Capitolo 28

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ISABEL

Mi blocco per un istante. Quella voce. Come si può dimenticare la voce della propria mamma? È impossibile. Inizio a chiedermi se anche mio figlio ricorderà la mia voce in eterno. Magari già riesce a sentirmi. Quando nascerà gli parlerò e lui penserà "è questa la mia mamma, è la sua la voce che ho sentito in tutti questi mesi".

Mi volto e guardo mia madre sulla soglia della porta. Trevor è rimasto fermo lì vicino e io avanzo lentamente per raggiungerla.

"Ciao, mamma" riesco a sussurrare.

Gli occhi di mia madre si fanno lucidi, mentre si porta le mani davanti alla bocca per coprire lo stupore. Non l'ho mai vista emozionata. L'ho sempre vista incazzata, o determinata ad annientare il suo avversario in tribunale, ma non le ho mai visto gli occhi lucidi.

"Dio mio...sei cresciuta così tanto e...sei diventata così bella...mi sei mancata da morire, amore" sussurra, mentre una piccola lacrima le riga il viso.

Non mi ha mai chiamata "amore". L'unico ad averlo fatto è stato Trevor. L'unica persona che mi abbia mai amata veramente. L'unica persona che mi abbia fatto capire il significato di questa parola. Non sono ancora pronta a credere al loro significato di amore.

Mia madre si sporge in avanti per abbracciarmi, ma io faccio un passo indietro e noto la sua espressione ferita.

"Scusa, ma non ce la faccio" dico un po' in difficoltà. "Magari...un piccolo passo alla volta" tento di suggerire, porgendole la mano.

Mia madre la guarda e mi mostra un piccolo sorriso, stringendo la mia mano.

"Ciao, Trevor" lo saluta subito dopo aver lasciato la mia mano.

Ha usato un tono dolce. Non sembra arrabbiata con lui. Forse hanno veramente capito.

"È un piacere, signora" dice lui con la sua solita gentilezza.

"Anche per me" risponde lei, poi si sposta su un lato. "Prego, venite dentro".

Altri due respiri profondi, forse tre prima di riuscire a varcare la soglia di quella che un tempo era casa mia. Mi guardo intorno ed è tutto diverso. Non sono solo i mobili a essere diversi, c'è anche qualcos'altro, ma non capisco cosa.

"Accomodatevi sul divano, vi porto qualcosa da bere" dice con gentilezza.

Raggiungiamo i divani. Sono due. Dove è finito il divano a L? Al posto di quello ci sono due divani più piccoli messi perpendicolarmente tra loro. Mi siedo su uno e Trevor si accomoda al mio fianco. Inizio a muovere velocemente la gamba. È il mio modo di smaltire la tensione. O quello o le lacrime. Trevor poggia una mano sul mio ginocchio e finalmente mi fermo.

Mia madre torna in salone con un vassoio in mano.

"Non sapevo di cosa avevate voglia, così ho preso un po' di cose" ci dice, sedendosi sull'altro divano dopo aver poggiato il vassoio sul tavolino da caffè davanti a noi.

"Vino?" propone.

"Ehm...per me va bene il succo di frutta" dico forzando un sorriso.

"Ok, a te cosa posso offrire, Trevor?"

"Anche a me va bene il succo di frutta".

"Non so se lo state facendo per fare una buona impressione, ma non è necessario" tenta di sdrammatizzare, provando ancora di offrirci un po' di vino.

"No, mamma, veramente. Solo succo di frutta".

"Ok" dice, quasi dispiaciuta.

Trevor stringe un po' di più la mia coscia.

Tutte le notti della tua vita 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora