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LEXUS' POV

Un mese dopo

Quella sera i miei amici decisero di organizzare una festa, così mi stavo preparando per uscire.

Robin, nonostante avessi declinato un sacco di volte, mi aveva praticamente costretta a trasferirmi da lei.

In questo modo avrei potuto continuare a fare la vita che facevo prima.

Mi impegnai il doppio, facendo più turni di lavoro al cinema, per mettere da parte qualcosa in più e fare in modo di potermi mantenere da sola il prima possibile e prendere una casa in affitto.

Stavo ancora male, il dolore che portavo nel petto sembrava non cessare mai.

Eppure mi feci forza, costringendomi ad alzarmi dal letto tutte le mattine nonostante desiderassi solo di non svegliarmi mai più.

Trovai un compromesso: una lametta che tenevo gelosamente nascosta sotto il materasso. Un oggetto di metallo che mi ero ripromessa di buttare via.

Tagliarmi era diventata un'abitudine, un modo per punirmi, per sentirmi meno in colpa e un modo per concretizzare il dolore che provavo.

La prima volta è stato un graffio, fatto quasi senza pensarci. Avevo trovato un modo per dire: ecco, io sto soffrendo.

Mi sentivo sola al mondo nonostante fossi circondata dai miei amici. Anche se esistevo era come se lo facessi solo per metà.

Avrei gridato che questo nessuno lo avrebbe mai capito e mai nessuno avrebbe potuto comprendere il mio dolore.

Avevo i polsi e gli avambracci ricoperti di tagli poco e molto profondi, che nascondevo con le maniche lunghe.

Lo facevo quando ero sola, chiusa in bagno o in camera mia. Mi permetteva di sentirmi viva e non un involucro vuoto.

Fissai la mia immagine allo specchio, quello che vedevo non mi piaceva per niente.

Ero dimagrita, quasi riuscivo a contare le costole, gli occhi erano contornati da occhiaie profonde e violacee, i capelli un ammasso biondo indefinito.

Mi sedetti a terra a gambe incrociate prendendo il correttore, lo applicai sotto agli occhi sospirando.

Feci un trucco abbastanza pesante, usando l'ombretto nero per distogliere l'attenzione dal mio viso stanco e scavato.

Indossai una felpa oversize nera con le maniche che arrivavano fin sopra le mani, leggins neri e anfibi.

Sistemai i capelli rendendoli lisci ed aspettai che Robin venisse a prendermi.

La festa si sarebbe tenuta in una casa nel bosco, una sorta di fortino creato da Dustin e i suoi amici. Non poteva contenere molte persone, ma comunque non ci sarebbe stata molta gente.

Vi avrebbero partecipato quelli dell'Hellfire Club e qualche loro amico, non era neanche una vera e propria festa ma un modo per riunirci tutti.

Non avevo voglia di andarci, ma dovevo.

Più tardi eravamo tutti lì seduti in cerchio sul pavimento a fare giochi stupidi.

«Eddie, ma non vale! Non puoi barare così!» esclamò Robin dopo l'ennesima volta che perdeva.

«Ma non ho barato, sei tu che sei scarsa!» rispose lui ridacchiando.

Li osservavo in silenzio giocando con le maniche della felpa, stando bene attenta a non sollevarle. Sorridevo quando gli altri mi lanciavano occhiate, ma non ne avevo voglia.

Fingevo che andasse tutto bene, ma non era così.

«Okay, basta giocare a questo stupido gioco.» esordi Dustin con un ghigno. «Rendiamo le cose più piccanti... Obbligo o verità!»

Ci fu un boato generale ed io mi impietrii. Questi giochi non portavano mai a nulla di buono. Guardai Eddie arrossendo.

Mike afferrò una bottiglia in vetro di coca-cola vuota e la posizionò al centro.

Guardò uno per uno in silenzio e poi fece girare la bottiglia.

Piegai le gambe circondandole con le braccia.

«Eddie! Obbligo o verità?» Dustin socchiuse gli occhi sogghignando.

Il riccio ci pensò su, era seduto a gambe incrociate e teneva le braccia appoggiate su di esse, con le mani anellate giunte.

Fissai incantata le sue mani per un tempo indeterminato, poi spezzò il silenzio.

«Verità.»

Dustin si prese un po' di tempo per pensarci fissando il soffitto con un sorrisetto beffardo sul volto. «Eddie, quale parte del corpo di Steve ti piace di più?»

Tutti scoppiarono a ridere, Eddie compreso.

«I capelli.» rispose divertito.

«Grazie, amico.» rise Steve ricevendo un pollice in su come risposta.

Sorrisi leggermente alla scena, mettendo una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Lexus!» sobbalzai quando Robin mi chiamò. «Obbligo o verità?»

«Verità.» dissi pensando che sarebbe stato meno imbarazzante di un obbligo.

«Dormi nuda o indossi il pigiama?» chiese alzando un sopracciglio.

Ecco, come non detto.

«Ooooh!» tutti risero curiosi.

Arrossii. «Indosso il pigiama.» mormorai.

Altro boato generale, ridacchiai imbarazzata. «Ci avrei scommesso!» esclamò Robin ridendo.

«Steve, tocca a te!» Dustin lo indicò. «Obbligo o verità?»

Fissammo tutti Steve. «Obbligo.»

Poggiai il mento sulle ginocchia guardando Dustin, curiosa di sapere cosa gli avrebbe chiesto. «Ti obbligo a baciare la ragazza più carina in questa stanza... Sulle labbra.»

Un silenzio tombale aleggiò nella stanza, tutti cominciammo a fissare Steve in attesa.

Io e Robin eravamo le uniche ragazze presenti.

Steve ci fissò per un tempo che sembrò infinito ed io imprecai mentalmente.

Lo guardai con le sopracciglia alzate facendogli cenno con lo sguardo verso Robin, era la sua occasione.

Vai, stronzo. Muovi quel culo.

Steve si alzò venendo verso me e Robin, si inchinò poggiando il peso sulle ginocchia e posò le labbra sulle mie.

Sbarrai gli occhi diventando paonazza.

Che cazzo sta succedendo?

Fu un bacio a stampo breve, Steve si scostò leggermente e mi guardò negli occhi.

Rimasi pietrificata con la bocca aperta, non sapevo cosa fare o dire.

Poi si alzò e si mise a sedere al suo posto, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti i presenti.

I miei occhi corsero subito verso Eddie che mi fissava con la bocca spalancata, il mento ancora appoggiato sul palmo della mano e lo sguardo perso nel vuoto in un misto di emozioni che non seppi definire.

Dustin fissò prima Eddie, Steve e poi me. «Oh che gran casino.»

'86 Baby! || Eddie Munson Where stories live. Discover now