•15 - Mostri

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«Sono sempre stato un ragazzo diverso dagli altri, non lo dico per vantarmi perché non c'è veramente di cui andare fieri. Non ho mai avuto molti amici, fin da bambino ed ero il classico ragazzino preso di mira dai più grandi e costretto a sbagliare per loro.

Alle elementari, un bambino di due anni più grande mi chiese di nascondere lo zaino di un suo amico per lui. Ed io lo feci. Presi quello zaino e lo misi nel mio armadietto. Inutile dire che mi presi la colpa di tutto, finendo in punizione al posto di quel bambino che voleva solo mettermi nei guai, per vedermi piangere. Piangevo facilmente.

Lui è stato il primo mostro della mia vita, signor giudice.

Poi arrivò la pubertà nei miei dodici anni, un anno che ricordo particolarmente bene.
Fu l'anno in cui mi resi conto che c'era qualcosa che non andava in me. Perché non riuscivo a sentire niente per le ragazze, mentre il mio cuore esplodeva per i ragazzi?
Perché trovavo più attraente Brad Pitt di Angelina Jolie?
Domande del genere affollavano la mia mente ed io non riuscivo a darmi una risposta concreta.

Tuttavia, qualcuno lo fece al posto mio. Mi ricordo che un mio compagno di classe, cominciò a fare delle battute su di me.
Fingevo di capirle, fingevo di comprendere che cosa avessi fatto per meritarmi le loro risate.
La risposta era ovvia, signor giudice: assolutamente niente.

Però, continuò a farmi sentire sbagliato. A convincermi che qualcosa fosse del tutto errato. Che io fossi un fallimento. Che meritassi il dolore che provavo.

Quel ragazzino, era di buona famiglia con delle possibilità economiche migliori della mia. Poteva avere ogni cosa desiderasse, ogni cosa ma allora perché ce l'aveva così tanto con me?

Perché mi trattava come se fossi stato la feccia più disgustosa del mondo?

Non ho ancora trovato la risposta a queste domande e penso che non la troverò mai, perché è veramente impossibile trovarla.
Non è normale, essere così infernali con un ragazzino così fragile come lo ero io.
E lui lo sapeva bene, sapeva quanto io fossi fragile e quanto sarebbe bastato poco per rompermi in mille pezzi come se fossi stato un vaso di vetro estremamente delicato.

Un giorno, il giorno del mio tredicesimo compleanno, mi ritrovai a piangere nel bagno della scuola.
Piansi moltissimo, forse anche per più di un'ora e non capivo come mai le mie lacrime non si fermassero più.

A casa, con i miei genitori, fingevo che andasse tutto bene ma la realtà era ben diversa.
Continuarono le prese in giro, le risate e le battute. Battute veramente orribile e spaventose dette da un ragazzino, signor giudice.

Quel giorno, fu la prima volta che guardando il mio riflesso allo specchio provai disgusto per me stesso.
Mi odiavo, mi odiavo talmente tanto ed ero così convinto di essere come dicevano loro, che credevo di dover meritare quel dolore.
E nella mente di un ragazzino di tredici anni, pensieri del genere portano solo a compiere azioni così tanto sbagliate capaci di segnarti per tutta la vita.

Avevo paura di essere come dicevano loro. Che il mio corpo fosse veramente così disgustoso come mi facevano credere, che le cose che pensavo fossero così orribili da dover essere cancellate.

E così ho iniziato smettere di dormire la notte e quando tutti in casa dormivano, mi affrettavo a raggiungere la cucina e a divorare qualsiasi cosa commestibile mi capitasse davanti.

Dico sul serio: patatine, ciambelle, pasticcini, caramelle, cioccolata...ingoiavo qualsiasi cosa.
Poi mi rendevo conto che quello che stavo facendo, era un atto di debolezza e non dovevo assolutamente permettermi di perdere il controllo e per questo finivo per andare in bagno, mettermi due dita in gola e vomitare tutto ciò che aveva mangiato.

STRIP 3 | Madness-Lies Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora