aprono bancarelle e chioschi, ma questo di solito d'estate o durante le feste. Più o meno si torna a casa verso le due di notte.» si mise a spiegare.
Che cultura completamente diversa da quella a cui ero abituata... «Ok, allora andiamo!» esclamai e così ci dirigemmo verso il centro del paese.

Come aveva detto Marco le vie erano piene di gente, i bar avevano la musica a palla e tutti i posti a sedere erano occupati. Arrivati in piazza era anche peggio: ragazzi che si tiravano qualunque cosa, bambini che giocavano a pallone e gli adulti che facevano un aperitivo. C'era un enorme chiasso, per parlare ad una persona vicina si doveva urlare.
«Ci prendiamo qualcosa da bere?» urlò Alice per farsi sentire da tutti e fummo tutti d'accordo.
Ci fermammo al bar dove avevo parlato con Alex una volta e ci sedemmo ad un tavolo che fortunatamente era libero e Alice si offrì per andare ad ordinare le bibite.
«Se in un giorno normale è così allora in estate che deve essere?» urlai.
«Non lo puoi neanche immaginare. Pensa, a volte al centro della piazza ci fanno anche i concerti, e allora sì che le persone che vogliono dormire non ce la fanno.» mi spiegò Marco.
Alice arrivò con le bibite e chiacchierammo per il resto del tempo.

Decidemmo di tornare a casa verso mezzanotte, pensando di non fare troppo tardi perché faceva anche freddo.
Arrivata a casa mi buttai sul letto, esausta.

Il lunedì successivo, a fine scuola, mi stavo dirigendo verso l'uscita come tutti gli altri ragazzi, quando una mano mi afferrò per il braccio. «Hei Ilary... ti va di uscire con me?» la voce di Tommaso mi fece di botto questa domanda.
«Cosa?» dissi presa alla sprovvista.
«Ti ho chiesto se ti andava di uscire con me.» ripeté tirandomi violentemente a sé.
«Ehi calmo... comunque... cioè, ecco...» non sapevo assolutamente cosa rispondergli, non volevo ferirlo ma non volevo neanche mettermi con lui. Il suo atteggiamento poi... faceva paura. «Beh, sai...» provai a continuare cercando di liberarmi dalla sua stretta.
«Cosa?» disse con una punta di rabbia nella voce. Ma che aveva quel giorno? Cioè, lui era sempre stato scontroso ma non pensavo arrivasse a tanto.
«Tom così mi fai male!» più cercavo di divincolarmi, più stringeva la presa.
«Non cambiare discorso!» ribatté lui.
«Sai Tom... mi dispiace ma... c'è un altro...» dissi la prima cosa che mi venne in mente. Ero molto confusa dal suo atteggiamento.
«Ah si? È Alessandro vero? Sappi che comunque non accetto un no come risposta.» quasi urlò mentre mi sbatteva contro la parete bloccandomi entrambe le braccia e un ghigno famelico si dipinse sulla sua bocca.
«Tom! Ma che hai oggi?!» dissi spaventata cercando inutilmente di divincolarmi.
«Lasciala in pace.» una voce vibrante simile ad un ringhio rimbombò nel corridoio e Tommaso sorrise.
Lasciò poi la presa su di me e si girò lentamente. Riuscii così a scorgere la figura di Alex in piedi di fronte a Tommaso, un'aria pericolosa negli occhi tornati neri con lampi rossi, i pugni chiusi e tutti i muscoli tesi.
«Che cosa vuoi Delgei? Io e Ilary stavamo parlando.» disse Tommaso incrociando le braccia al petto.
«E di grazia, di cosa stavate parlando?» domandò Alex ringhiando.
«Del nostro fidanzamento, di cosa se no?» rispose Tommaso con aria di sfida, avvicinandosi pericolosamente ad Alex.
Ora i due si trovavano faccia a faccia, e si lanciavano occhiate di fuoco. Erano più o meno alti uguali, Tommaso più alto solo di qualche centimetro e con muscolatura un po' più sviluppata, uno scontro tra titani insomma.
Quello tra i due che però incuteva più timore era sicuramente Alex. Se il suo sguardo avesse potuto uccidere, ora Tommaso sarebbe un cumulo di cenere, a causa delle vampate vermiglie simili a lingue di fuoco che scaturivano dai suoi occhi. La cosa che però era ancor più inquietante erano i pugni: erano strettissimi lungo i fianchi e brillavano di luce propria, come se tenesse in mano delle lampadine a led e a volte mi era sembrato anche di vedere del fumo uscire da essi.
Non c'era tempo per farsi domande e subito, accortami della situazione pericolosa e avendo un brutto presentimento, corsi istintivamente da Alex e gli afferrai una mano. Per poco non urlai di dolore, sentendo la sua mano bollente come una piastra bruciami le mani. Resistetti però al dolore trattenendo il respiro e cercando delicatamente di aprirgli il pugno.
«Alex, Alex, ehi... va tutto bene...» gli sussurrai dolcemente cercando di calmarlo.
Quei due continuavano a guardarsi in cagnesco, lanciandosi sguardi di fuoco, e la mano di Alex non accennava a diminuire di calore. Mi scese quindi una lacrima mentre la tenevo afferrata tra le mie. "E così mi vennero delle belle ustioni di secondo grado e non potrò più usare le mani. Cosa racconterò ai medici?" Pensavo quando riuscii ad aprire il pugno rovente e intrecciai la mia mano alla sua.
«Alex, Alex... dai andiamo...» chiamai dolcemente e provai a tirarlo verso l'uscita. «Dai Alex...» sussurrai. Grazie a quel contatto sentii la mano diventare meno rovente e trassi un respiro di sollievo.
«Dai, fai come dice la ragazza Delgei, vuoi fare brutta figura in sua presenza venendo pestato a sangue da me?» lo sfidò Tommaso.
«Tu non sai neanche cosa sono capace di fare!» ringhiò l'altro in risposta e sentii nuovamente la mano arroventarsi.
«Alex... andiamo...» lo incitai tirando più forte e alla fine lui cedette, facendo tornare le sue mani a temperatura quasi normale.
Lanciò un'ultima occhiataccia a Tommaso, che ci guardava strafottente con le braccia conserte, e mi seguì all'aperto.
Ora capivo perché Alex si ostinava a dire che non voleva incontrare Tommaso.

I Gemelli - Volume 1 - La Quiete Prima della Tempesta Where stories live. Discover now