Capitolo 1

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Le altre bambine sono cresciute con il sogno di essere come le principesse dei loro film preferiti, io sono cresciuta sapendo di esserlo e con il sogno di avere una vita normale.

Non ho mai avuto delle amiche vere perché ogni bambina era invidiosa di me, non potevano sapere che avrei fatto di tutto per fare cambio con le loro vite. Forse, non sarei stata circondata da tutto lo sfarzo e il lusso in cui nuoto fin da quando sono nata, ma almeno avrei potuto avere un po' di amore. Avevo tutto ciò che una bambina normale potesse desiderare, eppure l'unica cosa che davvero io volevo, è sempre stata l'unica che non ho mai potuto avere.

Perché le altre bambine davano per scontato l'affetto dei loro genitori, non erano cresciute con una madre che pensava solo al loro portamento ed un padre che le programmava la vita in ogni istante.

Perché la mia vita è sempre stata questa, programmata dall'inizio alla fine, non è mai importato che fosse la mia di esistenza e non la loro. Io non ho mai avuto voce in capitolo, non potevo prendere una vera decisone, non potevo sognare di avere un futuro come volevo io.

Questo le altre bambine non lo sanno, non lo hanno mai saputo, loro hanno sempre visto la bambina perfetta, che poteva avere tutti i giocattoli che voleva, persino un pony.

Per gli altri, io sono sempre stata la principessa viziata con la vita perfetta, per me sono sempre stata un'attrice perfetta.

Sono cresciuta senza conoscere cosa volesse dire realmente la parola "amore", per me è sempre stata quasi un tabù, eppure, per un periodo della mia vita ci ho sperato davvero.

Mi chiedevo quando sarebbe arrivato il momento in cui sarei stata talmente perfetta che i miei genitori non avrebbero potuto fare altro che amarmi, anche solo per pochi secondi. Ma quel giorno non è mai arrivato, ero sempre troppo poco, ero sempre un pochino meno di quello che sarei dovuta essere. Forse, perché questa vita non ha mai fatto per me, forse perché l'amore non l'ho conosciuto neanche nelle favole, loro non me ne hanno mai letta una, forse perché la mia vita è sempre stata finta.

Avevo sei anni quando mi è stata letta per la prima volta una fiaba, da una domestica che poi ho scoperto essere stata licenziata per questo, era "La Bella e La Bestia".

Mi sono sentita subito come la rosa avvelenata.

La rosa era sotto una teca, intoccabile, sembrava perfetta, è sempre stato il simbolo dell'amore e quando si pensa a una rosa, generalmente, si ha in mente il classico fiore rosso fiorito e bellissimo, eppure quella, nonostante la teca, stava appassendo e prima o poi sarebbe morta. Ecco, io mi sento esattamente così. Sono, da tutta la vita, tenuta sotto una teca di sfarzo e cattiveria, ma sto appassendo. Ho bisogno di qualcuno che faccia con me la stessa cosa che Bella ha fatto con la Bestia e mi dia la possibilità di tornare a vivere.

Ma le fiabe non hanno mai avuto spazio nella mia vita, il lieto fine non è mai esistito, la fata madrina neppure e l'unico "grande malvagio" da sconfiggere, sono proprio io.

Io sono sia la protagonista, sia il cattivo, perché vorrei amare ma non ne sono mai stata capace, non mi hanno mai detto come si fa, così mi impedisco di farlo, ma anche se non lo facessi, non cambierebbe molto. Io non provo amore, non ne sono capace, forse, sono semplicemente rotta io. In fondo, non sono mai stata capace di essere come mi volevano, non sono mai stata abbastanza, sempre troppo poco per tutto e tutti, forse è per questo che i miei genitori non mi vogliono bene...

Quante volte nella mia vita mi sono fatta queste domande, tanto da arrivare a odiarmi, convinta di essere io l'errore. Perché nella società è normale amare, come potevano quelle bambine sapere che sono cresciuta con la convinzione che le emozioni siano solo per i più deboli e io non lo sono.

Io ho imparato a cavarmela da sola, ho scoperto e conosciuto un mondo che mi ha spaventata subito, non ero pronta per la realtà, ero solo una bambina. Volevo aspettare Babbo Natale, non scoprire ad appena cinque anni che non esisteva.

Ho odiato il mondo e il destino per avermi dato questa vita. Un'esistenza che era il sogno di tutti, ma che per me era solo una prigione. Ma io ci ho provato davvero a farmelo andare bene, ad adattarmi, ma qualsiasi cosa facessi, non andava mai bene, era troppo poco per essere come mi volevano, ma esagerata per come desideravo essere.

Poi ho capito. Non è importante quanto io mi impegni, sarò sempre una principessa senza fiaba.

Vorrei almeno essere degna di essere per lo meno la fata madrina, ma come posso ancora sperarci, non mi fido io di me stessa, chi dovrebbe farlo?

La verità è questa, io non sono degna di essere la protagonista di una storia, neanche quella che dovrebbe essere la mia vita.

I soliti pensieri mi riempiono la testa, le solite frasi che mi fanno compagnia da tutta la vita, la solita anima spenta, vuota e stanca, le solite non-emozioni mi corrodono dall'interno.

Qui, sotto le stelle, accompagnata e confortata solo dal rumore delle onde, penso. Mi sento così piccola in confronto alle stelle che illuminano la notte.

Mi hanno sempre affascinata. Una volta, al parco giochi avevo fatto amicizia con una bambina che mi aveva raccontato come il suo papà illuminasse il cielo ogni notte, a suo dire, o meglio al dire di sua madre, quando una persona parte per un viaggio molto lungo, va tra le stelle ad illuminare il cielo e a confortare tutte quelle persone che hanno bisogno che qualcun altro gli indichi la strada.

Gli anni sono passati, ma quella bambina non me la sono mai scordata, come potevo?

Già all'epoca mi aveva stupito la spensieratezza con cui l'aveva detto, per lei suo padre era solo andato a fare un viaggio, non poteva sapere che in realtà fosse morto.

Ci penso spesso. So che non è vero e che è soltanto un concetto creato per dare un po' di conforto alle persone, eppure, questa teoria, per quanto bambinesca e totalmente infondata, mi è rimasta dentro.

Locked DragonflyWhere stories live. Discover now