ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 24

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Catherine detestava l'ambiente ospedaliero, con il suo odore di disinfettante e quei corridoi infiniti fatti di pareti bianche e porte rivestite da vetri opachi; durante l'intera durata della sua permanenza, infatti, non fece che aspettare con trepidazione di potersene andare girovagando tra la sala d'aspetto e l'entrata del pronto soccorso.
Fu sottoposta ad un paio di controlli medici dai quali emerse che le sue condizioni di salute erano ottimali, nonostante il trauma subito; per questo motivo, non vi fu alcuna ragione per i medici per trattenerla ulteriormente. Nonostante ciò, la ragazza dovette attendere la visita di un agente di polizia che necessitava di una sia dichiarazione di quanto accaduto il giorno precedente.
L'uomo in divisa la ricevette all'interno di uno degli studi presenti in struttura, invitandola ad accomodarsi davanti a lui per rispondere ad alcune semplici domande; era un uomo sulla quarantina, dal volto gentile, che durante il breve interrogatorio non smise mai di portarsi alla bocca la sigaretta elettronica a intervalli regolari. La nuvola di vapore che questa emetteva aveva un forte odore di tabacco e caffè, che Catherine riteneva particolarmente fastidioso; per questo si manteneva a una certa distanza, con le gambe accavallate sotto alla scrivania e le mani intrecciate nervosamente tra loro.
-La signora Page e il figlio hanno dichiarato di averla vista perdere i sensi all'improvviso, forse a causa di un giramento di testa. Ma voglio essere sincero con lei Catherine: a me questo sembra molto strano- le disse l'uomo in divisa, mostrando un atteggiamento piuttosto gentile. -È molto difficile cadere in modo così violento, soprattutto per una ragazza giovane e fisicamente prestante come lei. Sembrerebbe piuttosto che lei sia stata vittima di un'aggressione-. 
Udendo quelle parole, la ragazza rimase davvero senza fiato. Immaginava che quei due avrebbero tentato in ogni modo di insabbiare quanto accaduto, ma non pensava che sarebbero stati in grado di raccontare agli agenti una sciocchezza simile. Come sarebbe potuta svenire senza una motivazione?
-Infatti non è andata così- rispose prontamente, stringendo nervosamente i pugni di entrambe le mani. -Hanno mentito spudoratamente, posso confermarlo-.
L'uomo annuì energicamente. -La nostra teoria è stata fin da subito quella dell'aggressione, infatti. Ma per confermare questa tesi avevamo bisogno di ascoltare la sia dichiarazione-. Emise un breve sospiro, intrecciando le braccia sul petto. -Ciò corrisponde anche con quanto ci è stato comunicato dagli operatori del pronto soccorso-.
-È stato quell'uomo ad aggredirmi, il figlio della signora Milena. Non so quale sia il suo nome- continuò la ragazza, impaziente di rivelare tutta la verità. -Non so come spiegarmi ma quella famiglia... Quelle persone sono mentalmente instabili. Anche prima di aggredirmi si sono comportati in modo strano in più di un'occasione-.
-Lei si trovava a casa dei Page per assistere un ragazzo disabile, è corretto?- le domandò ancora l'agente, annotando aualche riga sulla propria agenda. -Da quanto tempo lavorava li?-.
-Pochi giorni- rispose prontamente lei. Poi spostò lo sguardo di lato, iniziando a giocherellare con le dita delle mani; abbassò sensibilmente il tono della sua voce, prima di porre la successiva domanda. -Lui... Sta bene? Dov'e adesso?-.
-Il ragazzo?- affermò l'altro, dando un'altro energico tiro alla sigaretta elettronica e gettando una nuvola di vapore fuori dalle labbra. -Sì, al nostro arrivo il ragazzo stava bene. Si trova ancora a casa della nonna, è lei a prendersene cura per il momento-.
Catherine assunse un'espressione stupita, lasciando cadere la mandibola inferiore. Apprendere quella notizia fu per lei doloroso quanto ricevere un pugno nello stomaco. -Cosa? No, non potete lasciarlo lì!- esclamò, senza neanche rendersi conto di aver involontariamente iniziato a gridare. -Quella donna è pazza, le dico. Dovete portarlo via subito da quella casa!-.
-Signorina, la invito a calmarsi adesso- ribatté l'agente, facendole cenno con una mano di rimanere seduta composta. -Non funziona così, non possiamo semplicemente andare là e portarlo via. Anche perché di fatto non abbiamo prove che esista un abuso, questa cosa me la sta dicendo lei adesso per la prima volta-.
Con il cuore accelerato e le mani vistosamente sudate, Catherine si sforzò di mantenere la calma; aveva capito che lasciarsi prendere dall'emotività in quel momento non le sarebbe servito a molto. Avrebbe dovuto tentare di spiegare la situazione con tutta la chiarezza possibile, evidenziando quanto Conrad si trovasse potenzialmente in pericolo in quel preciso momento in cui loro stavano parlando. 
-Le persone che mi hanno aggredita sono le stesse che, molto probabilmente, al momento si trovano assime al ragazzo- spiegò, sforzandosi di mantenere un atteggiamento pacato. -Come può pensare che lui non sia in pericolo in questo momento?-.
-Conrad Page stato affidato alle cure della nonna dodici anni or sono, tramite una regolare procedura di legge- le rispose l'uomo, con una tranquillita disarmante. -Ciò significa che la signora Milena è stata dichiarata, un presenza di un giudice, del tutto in grado di prendersi cura del nipote nel migliore dei modi- spiegò, puntando i gomiti sulla scrivania. -Non mi fraintenda, comprendo bene le sue preoccupazioni e le assicuro che il caso verrà analizzato con tutta l'attenzione necessaria. Ma al momento non abbiamo alcuna valida ragione per...-.
-Agente, mi ascolti- lo interruppe Catherine, sporgendosi sul tavolo e guardandolo dritto negli occhi. Non poteva permettere che la situazione venisse sottovalutata in quel modo, dopotutto in ballo vi era la vita di una persona incapace di difendersi da sola. -Quella donna crede che Conrad abbia causato la morte di suo fratello. È dissociata, lo confonde continuamente con il nipote defunto, lo chiama addirittura con il suo nome- spiegò, annaspando vistosamente. -E lo mantiene continuamente sedato. Ci sono i farmaci in casa, intere confezioni piene di tranquillanti e ansiolitici... È tutto la, andate a controllare-.
Ma nonostante la sua insistenza, l'uomo in divisa sembrava non essere propenso a credere del tutto a quelle parole.
-Mi sta dicendo che secondo lei il ragazzo sarebbe abusato? Abbiamo parlato brevemente con lui, quando siamo giunti sul posto- ribatté, mostrandosi quasi disturbato dall'atteggiamento della giovane. -Ed era molto tranquillo. Ha confermato che lo zio è un uomo irascibile, ma non ha assolutamente detto di essere vittima di abusi da parte della nonna o di alcun altro familiare-.
Catherine si lasciò scappare una risata nervosa. -Ma certo che no, andiamo!- sbraitò, iniziando a gesticolare con entrambe le braccia. -Come può raccontarvi la verità davanti a loro? Mi stia a sentire, ho davvero paura che possano fargli del male e lui... È disabile, non è in grado di difendersi-.
Come a voler terminare rapidamente il colloquio, il poliziotto a quel punto si alzò in piedi e allungò una mano verso di lei. -Le prometto che indagheremo sulla questione, ma per il momento non posso dirle altro-.
Profondamente scossa ed estenuata, la ragazza strinse debolmente la mano del suo interlocutore tenendo la testa bassa. Le era chiaro che per la polizia non si trattasse di una faccenda così urgente, nonostante il fatto che lei avesse insistito così tanto; pareva quasi che quell'uomo non stesse credendo fino infondo alle sue parole, e questo la fece sentire dannatamente impotente.
Al termine del breve interrogatorio Catherine, dopo aver firmato un paio di carte fu ufficialmente dimessa dall'ospedale e finalmente poté abbandonare la struttura; camminando a passo svelto lungo il corridoio in direzione dell'uscita, la ragazza si sentì incredibilmente sollevata. All'esterno il sole era tornato a splendere alto nel cielo e qualche ammasso di nuvole bianche sormontava i profili dei palazzi, spinto lentamente dal vento. Dopo quei giorni d'inferno che avevano prosciugato ogni sua energia, era nuovamente libera di tornare a casa, di farsi una doccia e di schiarirsi le idee.
Avrebbe dovuto sentirsi felice, ma dentro era prosciugata.
Nell'abbandonare la struttura ospedaliera la ragazza trovò sollievo nei tiepidi raggi del sole del tardo mattino, che accaezzavano il suo volto assieme a una lieve brezza che spostava l'aria afosa di quella estate eccezionalmente calda; pensò a lungo durante il tragitto per il ritorno a casa, durante il quale fu costretta a salire su due diversi autobus di linea fino a giungere nelle vicinanze del suo piccolo appartamento.

Catatonìaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن