𝗧𝗵𝗲 𝗯𝗲𝗴𝗶𝗻𝗻𝗶𝗻𝗴

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Il paesaggio si muoveva, veloce, quasi come la luce. I primi raggi di sole iniziarono a farsi vivi, illuminando alberi e colline, che pian piano scomparivano per lasciar posto ad uno scenario più urbano.

«Quasi arrivata ...» pensai.

Strinsi il manico del trolley della mia valigia con entrambe le mani. Avevo bisogno di scaricare in qualche modo l'ansia.

Ripresi a guardare il panorama, ormai totalmente differente dalle affascinanti pianure che avevo avuto il piacere di osservare fino a qualche minuto prima. Rimasi a contemplare ancora un po' quel che c'era fuori al finestrino, pensando a ciò a cui stavo andando incontro. Sono ancora in tempo per tirarmi indietro ...

Sospirai, mordendomi - in seguito - la guancia. Io davvero non riuscivo a crederci, e per di più, nemmeno sapevo cosa provassi in quel momento. Sapevo solo che lo stomaco mi stava giocando brutti scherzi con i succhi gastrici. Non era la prima volta che succedeva, solo che era frustrante sapere che questo avrebbe influenzato tutta, o comunque, gli "anni migliori", della mia vita.

In mente mi balenò l'idea di scendere alla prossima fermata, andare alla caserma dei carabinieri più vicina e denunciare tutta la mia famiglia. Cambiai presto idea. Non potevo farlo.

«Lo faccio per voi, disgraziati ...»

Accavallai le gambe, guardando i pantaloni della mia divisa. Sicuramente le altre ragazze avrebbero indossato una gonna. Non che m'interessasse, in verità. La mia scelta è stata fatta per pura praticità.

Circa un quarto d'ora dopo il mio soliloquio, il treno si fermò: ero finalmente arrivata a destinazione. Mi accinsi a prendere la valigia e, rapidamente, scesi da lì.

Ora dovevo solo arrivare in centro dove, da quel che ho capito, doveva aspettarmi il docente che mi avrebbe portata a ... scuola. Credo di poterla definire tale.

Uscita dalla stazione, tirai fuori dalla tasca il mio iPhone e misi il navigatore. Ero una frana nel ricordarmi delle strade e volevo evitare di fare ritardo. Anche se non mi allettava affatto l'idea di dover frequentare l'accademia.

Il tragitto fu piacevole, tralasciando le tante persone che m'intralciavano il cammino perché, evidentemente, nessuno aveva insegnato loro che la strada è di tutti. Arrivata al luogo prestabilito, mi sedetti su una panchina e stetti al telefono. Ero arrivata con una mezz'oretta d'anticipo, il che mi permise di chiamare mia sorella.

...

«Oi Re', io sono arrivata ... si te lo giuro. Hm ...? Oh si ho fatto colazione ... no, senti ... eh si ... ci avevo pensato, però mi conosci ... si. Oh? ... Hm hm ... mi raccomando state attenti ... per qualsiasi cosa chiamami, perché ti avviso che farò lo stesso con te ... spero bene ... si ... d'accordo, ci vediamo. Appena posso ti chiamo ... si si. Ciao.»

Terminai la chiamata, un po' seccata. Forza e coraggio ...

«Shimizu Astrid, giusto?»

Alzai lo sguardo, sentendo il mio nome. Letteralmente a due centimetri dal mio viso c'era quello di un uomo bendato con i capelli alla Goku ... lo fissai con un misto di confusione e fastidio, cosa che gli fece perdere il sorriso che aveva stampato sul volto.

«Tutto bene?» domandò, sorridendo nuovamente dopo pochi secondi. «Oh ho capito, non hai mai visto tanta bellezza ... non preoccuparti, è normale essere stupita. Tutte le ragazze lo sono quando mi guardano ...» disse, con egocentrismo.

« ... ho 15 anni, signore ...» risposi io, scrutandolo dalla testa ai piedi.

La mia mente proiettò i peggiori, possibili scenari che sarebbero potuti accadere.

𝗥𝗢𝗦𝗦𝗔 𝗠𝗔𝗟𝗣𝗘𝗟𝗢Where stories live. Discover now