Capitolo 5

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TREVOR

So che probabilmente posso sembrare un po' ossessivo e so anche che se Isa mi desse uno schiaffo in faccia e mi mandasse a fanculo farebbe bene.

Sono preoccupato e non posso farci niente.

Isa si è sentita male altre volte, ma ha tentato di nascondere tutto.

La mattina lavoro da solo in libreria e lei rimane in casa per pensare al suo romanzo.

Ieri, durante un momento di calma, sono salito cinque minuti per controllare che fosse tutto ok, ma l'ho trovata in bagno a strofinarsi i denti con forza con lo spazzolino. Aveva appena vomitato e ha fatto finta di niente. Mi ha liquidato dicendomi che aveva fatto uno spuntino e che si stava solo lavando i denti, ma la conosco troppo bene e so che gli occhi le diventano lucidi quando vomita.

Sta tentando di nascondermi il suo malessere in tutti i modi e io non so più cosa fare.

Forse è lo stress. Forse è un virus o un batterio. Ho bisogno di capire come aiutarla perché finché lei starà male, mi sentirò uno schifo anch'io.

Fortunatamente non è più svenuta. Probabilmente in quel caso è stato veramente lo stress di quella situazione. Mio fratello mi avrebbe pestato e lei gli ha puntato una pistola alla testa per fermarlo.

Cazzo, chi farebbe mai una cosa del genere per me?

Tutti hanno sempre avuto troppa paura della mia famiglia. Lei è l'unica che li ha sempre affrontati. Anche quando aveva sedici anni e io ero appena stato condannato a scontare nove anni in carcere, lei non ha perso l'occasione per dire ai miei genitori quanto facciano schifo e quanto io sia diverso da loro.

Le ho sempre nascosto il mio cognome. Volevo nasconderle il mio passato, le mie origini.

Quando l'ha scoperto, però, non ha esitato nemmeno per un secondo. Conosceva il mio cognome, conosceva la mia famiglia ma, nonostante quello, lei conosceva me. Sapeva che non avevo nulla a che fare con loro. Sapeva che ero perseguitato solo da un cognome. Uno stupido cognome che finalmente avevo sostituito con uno più bello. Il suo.

Possiamo sembrare veramente marito e moglie. Abbiamo già lo stesso cognome. Ci manca soltanto avere delle vere fedi, dato che abbiamo gli anellini di carta.

Ogni tanto mi fermo a guardarmi la mano e a chiedermi quando la sposerò. Immaginarla con il vestito bianco e il velo in testa è un qualcosa che mi manda in iperventilazione, però so anche che il matrimonio non è qualcosa di cui abbiamo bisogno. Non ci serve avere un pezzo di carta che testimoni il nostro amore e di certo non avremo bisogno nemmeno una festa davanti ai nostri genitori, dato che abbiamo entrambi escluso completamente le nostre famiglie dalle nostre vite.

Non ho idea di cosa ci riservi il futuro, ma sono certo che se ci sposassimo, lo farmemo per noi, solo per noi.

"A che pensi?" mi chiede una vocina alle spalle, mentre due braccia mi circondano i fianchi.

"A te" rispondo, sfiorandole la pelle delle mani, mentre sento il suo seno premere contro la mia schiena.

"A me? E a cosa in particolare?"

"A quanto sei bella" dico, iniziando a girarmi tra le sue braccia per poterla avere davanti a me. "A quanto sono fortunato ad averti. E a quanto vorrei tutto questo ogni singolo giorno della mia vita" le dico a un millimetro dalle sue labbra.

Isa deglutisce e io sorrido perché amo da impazzire l'effetto che le faccio. Adoro vederla così ogni volta che le sto vicino, ogni volta che la bacio o la sfioro. È un qualcosa di cui non riesco proprio a fare a meno.

Tutte le notti della tua vita 3Where stories live. Discover now