𝗟𝗮 𝗺𝗶𝗮 𝗯𝗲𝗻𝗲𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲

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Quattro giorni passarono dal mio arrivo a Kagoshima. I fratelli minori della rossa insistettero per farmi rimanere a casa con loro ancora per un po' poiché, non so come, si erano affezionati a me.

«Non credevo fumassi.»

La ragazza rizzò la schiena, guardandomi e schiarendosi la gola. «Eh- ...»

«Tranquilla, non sono qui per giudicarti ...» risposi. «Posso?» lei annuì.

«Se fumi in camera con la porta aperta, non credi che qualcuno possa vederti?» chiesi, sedendole di fianco.

«... sono tutti in giardino ora.»

Il suo sguardo saettò fuori la finestra, osservando i suoi fratelli giocare con la neve. Non dissi nulla, mi limitai a dare un'occhiata alla stanza.

La mia attenzione venne catturata da un cappotto marroncino, lo stesso che Astrid indossava nel sogno. Mi si accapponò la pelle al solo pensiero. «Ehi ...»

« ... dimmi ...»

«Ascolta, dobbiamo parlare.» le dissi schiettamente.

«Io non credo sia il momento ...» rispose lei. «Anche perché a breve devo uscire ...»

«Invece è il momento giusto per farlo.»

«No, non lo è ...»

«Si che lo è.»

«Ti dico di no.»

Ella si alzò dal letto ma, con rapidità, la presi per il braccio e la costrinsi a starmi vicina. «Astrid.» la guardai negli occhi.

«Fushiguro, io ...» si morse la guancia interna. «Okay, ma facciamo presto.» finalmente cedette.

«So cosa tramando.»

...

Spalancai gli occhi, sentendo l'adrenalina poco a poco espandersi in tutto il corpo.

«A- ... a cosa ti riferisci?» il suo sguardo scrutatore fu capace di mettermi a disagio, ancora una volta. « ... lascia stare, ho capito.»

«Credi davvero che sia la scelta giusta?» chiese, toccando un tasto - purtroppo - dolente. 

«Ma tu cosa ne sai ...?!» sbottai. La rabbia ruggiva dentro di me, pronta ad esplodere. Mi sentivo come intrappolata, stretta in una morsa che minacciava di soffocarmi. «È tutto troppo complicato.»

Fushiguro mi guardò, come se stesse cercando di sondarmi l'anima. «L'omicidio non è un opzione.»

Le sue parole scaturirono in me una risata amara. «Ma tu cosa faresti al posto mio?!» chiesi con la voce carica di frustrazione. «Non puoi capirmi e mi auguro che tu non possa mai farlo.» blaterai, irritata. «Se potessi, se esistesse una via diversa, credi che non la prediligerei?! Non ce la faccio più, mi stanno facendo diventare pazza, io non sto bene» dissi, percependo il sangue ribollire.

«Stai agendo in maniera affrettata- ...»

«Mi spieghi che diamine ne sai?!» gli urlai contro. «Non sai cosa significa vivere con questa paura costante, con il terrore che quello che ho passato possa ripetersi per colpa di un passo falso ...» mentre parlavo, sentii le lacrime rigarmi il viso. Era come se il mio stesso corpo stesse cedendo sotto il peso delle emozioni represse. La rabbia si trasformò in disperazione. «Non ce la faccio più, non voglio vivere così.» ammisi con voce flebile.

Egli si avvicinò e mi mise le mani sulle spalle. «Astrid, devi prenderti una pausa.»

Scossi la testa. «No, no ... non posso farlo ...»

𝗥𝗢𝗦𝗦𝗔 𝗠𝗔𝗟𝗣𝗘𝗟𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora