Capitolo Tredici: "Happy Fucking Birthday"

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⚠️TRIGGER WARNING⚠️
Si prega di notare che il seguente capitolo tratta argomenti delicati riguardanti disturbi alimentari. Si consiglia la lettura da parte di un pubblico maturo e consapevole, in grado di gestire tali tematiche in modo responsabile. Se non ve la sentite potete anche superarle, non voglio urtare la sensibilità di nessuno.





<< Oggi cucino io >> gli sorrido, mentre prendiamo l'ascensore, lui mi guarda male e poi scuote la testa << Impossibile: casa mia, cucino io >> alzo gli occhi al cielo e sbuffo una risata. << Sono frecciatine perché ancora non sei venuto a casa mia? >> lo guardo seria, anche se dentro di me sto ridendo. Lui sgrana gli occhi e si gira verso di me << Ma sei pazza? Non volevo intendere questo >> io non ce la faccio a trattenere una sana risata e gli scoppio a ridere davanti.

<< Piccola Ambra, t'ammazzo. Mi hai fatto prendere un accidenti >> mi pizzica la guancia per poi uscire dall'ascensore e andare ad aprire la porta. Si blocca all'ingresso senza farmi passare. La schiena diventa rigida e di conseguenza anche la presa che ha sulle chiavi di casa. Gli accarezzo leggermente la spalla come segno di conforto ma è come se non sentisse niente. Posa lo zaino all'ingresso e va verso il corridoio senza dirmi una parola, l'unica cosa che mi fa intendere che ci sia qualcuno a casa è il piatto sporco sul tavolo.

Sento che parla con qualcuno e io nel frattempo mi sistemo, poso la borsa vicino al suo zaino e appoggio la giacca di jeans nell'appendiabiti. Come se fossi a casa mia mi avvicino al tavolo e poi al lavello e pulisco il piatto, mettendo al proprio posto anche gli altri utensili della cucina.

<< C'è mia mamma, è un problema per te? >> sobbalzo per lo spavento e mi giro con lo strofinaccio ancora nelle mani, scuoto la testa negativamente e alcuni ciuffetti mi cadono davanti agli occhi. << Perfetto. Che fai? >> si avvicina a me e io sposto i ciuffi biondi dietro le orecchie. Alzo le spalle e scuoto la testa << Niente di ché, stavo solo sistemando >>
Lui incrocia le braccia al petto << Non è casa tua, non sei dovuta a farlo >>
<<Non so stare ferma, poi mi rilassa: se non faccio qualcosa penso e non voglio pensare>> Alzo la testa verso di lui e gli regalo un sorriso un po' imbarazzato per avergli detto un po' di me. << E' bello avere una testa pensante, perché non vuoi pensare? >> prende un canavaccio e inizia ad asciugare dei piatti che sono nel lavandino.

<<Non sempre i pensieri sono belli e felici>> prendo un bicchiere e inizio a lucidarlo <<i miei pensieri sono molto autocritici, penso solo a come farmi del male>> continuo a strofinare il panno sul bicchiere <<male a livello mentale, è stressante sentire la propria voce in testa pronta a demoralizzarti e giudicarti e a dirti che non sei all'altezza degli altri>> alzo le spalle e chiudo gli occhi cercando di regolarizzare il respiro <<ma mi sono abituata ormai.>> poso il bicchiere ormai super pulito nel mobile e poi mi dirigo verso il bagno senza dire niente.

Sono solo una stupida. Non dovevo raccontare così tanto di me, ora mi prenderà in giro e non mi vedrà più come "Ambra", ma come la "povera Ambra". Mi appoggio al lavabo e mi sciacquo i polsi in cerca di un momento di serenità. Non ci sto molto in bagno, il tempo di far smettere alla testa di girare e sono già in cucina a osservarlo cucinare. Non commenta niente su quello detto poco meno di dieci minuti fa, continua a osservare l'acqua in pentola e mescolare leggermente il pesto in padella. << Apparecchio? >> dondolo sui piedi pur di non stare ferma e quando vedo lui annuire e indicare un cassetto, sono più serena.

Quando siamo a tavola non vola una mosca, la pasta è buona e forse ha capito che mangio poco, alcune volte anche niente, perché ha ridotto entrambe le porzioni di pasta. Solo quando sono a metà del mio piatto mi si accende una lampadina in testa.
<< Tua mamma non mangia? >> Non alza neanche la testa, scuote solo il capo e ritorna a mangiare come un automa. Lo copio in quel che fa e di nuovo a tavola c'è silenzio. Non un silenzio pacifico, quello sereno dove si sente nell'aria un senso di complicità, serenità e benessere; un silenzio imbarazzante, entrambi siamo tesi come l'aria e sembra quasi che ogni parola che diciamo faccia parte di un qualche gioco di logica per quanta metodicità mettiamo a trovare una parola bilanciata per non cadere in un abisso totale.

Amare è come volare Where stories live. Discover now