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"Non ho ancora ricevuto nessun indirizzo per l'appuntamento, è saltato?" Gli scrivo di sabato pomeriggio e lui mi risponde dopo ore.
"No, che saltato, scusami. Sono fuori Napoli ho finito da poco di giocare. Dammi due minuti e ti mando l'indirizzo" mi scrive. Io gli dico solo "ok" e aspetto. Qualche minuto dopo mi manda l'indirizzo di un ristorante bellissimo che sta a Marechiaro.
"Ci sei mai stata?" Mi domanda.
"No mai ma mi sembra bello".
"Sembra anche a me, è la prima volta che vado anche io. Alle 20 lì, ok?"
"Va benissimo", digito e torno su internet a guardare le foto del ristorante. È bellissimo e affaccia proprio sul mare.
"Se hai problemi ad arrivarci ti passo a prendere, non farti problemi a dirmelo" insiste con questa storia e io gli dico di nuovo che non ce n'è bisogno.
Ci salutiamo più tardi esco con Simona per un drink. Torno a casa presto e la domenica mattina studio ma come al solito la mia testa è a lui. Stasera ci vedremo, non sto più nella pelle. Smetto di studiare e mi metto a scavare nell'armadio alla ricerca di qualcosa da mettere.
"Stasera che facciamo?" Leggo il messaggio di Elena e mi sento in colpa. Se sapesse che mi sto sentendo con Khvicha e che stasera ci vedremo ci resterebbe male, ne sono sicura. Lo so ma non voglio precludermi la possibilità di conoscerlo, poi se andrà bene lo dirò alla mia amica, se andrà male farò finta che non sia mai successo. Per ora è meglio non dirle niente.
"Sono a cena da mio fratello, mi dispiace" scrivo e lei dice che si organizzerà con Simo e gli altri.
Torno al mio armadio e cerco qualcosa di giusto da mettere per stasera. Non voglio esagerare ma voglio essere carina. Scelgo un pantalone a zampa nero e un corpetto di raso sempre nero con gli accessori neri e argento. Tacco alto, cappotto e borsa abbinata. Mancano più di dieci ore e sono già pronta, poca ansia insomma.
Il pomeriggio sembra interminabile e alle cinque mi butto sotto la doccia facendomi la doccia più lunga che io mi sia mai fatta. Mi asciugo i capelli facendoli mossi, mi vesto e mi trucco. Alle sette e un quarto sono pronta, aspetto che si facciano le sette e mezza e poi scendo. Non voglio essere la prima ad arrivare, voglio farmi attendere giusto qualche minuto.
Arrivo al ristorante alle otto e cinque e alla reception prendono il mio cappotto e mi chiedono se ho prenotato.
«Sì, credo a nome Kvaratskhelia.» Dico sperando di aver pronunciato bene quel cognome così difficile.
«Prego.» Mi fa segno di seguire un cameriere e io lo faccio. All'inizio non lo vedo ma dopo qualche secondo che cammino indietro al cameriere lo scorgo. Mi vede anche lui, sorride, si alza. Il cameriere si ferma e mi indica il tavolo. Ha preso proprio quello con la vista migliore sul golfo.
«Buonasera.» Mi guarda negli occhi e io cerco di resistere ma ad un certo punto devo distoglierlo o mi imbambolo e non è il caso.
«Buonasera a te» ci salutiamo con due baci sulla guancia e poi ci sediamo uno di fronte all'altra. «È bellissimo qui» mi guardo intorno e sono incantata.
«Sì fantastico. Avevo iniziato a pensare che per vendetta non venissi più» mi fa un sorriso sbilenco e capisco che si era davvero convinto che io gli avessi dato buca.
«Perché non dovevo venire? Guarda che mi fa piacere essere qui.»
Per la prima volta ammetto quello che sento e lui sembra contento.
«Me lo auguro, non voglio che ti senti costretta a fare nulla» si passa una mano tra i capelli come suo solito e io scuoto la testa.
«Sono proprio dove voglio essere.»
«Quindi ti è passata l'incazzatura verso di me?»
«Io non sono incazzata con te, ti ho spiegato perché ti rispondevo male» cerco di difendermi e lui mi spiazza. Allunga una mano sul tavolo e sfiora la mia.
«Capisco che sono le tue amiche e capisco che vi volete bene e se avessi saputo che ti avrebbe dato così fastidio giuro su quello che ho di più caro che non lo avrei mai fatto. È stato solo dello stupido sesso, non mi ricordo nemmeno come è stato. Mi sento in colpa per questa cosa ma davvero non voglio che rovini ciò che può iniziare tra di noi.»
«So che l'hai fatto inconsapevolmente, mi ci voleva solo un po' di tempo per metabolizzare la cosa, ora va già meglio.» Muovo le dita della mano che sfiorano le sue e mi sento intorpidita come se un serpente velenoso mi avesse appena azzannata.
«Non sanno che sei qui?»
«No. Non me la sento ancora di dirglielo, è un problema?»
«No per me no, non voglio mettere te in difficoltà.»
«Pensiamo a noi ora, a loro ci penserò più in là. Sei da parecchio qui?»
«Sono arrivato a meno un quarto.»
«Mhmh. Iniziamo a conoscerci, che ne dici? Siamo qui per questo, no? Cosa ti piace fare quando non lavori?» Gli chiedo. Ho bisogno di cambiare argomento, non voglio che la nostra prima serata insieme sia un monologo sulle mie amiche.
«Ho molte passioni e sicuramente lo sport è la più grande che ho. Oltre al calcio seguo il basket e mi piace il tennis. Quando sono a casa guardo lo sport in tv o mi rilasso guardando qualche film. Non sono uno che esce tanto. A te invece?» Dice e io lo ascolto attentamente.
«Io prima ero una festaiola, mi piaceva uscire tanto, andare a ballare, fare baldoria. Ora è qualche mese che sto scoprendo una nuova me, più calma e meno alla ricerca dei divertimenti.»
«In effetti quando ti ho vista la prima volta in discoteca con quel maglione a collo alto e il pantalone lungo ho pensato che quello non fosse proprio il tuo posto preferito» mi risponde con un mezzo sorriso. «È stata la prima cosa che mi ha colpito di te» termina.
«Addirittura ti ricordi come ero vestita?» Gli domando e lui si prende qualche secondo di pausa. Avvicina il suo viso al mio restando comunque a distanza, poi inclina la testa verso la sua spalla prima di rispondere.
«Tu credi che io sia un bugiardo?»
«Non ho detto questo...»
«Ti ho guardata per la prima volta quando hai messo piede nel locale e infatti ho chiesto subito di te ad Elif che però mi ha detto che non ti conosceva bene e non ti vedeva molto propensa al dialogo. Io quella sera non ero in grande forma e la memoria non è il mio forte ma ricordo benissimo come eri vestita e ti ho guardata per tutta la serata, forse qualche volta i nostri sguardi si sono anche incrociati» più dettagli dà più capisco che è davvero sincero in ciò che dice.
«Sì lo ricordo anche io» mentre parliamo vengono a prendere l'ordinazione e prendiamo entrambi primi piatti a base di pesce.
«Non sono pazzo allora» ride ricordando quei momenti e io lo seguo.
«Non lo sei, altrimenti non sarei qui. Vivi da solo?»
«Sì ma spesso vengono i miei parenti a trovarmi, sono molto legato alla mia famiglia e al mio paese d'origine. Quando ci siamo incrociati in pizzeria...»
«Io non ti ho chiesto niente!» Alzo le mani in segno di innocenza ma non posso credere che mi abbia letteralmente letto nel pensiero.
«Lo so ma so che ti stai chiedendo chi fosse quella ragazza, è mia cugina, era venuta qualche giorno qui a trovarmi.»
«Okay, figurati non te l'avrei mai chiesto, sono cose tue private.»
«Non sei una tipa gelosa?»
«Mai nella vita. Nemmeno tu, no?» Lo sfido con lo sguardo e lui stringe i denti scuotendo la testa.
«Insomma...»
«Lo sei? Quando ti ho detto che sarei andata al locale non hai detto nulla né mi hai chiesto nulla dopo» assottiglio gli occhi e lo fisso aspettando la sua risposta.
«Ora non posso mica permettermi di negarti qualcosa? A parte che non lo farei mai, però qualche domandina in più te l'avrei fatta sicuramente» si passa entrambe le mani nei capelli e mi sorride.
«Mh ok, ci sta, è giusto. Dai, dimmi qualche tuo difetto e qualche tuo pregio.»
«Difetti tantissimi: sono permaloso, orgoglioso, testardo, perfezionista e ho tantissimi vizi sul cibo. Pregi pochi: sono educato, gentile, forse generoso, molto protettivo e passionale. Penso che basti poi mi dirai tu man mano che ci conosceremo. Io invece voglio sapere come ti vedi tra dieci anni, tipo... lavoro, casa, città.»
«Uh domanda difficile per me questa. Sto attraversando un momento in cui non so bene cosa voglio, tranne che in rari casi» alzo lo sguardo e lo guardo negli occhi per fargli capire che parlo di lui e sono sicura che mi capisce al volo. «Ero sicura di voler lavorare a scuola coi bambini, è sempre stato il mio sogno, ma ora... non so... non ne sono poi così sicura. Non so bene cosa voglio e me ne vergogno anche un po', tu sei così sicuro di ciò che vuoi e sei anche sulla strada buona...»
«Non devi mai paragonarti agli altri, ognuno ha la sua storia. La mia situazione è diversa dalla tua. Ho fatto tantissimi sacrifici per essere dove sono ora e sono solo all'inizio, la strada è ancora lunga però già ora posso dire di aver realizzato un paio di grandissimi sogni che ho sempre avuto. A te è diverso, stai studiando, ti devi specializzare, devi solo capire bene cosa vuoi fare.» Dice e ha ragione. Per l'età che ha, 22 anni da compiere questo mese, è molto maturo e si vede che ne ha passate tante. Non conosco bene la sua storia ma lo posso immaginare.
Ci portano anche la seconda portata e poi il dolce mentre continuiamo a parlare di qualsiasi cosa, passando dall'argomento più serio a quello più stupido senza nessun problema. Mi sembra di conoscerlo da sempre e vorrei non dover mai tornare a casa.
«Te l'ho detto che stasera sei davvero bella?»
«Ehm... no.» Arrossisco al suo complimento e lui di nuovo mi sfiora una mano.
«Nei giorni scorsi mi immaginavo come potevi essere stasera ma hai superato ogni mia immaginazione, sei bellissima, davvero. Non te l'ho detto prima per non essere banale ma ora non resisto più. E a proposito ti ho portato anche una cosa...»
«Confermo il pregio della gentilezza, lo sei davvero, ti ringrazio. E che mi hai portato?»
«Una sciocchezza.» Mette la mano nella tasca interiore della giacca e tira fuori uno scatolino rettangolare stretto e lungo. Me lo passa e io sono curiosissima di capire cosa ci sia dentro. Lo apro e mi ritrovo un bracciale d'acciaio con un piccolo pendente che è un numero sette.
«Il sette?»
«Oggi che giorno è?»
«Sette febbraio.»
«Mi è sempre piaciuto il sette, è il mio numero preferito. Mi porta fortuna e voglio che ne hai uno anche tu.» Alza il braccio e mi mostra il suo polso dove ha anche lui un braccialetto uguale a quello che ha regalato a me.
«È bellissimo, grazie» gli sorrido, mi piace davvero. E poi lui non lo sa ma io sono anche nata il sette luglio, quindi il sette piace anche a me. «Io sono nata il 7/7, lo sai?»
«Il 7 luglio? 7/7 come la mia maglia?»
«Hai il 77?»
«Sì. Sei davvero nata il sette?»
«Il sette luglio ne faccio ventidue.»
«Non lo sapevo ma ora il sette mi piace ancora di più. Te lo metto, vieni.»
Allungo il mio braccio e lui me lo allaccia al polso. Mi sta perfettamente e alla fine mi stringe la mano nella sua.
Ci portano anche la frutta ed è segno che la serata sta finendo.
«Prendiamo qualcos'altro? Così non dobbiamo andare via. Un caffè, un amaro, qualsiasi cosa...» Mi fa ridere ma lui non è mai stato così serio.
«No io non ce la faccio più, sto scoppiando.»
«Quindi tra poco ci dobbiamo salutare...»
«Domani mattina devo anche andare a lavoro quindi non posso fare troppo tardi.» Alzo le spalle e lui annuisce.
«Va bene allora. E quando possiamo rivederci? Settimana prossima gioco di domenica e quindi non posso né il sabato né la domenica perché il gioco di nuovo fuori casa. Venerdì preferisci uscire con le tue amiche?»
«Venerdì sto con loro ma le altre sere della settimana sono libera se tu puoi.»
«Certo che sì e ora ti farò una proposta che potrai rifiutare se vuoi. Visto che è in settimana e il giorno dopo entrambi lavoriamo, che ne dici di venire da me o se vuoi stiamo da te... ordiniamo qualcosa e guardiamo un film. Che dici?»
«Da me non è possibile perché vivo con mia madre e mia sorella. Da te puoi?»
«Certo, ti va?»
«Per me va bene però vorrei cucinare io, posso fare le pizze se ti va, sono brava.»
«Non voglio che ti stanchi...»
«No tranquillo, mi piace cucinare. Mercoledì?»
«Perfetto. Ti mando l'indirizzo su Telegram, vieni quando vuoi, io dalle cinque in poi sono a casa.» Mentre lo dice portano il conto che ovviamente non mi fa nemmeno guardare e paga con la carta. Avrà speso un occhio della testa ma non me lo fa minimamente notare. Ci alziamo e andiamo verso la reception, dove ci attendono con i nostri cappotti. Ora posso guardarlo davvero bene: ha messo una camicia con una giacca e un pantalone a sigaretta con delle scarpe bianche. Sta benissimo e se non glielo dico è solo perché mi vergogno un po' ma magari poi glielo dirò. Usciamo e mi accompagna alla mia auto nel parcheggio.
«Ci salutiamo qui?»
«Penso proprio di sì.» Sorrido mentre mi guarda negli occhi, poi con un movimento lento e diretto mi cinge la vita con un braccio e mi dà due baci sulle guance.
«Buonanotte.» Gli dico.
«Scrivimi quando arrivi a casa.»

La perfezione.

***
Salve a tutte, come va? Ecco qui il capitolo sul primo appuntamento tra Khvicha e Ginevra, che ne pensate? Aspetto i vostri commenti e nel frattempo volevo dirvi che ho creato una pagina Instagram che si chiama faith1926_wattpad dove se volete potete seguirmi. Al momento non ho postato nulla ma più in là potrebbero esserci cose carine ☺️ grazie e un bacio a tutte❤️

Fidati di me | Khvicha KvaratskheliaWhere stories live. Discover now