L'incontro- 1

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POVS Mario

Osservo il cartellone che pubblicizza il mio ultimo disco, accendo una sigaretta e aspiro una boccata di fumo, mentre ripenso al duro lavoro che c'è dietro a questo progetto.

È vero, sono passati cinque anni dal vecchio disco, ma per questo progetto avevo bisogno di stimoli. Non scrivo cose tanto per fare la canzoncina del momento, nei miei testi parlo sempre di cose che mi sono accadute o che sono capitate a persone a me vicine. Storie di vita vera, oserei dire.

Getto la sigaretta e sorrido: questa è la "Mia" Divina Commedia. Il mio operato. La soddisfazione è tanta, se ripenso a come ero alcuni anni fa: il ragazzo di provincia che tanti pensavano che non c'è l'avrebbe mai fatta. Poveri illusi.

La mia faccia sul cartellone fa capire che c'è l'ho fatta e se sono diventato quello che sono è anche grazie alla mia tenacia, ma senza dimenticarmi da dove vengo.

Questo sono io: Mario Molinari. E la musica è il mio strumento per far "sentire" la mia voce, per dire qualcosa.

Inforco gli occhiali da sole e mi faccio due passi, in mezzo al casino di Milano, la città che mi ha accolto alcuni anni fa. Vengo da Cogoleto, quartiere di Genova e la mia vita è stata tutta fuorché facile.

Non ho mai conosciuto mio padre: da quanto ne so non era pronto a prendersi la responsabilità di un figlio. Sono cresciuto poi in varie famiglie affidatarie, mia madre ha avuto vari problemi di salute.

Mi sono chiesto in passato come sarebbe stato crescere conoscendo mio padre, ma poi il pensiero l'ho archiviato. Perché devo pensare a una persona che non gliene mai fregato un cazzo di me. Sono mancanze affettive che danno ferite.

Cammino a passo spedito, mentre la mia mente è un flusso di pensieri senza sosta, come le rapide di un fiume. La mia vita non è stata semplice, ma per chi lo è? Penso che il bello sia proprio questo: incontrare tante difficoltà lungo il cammino e saperle affrontare a testa alta, per uscirne come persone migliori.

Controllo l'ora e decido di fermarmi a bere una birra. Ho camminato tantissimo e il caldo è esasperante, almeno avrò modo di rifrescarmi.

Il locale è abbastanza tranquillo nonostante siano le 18, non è uno di quei posti alla moda dove tutti si ritrovano rigorosamente per consumare un aperitivo. Preferisco i posti semplici, non frequentati dall'élite. E il Collins, così si chiama il posto, è proprio il locale che fa per me: è la prima volta che ci vengo. L'arredamento è minimal e ci lavorano tutti ragazzi giovanissimi. Mi dà l'aria di uno di quei posti dove riesco a passare inosservato.

Prendo posto su uno sgabello del bancone e ordino una birra. La barista che mi serve è davvero molto bella e mi prendo del tempo per osservarla meglio: è minuta con un viso dalle forme delicate. Porta i capelli castani legati con cura in uno chignon. Indossa un top rosso che le fascia il fisico e scopre la pancia, mettendo in mostra il piercing all'ombelico.

Quando si gira i nostri sguardi si incrociano: ha due grandi occhi neri e labbra piene. Una bellezza fine e delicata, come c'è ne sono poche, ma che risalterebbe in mezzo a centinaia di persone per la sua specialità.

Noto la sua espressione sorpresa: forse mi ha riconosciuto, non saprei. Rimane a fissarmi senza proferire parola, così per rompere il ghiaccio e smorzare la situazione prendo parola

"Mi era stato detto che sono bello, ma non mi era ancora capitato di lasciare le ragazze senza parole".

Sorrido e lei si riprende dallo stato di shock inziale.

"Se è un modo per rimorchiare mi dispiace ma con me non attacca. Non sono come quelle ragazze arrappate che farebbero carte falsa per finire a letto con te".

Ma che cazzo? Okay questo non me lo aspettavo. Ha una bella voce, nonostante il tono duro che ha usato con me

"Calma tigre, non c'è bisogno di infervorarsi. Ho fatto solo una battuta, perdona il mio umorismo da due soldi". Alzo le mani per chiedere scusa.

Mi lancia un'ultima occhiata prima di voltarmi le spalle e capisco che per lei la conversazione è finita qui. Sono frastornato, nessuna ragazza mi aveva risposto così piccatamente.

La osservo da lontano mentre prepara degli spritz, sento poi una mano sulla spalla. Mi giro e una ragazza che assomiglia molto alla barista mi fa

"Scusala, mia sorella oggi ha avuto una giornataccia".

Annuisco e bevo una parte della birra, la ragazza prende posto di fianco a me e si presenta: si chiama Lara e scopro che la sorella si chiama Nina. Scambiamo due parole: Lara è molto gentile, parla con voce pacata.

Anche lei è carina: ha gli occhi uguali a quelli della sorella, i capelli invece sono tendenti al nero che porta legati e il suo viso è di forma ovale. È un po' più alta rispetto a Nina, forse di una decina di centimetri.

Scioglie i capelli e risistema la coda, con un sorriso mi dice

"Non capita tutti i giorni di vedere al Collins un artista".

Finisco la birra prima di risponderle

"Alla fine sono solo un ragazzo di 29 anni, che ha scelto un mestiere diverso dal solito".

Lara annuisce e si congeda per tornare a servire ai tavoli.

Il mio sguardo scivola di nuovo sulla figura di Nina, che ha iniziato a pulire il bancone con una spugna. Ha un bel caratterino, devo ammetterlo.

"Tigre ti offendi se ti lascio la mancia?" provo a richiamare la sua attenzione.

Le smette di pulire e mi guarda di sottecchi

"Fai come ti pare. Ma non sentirti figo solo perché la tua faccia tappezza mezza Milano".

Le strizzo l'occhio prima di lasciarle i soldi ed esco con disinvoltura dal locale, ma so che Nina sta continuando a fissarmi.



Paradiso Artificiale- TeduaWhere stories live. Discover now