Capitolo Otto: "Aglio e olio"

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Schifosa.

Questa è la parola che mi sono ripetuta dalle sei di mattina, quando mi sono svegliata con un mal di testa terribile, fino ad ora, dove un senso di nausea si è impossessato del mio corpo e ora sto rimettendo nel bagno di un bar. Schifosa.

Me lo ripeto ancora mentre mi pulisco la bocca, sciacquo i denti e cerco di dare un po' di colore agli zigomi. Schifosa.

Penso a questo quando esco dal bar, ringraziando il cameriere, e mi avvio verso il tavolino. Schifosa.

Prendo posto accanto alle mie amiche che parlano e straparlano di ieri sera ma quando arrivo io si zittiscono.

<< Potete continuare a ripetere per altre infinite volte di come mi avete trovata ubriaca e mezza nuda per strada, tranquille >> scrollo le spalle, cercando di sembrare tranquilla e per niente disturbata e innervosita dal loro comportamento di prima mattina, chiudo la zip della mia felpa nera - alzando anche il cappuccio - per poi incrociare le braccia sul tavolo e posarci su la testa.

Il mal di testa di stamattina - anche dopo due analgesici - non era passato del tutto e non mi permetteva di bere neanche un goccio di caffè che subito mi veniva da vomitare. Come mi fosse venuta in mente l'idea di andare a scuola anche in queste condizioni non lo so, o forse si. I miei non avevano apprezzato il fatto di aver balzato la scuola quel famosissimo giorno e quindi, anche se ancora non ero tornata a vivere da loro ed ero abusivamente abbonata a casa di Martino, non mi sembrava giusto balzare anche oggi e iniziare a ricostruire quel rapporto di fiducia che avevamo una volta. Se non iniziano loro, devo iniziare io.

<< Ambretta >> cantilena una voce maschile al mio orecchio, che riconosco in quella di Martino, mentre mi scuote leggermente. Sbuffo ancora prima di aprire gli occhi e di alzarli al cielo, per poi rimettermi come una persona composta nella mia seduta e accecarmi con la luce mattiniera. << Hai una brutta cera >> mi giro verso il mio migliore amico, che dopo questa cosa dubito che rimarrà ancora il mio migliore amico, con uno sguardo omicida. Gli sorrido falsamente per poi passarmi una mano tra i capelli. << Sto una merda >> borbotto come se quella informazione fosse di vitale importanza.
<< Non c'era bisogna che lo dicevi... si vedeva già >> Alma mi risponde e alzo le sopracciglia meravigliata per la sua acidità la mattina.

<< A colazione hai mangiato yogurt scaduto? >> mi alzo già stanca dalla giornata e dalle mie amiche e prendendo la borsa mi avvio verso il portone di scuola. Ancora la campanella non è suonata così me ne sto come una cretina ferma a guardare il nulla, il telefono scarico non mi serve a niente e preferisco conservare la batteria per le emergenze e il libro che ho sempre nella borsa mi farebbe ancor di più stare male con tutte quelle parole in inglese. Sbadiglio mentre vedo il portiere aprire il cancello e poi fare un cenno ai suoi colleghi al piano terra che in pochi secondi fanno suonare la campanella. Il rumore incessante mi infastidisce le orecchie ma facendo un respiro profondo entro a scuola.

Prima ora al sesto piano è come ricevere una punizione da Dio, o chiunque ci sia in cielo.
Mi fermo al quarto piano per riprendere fiato, i primini che mi guardano divertiti e mentre sono quasi piegata sulle ginocchia penso solo a una cosa: che cazzo si ridono sti pischelli?

Quando penso di avere più ossigeno in corpo ricomincio la mia camminata ai gironi dell'inferno, arrivando al sesto con una mano al fianco e una al petto. Il responsabile del piano mi guarda come se fossi in fin di vita - e un po' è così. << Tutto bene, signorina? La posso aiutare in qualche modo? >> il vecchietto si avvicina gentilmente e io gli sorrido, ma penso che sia uscita più una smorfia, << Se ha una bombola d'ossigeno, la ringrazio infinitamente >> lui mi sorride comprensivo per poi salutare tutti gli altri alunni che stanno andando nelle proprie aule.

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