Capitolo Sedici: "Ocean Eyes"

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Quando si arriva a casa di solito tutte le barriere che si sono alzate nella giornata calano di botto. Quando scendi la mattina, prendi l'autobus, stai con persone che potrebbero farti del male in qualsiasi momento, hai gli occhi ovunque - anche nel sedere. E' una caratteristica del corpo umano, non decidiamo noi di alzare le nostre mura, il nostro organismo percepisce un luogo austero e quindi alza le sue difese. Quando si torna a casa le difese cadono, perché il corpo vede la "casa" come un posto sicuro, non austero. Quando io arrivo a casa le barriere non calano. Rimangono ferme dove sono state per tutta la giornata. Ho provato la sensazione delle barriere che calavano solo in tre posti: la scuola, la moto e casa di Enea. Non perché questi posti il mio cervello li considera "casa", ma perché il mio cervello considera "casa" Enea.

<< Quindi che facciamo oggi? >> sorride mentre lava i piatti. Io non gli rispondo, troppo presa ad osservarlo. I ricci scomposti gli incorniciano il volto abbassato, le spalle e le braccia sono avvolte in una maglietta a maniche lunghe blu scuro, la solita maglietta con le cuciture bianche in bella vista. Le mani sono affondate nell'acqua del lavandino e il polso destro è circondato da un orologio argento e vari braccialetti, i classici che compri in spiaggia contrattando per far abbassare il prezzo. Io sono appoggiata con gli avambracci sul bancone, le mani posano sulle mie guance a coppa. I capelli legati in uno chignon alto e molto disordinato. Anche se è novembre inoltrato, a casa di Enea ci sono sempre i riscaldamenti accessi. Ormai mi sono abituata a vestirmi pesante per la scuola, portando alcune volte la coperta o la borsa d'acqua calda e a mettere un cambio nella borsa per stare comoda a casa sua. Mi sono abituata davvero, per quante volte che vado a casa di Enea farei prima a lasciarci direttamente dei miei vestiti. Oggi però mi sono dimenticata il cambio, sono stata costretta ad entrare in camera sua e di scegliere cosa mettermi, come se fossi in un negozio.

La sua camera me l'aspettavo nera con mobili bianchi, invece è completamente l'opposto. Le pareti sono azzurre e i mobili sono di legno chiaro. E' grande: il letto matrimoniale è posto sul lato lungo, con un lato appiccicato al muro, ho trattenuto un sorriso guardando le lenzuola della Marvel e ho continuato a far viaggiare i miei occhi. Enea era subito andato davanti al suo armadio, posto davanti al letto, con le ante completamente ricoperte di specchi. E' sprofondato in due ante e dopo poco si è girato verso di me. << Allora? >> mi ha guardato fisso e ho capisco solo dopo pochi secondi che voleva che entrassi nella camera. Perché si, sono rimasta all'ingresso con il collo lungo come una giraffa per vedere l'interno della stanza. Quando mi sono avvicinata a lui si è potuta notare la differenza d'altezza e sono stata costretta ad alzare la testa per guardarlo in faccia << Ho una maglietta nera e una azzurra >> allunga le due magliette verso di me e notando quella nera è a maniche corte, ho scelto quella blu. << Lo sapevo che avresti scelto questa >> l'ho guardato curiosa di sapere il motivo << Si abbina ai tuoi occhi >> ha sorriso, alzando le spalle in modo innocente e ha sistemato l'altra maglia nell'armadio, mentre quella blu è rimanasta tra le mie mani.

<< I miei occhi non sono blu, sono cerulei >> specifico come una bambina piccola e mi e venuto in mente quando sono andata a fare la nuova carta d'identità con i miei genitori e ho dovuto ripetere più e più volte che i miei occhi erano cerulei.

<< Si, lo so. Me ne sono accorto, sembra quasi che cambiano a seconda di come stai. In questo periodo sono più blu, mentre a inizio scuola erano un misto tra celeste e verde. >> ha chiuso le ante dell'armadio, mi ha guardato con quel suo sguardo meraviglioso e mi ha sorriso mentre io ho pensato a quanto mi piaccia il modo in cui mi guarda. << Forse ho detto troppo, ma sono un ottimo osservatore e tu sei bella da guardare, quindi.. oh cazzo >> si è messo le mani in faccia mentre io sono diventata rossa dall'imbarazzo. << Sto solo peggiorando la situazione, puoi andare in bagno per cambiarti >> ma vedendo il mio sguardo rabbuiarsi si corregge << oppure puoi rimanere qua >> é rimasto ad osservarmi un attimo, il suo sguardo ha seguito tutta la mia figura e ha alternato lo sguardo tra i miei occhi e le mie labbra. << Ti aspetto in cucina >>

<< Ambra? Quindi che facciamo oggi? >> mi sono risvegliata, giuro, gli ho anche risposto cercando di mettere delle parole insieme. << Decidiamo l'argomento del progetto, per ora abbiamo fatto un mega riepilogo su tutti i quadrimestri degli ultimi due anni, ora aggiungiamo le lezioni della settimana scorsa e decidiamo il tema. Poi dobbiamo fare un lavoro sia teorico che pratico >>

<< Pratico? >> alza un sopracciglio e mi guarda in modo malizioso
<< Non in quel senso, cretino. >> gli lancio uno strofinaccio addosso << Dobbiamo fare un modellino o un dipinto, qualcosiasi cosa.>>

<< Io penso alla teoria e tu alla pratica, non sono capace di fare niente >>
<< Ma allora perché hai scelto il liceo artistico? Vedi che ci rompiamo il culo come quelli dello scientifico e classico, eh >> metto entrambe le mani sui fianchi
<< Si, lo so. Anzi, l'ho scoperto tardi >> lo guardo male per la sua risposta
<< Che c'è è la verità, mi sono iscritto al primo anno di liceo artistico, ho fatto tre anni in quella scuola e col trasferimento di mamma ho cambiato anch'io. Ho scelto questo liceo solo perché dicevano che era semplice, ma non è affatto così >> lo guardo poggiata al bancone della cucina.

<< Io ho scelto il liceo perché volevo diventare insegnante di storia dell'arte >> lui sgrana gli occhi a quella rivelazione e si avvicina a me << Ho fatto i due anni ma storia dell'arte non mi piaceva più, la scelta del terzo anno l'ho fatta a casaccio. Mio padre ha pensato a scenografia perché era completa di tutte e tre le materie d'indirizzo, discipline pittoriche, plastiche e geometriche, mi continuava a dire che potevo modellarmi in più campi ed avere più scelte lavorative in futuro. Poi frequentandola di sono innamorata del laboratorio di scenografia >> prendo una pausa << la professoressa è brava, adora i gossip, ci tratta come se fossimo figlie sue ma non manca il lato severo. Devo a lei l'amore che provo per la scenografia, mentre la scenotecnica mi è antipatica, con il laboratorio ho sempre quella carica di adrenalina. Anche se è un'attività molto rilassante, hai sempre l'ansia che qualcosa possa andare storto, che il materiale che stai utilizzando non prenda bene gli agenti chimici o che le strutture cederanno durante uno spettacolo. La scenografia mi rende viva e voglio trasmettere quello che provo agli altri. >>

Sentendo silenzio dall'altra parte alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi castani. << Scusa, ho parlato troppo. Iniziamo a lavorare? >> annuisce senza dire niente e così ci avviamo verso il tavolo della cucina. Quando siamo nel clue dello studio, entrambi concentrati sul libro, la porta di casa si apre. Sono la prima a girare la testa verso la porta di casa, per poi essere seguita da Enea.

<< Mamma! >> la signora sorride per poi portare dentro casa delle buste di spesa. Enea si alza e le prende al posto suo, per metterle sul bancone della cucina.
<< Ciao tesoro >> lascia un bacio sulla guancia ad Enea, che non sembra per niente imbarazzato. Mi alzo in piedi andandole vicino e le sorrido, non sapendo se darle anche la mano. << Vieni qua >> mi fa cenno di avvicinarmi, mentre lei fa lo stesso, mi abbraccia dandomi un bacio sulla guancia. << Enea parla tantissimo di te, ma non mi ha mai detto che sei così tanto bella >> le mie guance diventano rosso pomodoro mentre lancio un occhiata ad Enea che ora sembra molto in imbarazzo. << Ora non vi disturbo più, continuate a studiare o qualunque cosa stavate facendo >> da una pacca sulla spalla del figlio e lui sembra che stia sprofondando dalla vergogna. << Tesoro, rimani a cena? >>

Enea, appena seduto, annuisce alla madre << Certo mamma, dove dovrei andare? >> ma lei sbuffa una risata << Non tu, chiedevo a lei! Allora, tesoro, ci fai compagnia a cena? >>
Oddio.

<< Mi spiace, ma tra un ora me ne vado a casa. Come se avessi accettato, sarà per una prossima volta >> le sorrido cercando di essere il più gentile possibile
<< Certo tesoro, Enea l'accompagni tu a casa, giusto? Mi sembra il minimo >> sgrano gli occhi a quella richiesta della madre. << No, mamma torna da sola >> il ragazzo qua di fronte si è rimesso a studiare e quasi non da più conto alla madre. << Signorino, non ti ho educato così. Non ti costa niente accompagnarla a casa, ti ho comprato quella moto super costosa: ora la usi, sii un gentiluomo >> Enea sbuffa, alzandosi dal tavolo e raccogliendo tutti i libri.
<< Noi andiamo in camera >> con in un braccio entrambi i libri e gli appunti, l'altra mano corre subito a prendere la mia e trascinarmi nel corridoio.

Amare è come volare Where stories live. Discover now