ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 18

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Alle otto del mattino, il sonno di Catherine fu bruscamente interrotto dall'acuto umore di una chiave che veniva inserita, con una serie di tentativi, all'interno di una serratura; il fracasso generato riecheggiò nel corridoio seguito subito dopo da un tonfo, che segnalò una maldestra apertura del portone d'ingresso.
La ragazza spostò rapidamente le lenzuola e balzò giù dal letto con il cuore in gola, lanciando uno sguardo preoccupato al fascio di luce proveniente dal pianerottolo che veniva proiettato lungo il corridoio. Ancora in pigiama e con lo sguardo appannato dal brusco risveglio varcò la soglia, trovandosi faccia a faccia con Milena la quale, con un volto assolutamente inespressivo, avanzava zoppicando visibilmete; a seguirla circa un metro dietro alle sue spalle vi era poi la figura imponente dell'uomo che aveva già avuto la sfortuna di incontrare, lo stesso che Conrad aveva identificato come "lo zio". Questo non stava indossando la sua tuta da cacciatore ma una semplice tuta da ginnastica blu e bianca; nella mano destra stringeva una busta contenente un plico di fogli bianchi sul quale riconobbe chiaramente il logo dell'ospedale cittadino, probabilmente relativi al ricovero della donna.
-Signora Milena... Come sta?- farfugliò la mora, pregando che dal tono della sua voce non fosse così evidente il terrore che la stava divorando. Non si aspettava di vederla ritornare così presto.
L'anziana donna le passò accanto senza dire una singola parola mentre il figlio, dopo aver chiuso energicamente la porta d'ingresso ed estratto la chiave, le puntò addosso uno sguardo intriso d'odio. -Alla fine ci incontriamo, maledetta puttanella schifosa- ghignò, allargando le labbra in un grottesco sorriso delimitato dalla folta barba. -Mi riconosci, per caso?-.
Catherine iniziò a indietreggiare rapidamente senza mai staccare gli occhi di dosso al losco individuo; l'aggressività sul suo volto suggeriva che fosse pronto a saltarle addosso da un momento all'altro. Doveva essersela presa parecchio per il fatto accaduto la notte precedente.
-Signore, non sapevo che lei fosse un componente della famiglia- cercò di giustificarsi, sollevando le mani come a voler dimostrare che non era assolutamente sua intenzione prendere parte a uno scontro che, tra l'altro, non avrebbe potuto vincere in nessun caso. -Altrimenti le avrei aperto subito!-.
L'uomo iniziò a ridacchiare, lasciando ciondolare la braccia muscolose lungo i fianchi; nel frattempo, nonostante le sue evidenti difficoltà di deambulazione, Milena aveva raggiunto la stanza del nipote.
-Oh, ma certo- rispose lui, facendo scorrere una mano tra le ciocche dei capelli incolti. -E ti sembra normale che la mia anziana madre sia stata portata in ospedale, senza che io fossi informato da nessuno?-.
Lei deglutí, bagnando la gola secca con un poco di saliva. -Io non...-.
-Com'è successo, uh?- continuò lui, avanzando lentamente lungo il corridoio che, paragonato all'ampiezza delle sue spalle, sembrava molto più stretto del normale. Quella era la prima volta che si trovava fisicamente al suo cospetto, non si era ancora resa conto di quanto fosse imponente e massiccia la sua corporatura. -Dove cazzo eri tu mentre una povera vecchia rischiava di rompersi la testa sul bordo della vasca?- gridò poi, iniziando ad agitarsi come se stesse cercando di controllare in qualche modo l'istinto di aggredirla.
Ormai terrorizzata, Catherine indietreggiò un ultimo passo andando a sbattere involontariamente contro all'appendiabiti. -Mi stavo occupando di Conrad, l'agenzia mi ha mandata per questo- rispose, con la voce che tremava in modo inevitabile. Aveva difficoltà a comunicare, poiché si rendeva conto che in quel frangente una sola parola sbagliata avrebbe potuto anche costarle la vita; per questo si assicurava di mantenere il maggior controllo possibile sulle sue emozioni, nel tentativo di non gettare altra benzina sul fuoco.
A quella risposta l'uomo parve placarsi per un istante, iniziando a scuotere lentamente la testa. Con un gesto nervoso poggiò la busta sullo scaffale ed assunse un'espressione disgustata, tornando a volgere lo sguardo in direzione della ragazza. -Assistenti domestiche. Siete tutte uguali...- borbottò. -Tutte uguali. Entrate nella vita della gente e pensate di poter fare il cazzo che vi pare, non avete rispetto...-.
-Signore..- balbettò lei, tentando di placare la sua ira. -Io ho solo...-.
-Stai zitta!- la interruppe, chinandosi verso di lei con gli occhi spalancati e un enorme grottesco sorriso, tanto ampio da mettere in mostra una lunga fila di denti ingialliti. -Non voglio più sentire la tua cazzo di voce, hai capito?-.
Durante lo scorrere dei secondi successivi un breve, terrificante silenzio calò sull'ambiente circostante, seguito immediatamente dopo dalle grida sguaiate di Milena che provenivano dalla stanza adiacente.
-Che cosa le hai detto? Cosa?!- sbraitava la donna, fin quasi a perdere fiato.
Istintivamente Catherine si voltò indietro, riuscendo a scrutare la figura dell'anziana che si era avvicinata a pochi centimetri dal letto in cui Conrad ancora riposava. La vide chiaramente chinarsi su di lui e mollargli uno schiaffo in pieno volto, il cui suono agghiacciante riecheggiò tra le pareti.
-Stai rovinando tutto un'altra volta!-.
Nonostante il terrore stesse tentando di paralizzare i suoi arti, la ragazza reagì all'impulso di precipitarsi all'interno della stanza, nel momento in cui il suono di un secondo schiaffo raggiunse le sue orecchie.
-Ma che stai facendo!- gridò, raggiungendola con un paio di falcate; d'impulso la afferrò per le spalle e la tirò verso di sé, costringendola ad allontanarsi dal nipote inerme. Conrad aveva gli occhi completamente spalancati e tentava invano di sfuggire alla sua ira, rannicchiandosi contro alla sponda di ferro del letto ospedaliero; sulla pelle pallida delle sue guance era chiaramente visibile lo stampo rosso di cinque dita. Quanto doveva essere fuori di testa quella donna per aggredire un disabile con tanta ferocia, perlopiù senza alcun valido motivo?
-Lasciami, maledetta stronza!- esclamò Milena, tentando di liberarsi dalla sua presa con movimenti goffi e affaticati. A quel punto anche lo zio intervenne, separando le due con una facilità disarmante per sedare la lite. -Ok, diamoci una calmata signore!- ghignò, accompagnando la sorella fino alla poltrona sulla quale, con una certa premura, la fece accomodare.
Catherine indietreggiò fin contro al muro cercando di mantenersi più lontana possibile dall'individuo, mentre annaspando rivolgeva uno sguardo preoccupato a Conrad per assicurarsi che lui stesse bene; sul suo volto era dipinta un'espressione di terrore paralizzante, forse dovuta non solo all'aggressione appena ricevuta ma anche alla consapevolezza di cosa quei due fossero capaci. Era più che ovvio, a quel punto, che quella non fosse la prima volta che veniva trattato in quel modo dalla nonna, nonché colei che avrebbe dovuto proteggerlo e prendersi cura di lui.
-Vediamo di calmarci tutti- ripeté lo zio, mettendo nuovamente in mostra quello strano ghigno da psicopatico di poco prima. Si posizionò al centro della stanza con le braccia conserte, divenendo improvvisamente molto più calmo e razionale. -Forse dovremmo dare modo a questa giovane donzella di spiegarci meglio quello che è successo, uh?- esclamò, allungando una mano in direzione di Catherine. -Vuoi illuminarci?-.
-Questa è casa mia- borbottò annaspando Milena, aggrappata ai braccioli del divano con un vigore tale da conficcare le unghie del tessuto marrone che le ricopriva. -Non avevi alcun diritto di appropriartene-.
La ragazza, con movimenti estremamente lenti e calcolati, fece in modo di raggiungere il letto di Conrad e posizionarsi dinnanzi a lui, come a volerlo proteggere da eventuali ulteriori aggressioni da parte di uno degli altri due componenti della famiglia. Nonostante fosse letteralmente terrorizzata, tanto da avere l'impressione che il cuore sarebbe finito per schizzarle fuori dal petto, non poteva permettere che una cosa del genere accadesse ancora una volta davanti ai suoi occhi. -Milena, è stata l'agenzia a chiedermi se potevo restare- balbettò, con titubanza. -Io non avrei neanche voluto, ma credo che non avessero del personale da inviare così alla svelta- spiegò.
L'anziana abbassò lo sguardo, allentando lievemente la tensione dei suoi muscoli. -Sei stata invadente, irrispettosa, presuntuosa- continuò, evadendo il contatto visivo. -Hai preso possesso della casa come fosse tua, ma chi diavolo pensi di essere?-.
Catherine aprì la bocca per controbattere, ma una debole voce alle sue spalle la precedette.
-Avete finito... Con questo teatrino del cazzo..?- mormorò Conrad con un filo di voce. E quella breve frase, pronunciata con immane sforzo, fu seguita da una manciata di secondi di silenzio durante i quali tutti i presenti si rivolsero verso di lui.

CatatonìaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon