(E) Capitolo Cinque: "Dollhouse"

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Il martedì pomeriggio non poteva iniziare meglio se non con la disinfestazione nel palazzo di casa. La puzza mi ha inondato le narici e l'addetto ha messo in dubbio le mie capacità intellettive. Sbuffo camminando nella strada di pietra davanti casa mia e do un calcio ad un sassolino davanti a me. Che cazzo faccio fino alle cinque del pomeriggio?

Mi incammino verso il centro città, cercando di non pensare a sto casino e soprattutto cercando di non morire di fame nel mentre. Appena giro l'angolo l'odore di pane appena sfornato di arriva alle narici e mi fermo un paio di secondi per capire cosa fare. Due minuti dopo esco dal panificio con due bocconcini freschi e vuoti tra le mani che mangio mentre mi avvio nel mio posto speciale. La piccola libreria della signora Anna è tra due negozi d'abbigliamento e sembra costruita in un'altra epoca rispetto agli edifici che la circondano, quando entro il solito campanello alla porta suona per tutta la stanza e facendo sbucare la signora Anna in fondo alle scaffalature con un libro tra le mani.

<< Salve, ha bisogno d'aiuto? >> si avvicina inforcando gli occhiali da vista e inserendosi dietro il bancone della cassa. Scuoto la testa e le sorrido << Volevo solo dare uno sguardo >> annuisce con un sorriso incerto che mi fa rimanere nella stessa posizione. << Vai, giovanotto e leggi che fa bene >> non ho il tempo di ribattere che lei già se n'è andata con un libro sotto braccio.

Poggio lo zaino sulla scrivania di legno e giro attorno per trovare qualche libro che mi incuriosisce. Ci sono tantissimi libri e molti sono esposti come per collezione, hanno tutti delle copertine bellissime ma solo uno mi fa stringere le braccia al petto per un magone. Il bambino dà la mano al padre e camminano in un sentiero. Stringo i pugni quando mi ricordo quello che ha fatto alla mia famiglia e mi siedo cercando di tranquillizzare il battito cardiaco. Non riesco a ricordare mia mamma sdraiata nel divano come se non avesse mangiato per anni, non voglio ricordare le bottiglie di vino e alcool nel tavolo della cucina, non posso ricordare le urla che tempestavano quella casa. Il mio sguardo non cala, traccia ancora le linee del libro, quei margini neri e le linee morbide grigie delle figure
Non posso, non voglio, non devo.
Non posso per lei, non voglio per me, non devo per noi.

Chiudo gli occhi prendendomi la gola con entrambe le mani e stringendo leggermente.
Non posso, non voglio, non devo.
Non posso, non voglio, non devo.
Non posso, non voglio, non devo.

Il ricordo è ancora impresso nella mia mente. Il rumore della porta che sbatte fortissimo, le sue urla appena tornato a casa e subito mia madre che mi accompagna in camera. Lei lo sapeva, sapeva cosa stava succedendo. Papà ha iniziato a urlare il nome di mia madre, aggiungendo anche termini volgari e scurrili; lei mi stava mettendo a letto, il suo sorriso era sottile e le sue mani tremarono quando mi sistemarono le coperte sul busto. "Buonanotte, figlio mio" mi baciò la fronte e mi accarezzò la guancia. La richiamai appena stava raggiugendo la porta della mia camera per uscire.
"Che succede mamma? Perché papà urla?" ci fu qualche minuto di silenzio scandito dai passi pesanti di papà nell'altra stanza. Lei mi guardò con i suoi occhi scuri e stanchi e mi si avvicinò quatta quatta, si inginocchiò accanto al mio letto e prese le mie mani nelle sue.

"Promettimi una cosa, piccolino" - si fermò e ai quei tempi pensavo che stesse pensando a cosa dire, ma ora capisco che stava cercando di mandare giù le lacrime - "Ascoltami bene, okay" annuì veloce in risposta, cercando di capire perché ci mettesse tanto a dire questa promessa e il perché parlasse a sottovoce.

"Promettimi che sempre e per sempre, non farai male ad una donna"
La guardai con le sopracciglia corrucciate. Non fare male ad una donna? Mi sembra scontato… "Guardami, Enea. Non fare mai male ad una donna e non toccarla senza il suo consenso" le sue mani mi circondano il viso, quindi facendo scontrare i nostri sguardi. Un colpo forte alla porta della mia camera fa sobbalzare entrambi e la mamma dopo aver lanciato uno sguardo alla porta riporta i suoi occhi su di me. "Me lo prometti, ometto?"

Amare è come volare Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora