ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 5

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-Lo prendi con o senza zucchero?-.
Milena poggiò un palmo sull'angolo del tavolo mentre con l'altra mano, visibilmente tremante a causa dello sforzo e dell'età, reggeva una caffettiera rovente.
Catherine balzò in piedi e avvicinò la sua tazzina vuota. -Con, ma lo metto da sola, non si preoccupi- rispose, lasciando che l'altra versasse il liquido bollente fin quasi all'orlo. Il profumo di caffè già riempiva la stanza e sapeva di vittoria, come fosse lì a segnalare che la prima notte era ormai finita e che il peggio era già passato.
La signora Milena si accomodò a tavola dopo aver riempito una grossa tazza da colazione, per poi aggiungere qualche cucchiaio di latte e un poco di zucchero; si portava la tazza alla bocca molto lentamente, sorseggiando in modo distratto mentre di tanto in tanto faceva scorrere il suo sguardo sul volto della ragazza seduta proprio davanti a lei.
-Allora, Catherine... Pensi che resterai?- domandò poi dopo, intenta a inzuppare un paio di biscotti; il suo volto era percorso da una sorta di smorfia, come se non gradisse trattare quello specifico, ma necessario, argomento.
La ragazza aggrottò la fronte. -In che senso, scusi?-.
-Continuai a lavorare per me?- specificò la donna, puntandole addosso uno sguardo penetrante. Gli occhiali che indossava, dotati di lenti piuttosto spesse, parevano rendere i suoi occhi molto più grandi del normale.
Catherine si lasciò scappare una risatina nervosa, stringendo la sua tazza di caffè con entrambe le mani. -Oh, ma certo- balbettò. Poi, dopo alcuni secondi di imbarazzante silenzio, trovò la forza di porre quella domanda che già da diverse ore aleggiava nella sua mente. -Non sono la prima persona che mandano qui, vero?-.
Forse colta di sorpresa dal quesito, Milena si immobilizzò con lo sguardo fisso sulla tovaglia a fiori macchiata di caffè. Non era innervosita o arrabbiata, forse semplicemente non si aspettava che l'altra le avrebbe posto quella domanda così presto.
-No- disse, con un tono di voce freddo e distaccato. -Sei la terza, per l'esattezza. E anche l'ultima, voglio sperare-.
Catherine annuì, lasciando scendere giù dalla sua gola l'ultimo sorso. -Posso... Posso chiedere per quale motivo le altre due non siano rimaste? Voglio dire... A me questo sembra un buon posto di lavoro- balbettò, chiaramente in imbarazzo. -Conrad è molto dolce-.
Come fosse stata trapassata da un fulmine, l'anziana donna fu scossa da un brivido e l'espressione sul suo volto cambiò improvvisamente. Si alzò di scatto dalla sedia e getto la tazza ancora mezza piena nel lavello, creando un gran fracasso. -Il suo nome è Troy- la corresse a gran voce, per poi voltarle le spalle immediatamente dopo. -Adesso lava le stoviglie e pulisci la cucina. Io vado a occuparmi di lui-.
Proprio come stabilito dal contratto, il turno di Catherine terminò alle nove in punto orario in cui, dopo aver sbrigato alcune faccende domestiche, la ragazza recuperò le sue cose e lasciò l'appartamento, non prima di aver cordialmente salutato Milena. Avendo lavorato una sola notte presso la famiglia Page non aveva ancora sufficienti informazioni per stabilire se si trattasse o meno di una buona occupazione per lei, ma era pagata molto bene e soprattutto aveva bisogno di quei soldi.
Lungo la strada verso casa si fermò presso un discount di zona per fare qualche acquisto e poi, appena giunta a destinazione, si lasciò cadere a peso morto sul divano del salotto con il cellulare in mano.
Aprì la sua chat con Dave, scrivendo: "Ciao amore, prima notte fatta! È andata bene, la signora è un po' stramba ma penso che possa funzionare". Dopo aver inviato il testo diede uno sguardo distratto allo sfondo che aveva impostato, una foto che li ritraeva assieme seduti sulla panchina di un bar in centro; sorridevano entrambi, volgendo lo sguardo alla telecamere. Catherine e Dave stavano insieme ormai da due anni ed erano una coppia piuttosto affiatata; tuttavia, per cause lavorative lui era dovuto andare a vivere in un'altra città e da allora i loro contatti si erano limitati alle telefonate ed un paio di incontri al mese.
Pochi minuti, ed ecco che nella chat apparve la risposta del ragazzo. "Ma è fantastico, brava! Te lo avevo detto che sarebbe andata bene".
"Si, è vero" digitò Catherine, inserendo un emoticon sorridente. La chat rimase immobile per una manciata di secondi, fino a che Dave non tornò a digitare.
"Senti ma... Il tipo com'è? Cioè nel senso... Parla?".
Lei ridacchiò, sistemandosi a sedere come le gambe incrociate. "No, non parla e non si muove. Direi che puoi stare tranquillo, Dave" rispose, ironizzando.
L'altro rispose con lo sticker di un dito medio, poi tornò a scrivere. "Vabbé dai, io devo andare ora. Ci sentiamo amore, stammi bene ok?".
"Scrivimi più tardi, se puoi. Mi manchi" concluse lei, osservando con sgomento la scritta "online" scomparire sotto ai suoi occhi. Detestava che la sua relazione con il suo fidanzato si fosse ridotta a questo, ma al momento per lei cambiare città e tentare la fortuna era una cosa impossibile anche solo da tenere in considerazione; si era promessa che avrebbe fatto in modo di raggiungerlo, ma prima avrebbe dovuto finire l'università e mettersi da parte qualche soldo in più.
Svogliatamente si alzò e si preparò un panino e poi, dopo aver fumato una sigaretta, decise di concedersi un pisolino considerato che non aveva chiuso occhio per tutta la notte; distesa sulle lenzuola, con il ventilatore direzionato su di lei, si addormentò in fretta. Il cellulare, impostato con la modalità silenziosa, era riposto sul comodino proprio accanto al letto e sarebbe suonato alle 20:30 per ricordarle di recarsi nuovamente a lavoro.
Quando dopo alcune ore Catherine tornò ad aprire le palpebre, disturbata da un persistente ticchettìo sulla sua finestra; si accorse che nel frattempo il cielo si era completamente ricoperto di nubi e aveva già iniziato a piovere. Uno strato di nebbia si stava calando sulle strade della città, rendendo l'atmosfera decisamente più cupa rispetto a poche ore prima. Erano le diciotto, ma non aveva più sonno, così decise di alzarsi e andare a farsi una doccia per assicurarsi di non arrivare in ritardo a lavoro.
Aprì l'acqua calda, si spogliò lentamente e osservò per qualche attimo la sua immagine riflessa nello specchio. Ma prima che fosse riuscita a immergersi nella vasca, il cellulare ancora poggiato sul comodino iniziò a squillare.
-Pronto?-.
-Catherine?- esclamò una voce dall'alta parte della linea. -Disturbo?-.
Lei esitò per qualche secondo. -No... Ma chi mi cerca?-.
-Roxi, dell'agenzia. Ti chiamo soltanto per sapere com'è andata la prima notte e se ti sei trovata bene-.
La ragazza annuì con la testa, nonostante l'altra non potesse vederla. -Oh, salve! Sì, è andata abbastanza bene, penso solo che mi servirà un po' di tempo per familiarizzare con l'ambiente...-.
La donna ridacchiò. -Certamente, è così per tutti, i primi giorni sono sempre i più duri-. Fece una breve pausa, come se si aspettasse una risposta che non arrivò, poi riprese a parlare. -E che mi dice della signora Milena? Riuscite ad andare d'accordo?-.
-Mi sembra una brava persona, ha soltanto un carattere particolare- rispose prontamente Catherine. -Ciò che mi ha lasciata un po' perplessa è il fatto che mi abbia impedito di prendermi cura del rag...-.
-Devi essere paziente- la interruppe l'altra. -Fino a questo momento è stata sempre e solo lei a occuparsi del nipote, per cui non è facile per la signora Milena accettare di aver bisogno di qualcuno che lo faccia al posto suo, adesso-.
La ragazza annuì ancora. -Certo, sì, posso immaginare. Oh, a proposito- esclamò, giocherellando con le dita sugli spigoli del cellulare che teneva poggiato all'orecchio. -Deve esserci un errore nei documenti che mi avete rilasciato. Lì c'è scritto che l'assistito si chiama Conrad, ma a quanto pare si chiama Troy-.
Un breve silenzio dall'altro lato precedette la risposta della donna. -Come? No, è impossibile. Per poter generare il contratto abbiamo bisogno di una copia del documento di identità, per cui i dati inseriti non possono essere sbagliati. Conrad Page, ti confermo che questo è il nome corretto-.

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