𝗖𝗮𝗽𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗥𝗼𝘀𝘀𝗶

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«Pronto, signor Ijichi, mi dica ... si? ... Certo. No, non ci sono problemi. Arrivo. A dopo ...»

A chiamata conclusa, mi girai verso il mio compagno di classe che, fino a quel momento, era rimasto in silenzio.

«Il signor Ijichi dice che hanno bisogno di qualcuno che esorcizzi un asilo da delle maledizioni.»

«Saranno di quarto livello ...»

Io arrossii per la vergogna e annuii piano. «Proprio loro ...» blaterai mentre l'imbarazzo mi divorava pian piano dall'interno. «Ha detto che mi aspetta qui vicino. Ci vediamo in accademia.»

Lo salutai, dirigendomi dal pover'uomo che ormai si era guadagnato il titolo di autista nonostante non fosse quello il suo lavoro. Mi dispiaceva per lui, l'ho visto poche volte ma mi è sempre parso in uno status d'ansia perenne ...

«Signor Ijichi, salve!» salutai quest'ultimo sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori.

Seppur strano e - per molti - abbastanza infantile, volevo provare a sollevargli un po' il morale e distrarlo. Anch'egli ha bisogno di essere trattato con rispetto e gentilezza, no?

«Dista molto da qui?» gli domandai? «25 minuti circa ...» rispose.

I miei occhi saettarono immediatamente fuori dal finestrino. Amavo osservare qualsiasi tipo di paesaggio. Tra l'altro, non ho mai avuto modo di visitare bene Tokyo. Conosco solo la parte della città che dispone di un ospedale, per il resto, è tutto nuovo per me.

«Oh quasi dimenticavo. Grazie per avermi accompagnata in città sta mattina.»

« ... non c'è di che.» disse, dopo aver titubato nel rispondermi. «Ma non devi ringraziarmi.»

«Perché? Prima nessuno di noi aveva una missione da svolgere. Il tempo usato per portarci in città poteva benissimamente usarlo per fare altro.»

« ... sei ... sei piuttosto educata.» disse. «Tu provieni dal clan Shimizu, giusto? È la prima volta che ho a che fare con uno di voi.»

Clan Shimizu ...

«Umh ... si, ecco ... diciamo di si. Anche se non mi sento farne parte.» ammisi.

«In che senso?» mi domandò, sterzando.

Rendendomi conto della mia - involontaria - confessione, ritornai in me. Diamine, devo imparare a chiudere questa boccaccia.

«O- oh ... ecco ... io ... beh, sa ... poiché abitano ad Hokkaido e io e la mia famiglia a Kyushu ci vediamo raramente e non abbiamo tutto questo rapporto ...» mentii spudoratamente. Fosse solo la lontananza a renderci così ostili fra di noi ...

«Capisco ... un po' lontanuccio anche da qui.» «Si, ma non mi secca molto.» risposi io.

«E come mai questa scelta di abitare lontani?» chiese.

«Per l'asma di mio fratello. Poiché a Kyushu meridionale c'è il mare, era l'opzione migliore.»

Per un po' non udii alcuna risposta da parte sua. Pensai che semplicemente non avesse più voglia di parlare e quindi non tirai avanti la conversazione.

«Siamo arrivati.» disse lui, parcheggiando.

Scesi e riconobbi immediatamente la zona. Certo, non mi suscitava bei ricordi, ma non importa.

«L'asilo e questo qui.» disse, indicandomi l'entrata. «Contando che è bello grande, ci metterai penso 1 ora e 30 minuti di tempo per esorcizzarli tutti. Sono spiriti maledetti deboli ma molto fastidiosi, anche col velo dovrai comunque scovarli.»

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