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Khvicha.

Lo fa davvero, sparisce dalla mia vita e non si fa più vedere né sentire. Io ne sono felice, mi sento sollevato e vado avanti nella mia vita. Col Napoli va a meraviglia. Facciamo un'altra annata straordinaria e iniziano ad arrivare delle offerte per me già da novembre. Ne sono orgoglioso, ogni offerta mi fa quasi piangere perché vuol dire che sto facendo bene nel mio lavoro e questa è la cosa più importante di tutte. In accordo col mio staff e col Napoli però, decidiamo di prendere in considerazione solo proposte da giugno in poi, non lascerei mai la squadra e la città che mi ha dato l'opportunità di giocare nel calcio che conta a metà stagione.
Vinciamo un altro scudetto e a giugno il mio procuratore insieme al direttore sportivo del Napoli mi propongono diverse offerte. Le studio bene tutte ma il mio cuore ha scelto fin dal primo istante. Dovevo scegliere tra Real Madrid, Chealsea e PSG. La Premier è il campionato più bello del mondo, sarebbe bellissimo per me giocarci, il PSG è la società che mi ha fatto l'offerta più alta offrendomi dodici milioni di euro l'anno che mi sembra una pazzia visto che ora ne guadagno tre e mezzo. E poi c'è il Real, il mio sogno di sempre. La squadra con più storia di sempre, il club più importante del mondo. Mi offrono meno del PSG ma non mi interessa. Per me non è mai stato una questione di soldi ma di passione, di voglia di giocare coi più grandi, di volontà di incidere il mio nome a fuoco tra quelli più grandi della storia. E il Real è perfetto per questo. Avrò molta concorrenza, è vero, ma nei top club è giusto e normale che sia così.
È inizio luglio quando firmo con loro e qualche giorno dopo saluto tutti a Napoli, ringrazio, piango perché mi mancheranno tutti e prendo un volo privato che mi porterà nella mia nuova casa: Madrid. Ovviamente con me c'è tutta la mia famiglia, mio padre, mia madre, i miei due fratelli e Nitsa. Sì perché poco dopo Natale, dopo esserci incontrati in Georgia, abbiamo deciso di riprovare a stare insieme. Alla fine lei è la persona che mi conosce meglio al mondo, più di lei solo mia madre. Per me lei è sicurezza, è tranquillità, è serenità. E io adesso ho bisogno proprio di questo.
Il giorno della presentazione al Bernabeu mi sembra di morire. Il cuore mi impazzisce in petto, ho la voce rauca, la gola secca, mi tremano le ginocchia. E quando il presidente mi passa la maglia numero sette col mio cognome stampato sopra per poco non piango.
Il sette, sì. Il mio numero da sempre, il numero del mio idolo Cristiano Ronaldo che l'ha resa gloriosa, il numero dei miei sogni. Non ci credo, mi sembra tutto una finzione, un film.
Dopo la presentazione me ne sono andato in vacanza per una settimana con Nitsa per poi concentrarmi al cento per cento sulla nuova sfida che mi aspetta. Conosco i miei nuovi compagni di squadra, tutte persone veramente gentili e grandissimi calciatori. Il primo che mi accoglie, dopo il capitano, è Vinicius Junior. Mi dice subito che può accompagnarmi in giro per ristoranti e locali per farmi conoscere la città e mi dà il suo numero. Mi dice di scrivergli in qualsiasi momento e che è a mia disposizione. Sono davvero fortunato ad averlo in squadra e manco a farlo a posta giochiamo nello stesso ruolo, quindi siamo 'rivali'.
Nei giorni seguenti mi lascio davvero aiutare da lui e inizio a scoprire un po' la città e poi la sera ci porto Nitsa che sembra impazzita da quando siamo qui. E infatti ci metto un paio di mesi per capire che la nostra relazione non va più bene e va terminata. Lei ha iniziato a parlare di matrimonio, di comprare case a Tbilisi, a Batumi, a Madrid, di fare investimenti, di far trasferire tutta la sua famiglia qui e cose simili e onestamente non sono pronto a tutto questo. Non la amo, è questa la verità, non la amo più da anni e riprovarci è stata una grossa stronzata. Lei ci mette un po' a capirlo, insiste nel restare qui con me ma quando vede la mia convinzione lo accetta e fa le valigie. È ottobre quando resto solo in questa grande casa nel centro di Madrid, con troppe stanze e nessuno a renderla davvero casa. La mia famiglia viene a trovarmi spesso fortunatamente perché altrimenti sarebbe davvero traumatico per me. Ma è proprio nei momenti in cui sono solo, sdraiato sul mio grande letto sempre freddo e vuoto che ripenso a lei, sì, a lei. Ogni giorno che passa sono sempre più convinto di aver fatto una grossa sciocchezza con lei e vedendo come poi si è comportata Nitsa capisco che davvero Ginevra non aveva fatto nulla di male. Mi voleva bene e sognava di stare con me ovunque io andassi. E per quanto riguarda il sesso succedeva lo stesso con Nitsa, lo facevamo senza protezioni tanto che in estate ebbe anche un ritardo e pensavamo fosse incinta. Io non mi sono arrabbiato con lei, non le ho detto che voleva incastrarmi, anzi, ero anche felice all'idea di avere un bambino. Spaventato ma felice, e non di certo arrabbiato con lei. Questo mi fa molto riflettere e mi fa pensare che davvero Ginevra non ha sbagliato nulla con me. Sono stato io quello a sbagliare, preso dalla rabbia del momento e soprattutto senza prima parlare con lei ma fidandomi di pettegolezzi, l'avevo accusata e soprattutto l'avevo tradita. Non l'avevo ascoltata quando me lo aveva spiegato chiaramente anche se già dal giorno dopo a quando era venuta da me per parlare avevo capito di aver sbagliato tutto con lei. Solo che non potevo tornare indietro, ormai il danno era fatto. Poi è arrivata Nitsa, Madrid e ora siamo troppo lontani per chiederle scusa e chiederle di cominciare da capo. Non ha nemmeno i social, non usa Instagram, ha cambiato recapiti telefonici e non saprei come contattarla. Ma poi contattarla per cosa? Per scriverci messaggi a millecinquecento chilometri di distanza? Non avrebbe senso. Avrò questo rimpianto per sempre e a dirla tutta me lo merito, mi merito tutto questo malessere che sento. Per fortuna che c'è Vini ad aiutarmi e a farmi compagnia in questi giorni vuoti e soprattutto per fortuna che c'è il calcio, la mia vita.

Fidati di me | Khvicha KvaratskheliaWhere stories live. Discover now