Capitolo Due: "Who Is he?"

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Il lunedì è il giorno più difficile della settimana, soprattutto se hai scuola. Dopo due giorni di paradiso, il lunedì ti devi svegliare presto per andare a scuola. Un trauma. La sveglia suona alle sei precise, ma perdo tempo a rotolarmi nel letto per cercare un po' di tepore mattutino; mi alzo dal letto alle sei e un quarto, sgrano gli occhi guardando la sveglia e mi dirigo subito in bagno per rinfrescarmi. A passo lento poi rivado in camera, alzando la serranda e aprendo le imposte facendo girare l'aria, porto il lenzuolo ai piedi del letto e poi apro l'armadio cercando qualcosa da mettermi. Vestita, pettino i capelli, prendo la mia borsa e vado in cucina dove trovo mia madre seduta mentre fa colazione con caffè e biscotti. Le sorrido e le do un bacio nella guancia, prima di posare la borsa in una sedia e riempire la bottiglia d'acqua che dovrò portare a scuola. Calzo le mie converse e mi metto un filo di mascara nello specchio dell'ingresso. Poi mi siedo, stando un po' al telefono e controllando le notifiche e i messaggi arrivati durante la notte. Sospiro per la stanchezza e aspetto mio padre. Appena è pronto, scendiamo di casa salutando la mamma e poi entriamo in macchina. Il percorso ogni mattina è silenzioso - come oggi - tranne per la fine, quando mio padre posteggia vicino a scuola e mi fa le domande di rito. "Hai i soldi? Caricabatterie? Telefono? Fazzoletti?" e a cui io rispondo sempre annuendo. Scendo dalla macchina e mi avvio al solito bar, dove sedute già ci sono le altre con le loro ordinazioni al tavolo.

Faccio un bel sorrisone avvicinando al tavolo e sedendomi davanti ad Alma che gira svogliata il cucchiaino nel cappuccino. Andrea alla sua destra, ha gli occhi chiusi e so già che anche sta notte non ha chiuso occhio, davanti a lei non c'è niente a parte il telefono con le cuffiette ancora collegate. Dall'altra parte, invece, c'è Victoria che con i suoi camicioni larghi sta cercando di fare un drummino. Sorrido quando mostra a tutte il drummino appena fatto e notando quanto storto sia, peggio della torre di Pisa. Accanto a me c'è una sedia vuota, che so già a chi è destinata come un anno a questa parte, mentre aspetto il mio migliore amico poggio la mia borsa sulla mia sedia in tal modo che nessuno possa prenderla e mi guardo intorno cercando il cameriere; quando capisco che il personale è poco, mi alzo lasciando tutto al tavolo tranne il portafoglio e il telefono e vado dentro il bar ordinando un caffè lungo senza zucchero. Sorrido al barista quando mi porge la tazzina e gli lascio le monete per poi ritornare indietro e raggiungere le ragazze. Noto con gran piacere che è arrivato il mio migliore amico, Martino.

Ci conosciamo da quando siamo piccoli ed abitiamo più o meno nella stessa zona; le nostre madri sono diventate grandi amiche quando noi abbiamo iniziato a fare amicizia all'asilo e da lì non ci siamo mai più separati. Abbiamo frequentato le stesse scuole elementari - anche nella stessa sezione - e anche le medie purtroppo in sezioni diverse ed averlo trovato qui anche a settembre di tre anni fa non è stata una grande sorpresa. Infatti sin da piccoli entrambi abbiamo legato per il nostro amore dell'arte e ogni volta che passavano i pomeriggi insieme - a casa dell'uno o dell'altro - si finiva sempre per costruire qualche casa delle barbie in cartone o cucinare un'insalata con i ritagli del giornale.

Alle elementari abbiamo dipinto di nascosto una piccola parte di muro della nostra aula e da lì la nostra maestra ha capito il nostro amore per l'arte evitando di metterci una nota e non chiamando i nostri genitori in cambio di ridipingere il muro col suo colore originale.
Alle medie, invece, abbiamo partecipato ad un progetto insieme, anche se da lì in poi le sue abilità nel disegno e nel dipingere sono peggiorate a vista d'occhio non mi ha mai abbandonato in quella avventura e mi accompagnava e faceva compagnia ogni pomeriggio. La scelta della scuola superiore era molto chiara per me, avevo scelto fin da subito di andare in un liceo artistico - anche se non avevo le idee chiare su cosa andar fare - ma già essere in una scuola che trattava le materie che mi interessavano mi davano la carica ogni giorno per svegliarmi e uscire dal letto. Per lui era stata un po' più complicata, i suoi genitori volevano fortemente mandarlo in un liceo scientifico o classico perché "si hanno più sbocchi per il futuro", lui voleva andare in un liceo professionale, soprattutto per il non fare niente; ma quando è arrivato il momento degli open-day si è ricreduto, vestito con una maglietta blu a maniche corte è scappato subito dallo stand del liceo professionale ed è venuto a trovare me: incantata nello stand del liceo artistico. Ferma immobile per un ritratto vedevo lui osservare le fotografie appese nello stand. I suoi occhi si sono illuminati e appena la ragazza mi ha consegnato il foglio con il mio ritratto si è avvicinato con tanta fretta e mi ha stretto a sé. "L'ho trovato! Ho trovato quello che voglio fare" e lì ero felice anch'io.

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