Capitolo 6

2.2K 152 48
                                    

TREVOR

Non si sveglia. È svenuta. Di nuovo. Devo portarla subito in ospedale.

Cazzo, cazzo, cazzo.

La rivesto in fretta e poi mi vesto anch'io. Non ci sto capendo più un cazzo. Mi sto agitando troppo e devo rimanere lucido per poterla aiutare.

Mi guardo intorno alla ricerca dei nostri vestiti, ma non riesco a trovare le mie scarpe. Dove cazzo le ho messe?

Vado in camera da letto e ne prendo un altro paio, perché non posso perdere tempo. Mi sbrigo a tornare da Isa. Mi piego sulle ginocchia e le accarezzo il volto.

"Va tutto bene, amore. Ti prometto che tornerai a stare meglio" le dico, ma forse sto tentando di rassicurare più me stesso che lei.

La prendo in braccio e la porto di corsa in auto. La sistemo sul sedile del passeggero, allacciandole la cintura, poi mi sbrigo a salire dall'altra parte e parto di corsa.

Mi tremano le mani. Non ho mai avuto tanta paura. Colpisco il volante con il pugno. Lo sapevo che stava male. Lo sapevo, cazzo. Avrei dovuto fare qualcosa prima. Dovevo insistere e portarla subito in ospedale. Era strana da troppo tempo, stava male da troppo tempo.

Guido senza rispettare nemmeno un semaforo o uno stop. Devo sbrigarmi. E se fosse qualcosa di grave? Lo affronteremo insieme. Affronteremo tutto insieme, non la lascerò mai.

Sento un piccolo mugolio e mi volto appena, vedendo che Isa ha iniziato a muoversi.

Si sta risvegliando per fortuna. È l'unica cosa che importa. Voglio che stia bene. Deve tornare a stare bene. Ha sofferto troppo e ora non ci vuole proprio una qualche malattia o un qualunque problema.

Cazzo, me lo ha detto. Mi ha detto di essere felice. Me lo ha sussurrato poco prima che iniziassi a spogliarla. Mi ha detto che è tornata a essere felice ed era l'unica cosa che volevo.

"C-che cos'è successo?" mi chiede confusa. "Dove stiamo andando?"

"Sei svenuta. Ti porto in ospedale" rispondo.

"No, non serve. Mi sento meglio, torniamo a casa".

"PORCA PUTTANA, ISA. SMETTILA!" sbotto e lei mi guarda con occhi spalancati.

Non le ho mai urlato contro. Non le ho mai risposto male. Il mio respiro è pesante e veloce. Stringo i pugni contro il volante e prendo un respiro molto più profondo.

"Isa, per favore" dico con più calma. "Lo vuoi capire che sono preoccupato per te?" le chiedo.

Lei rimane in silenzio. È nervosa, ma io lo sono di più.

Sono nervoso, sono incazzato, sono preoccupato. Sono terrorizzato.

"Mi dispiace di aver alzato la voce con te. Non avrei dovuto farlo, scusami" tento. "Voglio che capisci che tutto questo è perché sono terrorizzato, Isa".

"Io sto bene, Trev. Te lo giuro" tenta di dirmi.

Cerco di respirare a fondo. Non voglio urlare di nuovo contro di lei. Devo rimanere calmo e parlarle. Devo farla ragionare.

In questo momento mi rendo conto che siamo appena arrivati in ospedale. Fermo l'auto nel parcheggio, la spengo e scendo, facendo il giro. Apro lo sportello di Isa e lei è ancora ferma lì. Mi avvicino e le prendo le mani, stringendole nelle mie.

"Ok. Anche se tu stessi bene, per favore, fatti visitare. I dottori diranno che va tutto bene, che magari è solo una stupidaggine e torneremo a casa più tranquilli. Ti prego, fammi stare tranquillo perché questa paura mi sta uccidendo".

Tutte le notti della tua vita 3Where stories live. Discover now