Capitolo 4

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A quel "grazie Érick" non feci altro che sorridere.
«ti prometto che ti porterò lontano. Via da qui. In qualche modo fuggiremo te lo assicuro» - dissi dandole delle carezze sulla guancia. Invece di portarla nella stanza, la portai nel mio ufficio. Per sfuggire alla occhiate degli altri le feci mettere il mio cappello e la mia giacca da tedesco, così da passare inosservati.
«non dovrei portarti qui, ma se ci vedono parlare riferirebbero tutto a mio padre e ti farebbe di tutto pur di allontanarti da me» - le presi il viso con entrambi le mani e appoggiai la mia fronte sulla sua. Chiusi gli occhi e mi gustai quell'attimo di pura dolcezza - «non voglio perderti stellina»
Sorrise al soprannome buffo che le diedi.
«fra tutti i soprannomi che mi danno, sinceramente questo è il più bello e buffo» - sussurrò alzando lo sguardo su di me - «mi fido di te. Quella volta feci finta di non conoscerti per non avere guai»
«l'avevo immaginato che fosse per questo motivo»
Le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poco dopo la guardai in quei suoi occhi verdi.
«è meglio che vada... e sai anche perché»
«ti accompagno»

Dopo aver accompagnato Dafne in stanza, andai in mensa e mi sedetti nel tavolo dove c'era mio padre.
A questo tavolo non si fece altro che parlare del mio futuro da capo in questo schifo di campo.
Mio padre doveva partire per tre mesi insieme a mia madre per una faccenda a me oscura.
«sarà un ottimo capo. Ha preso tutto dal padre, si sa» - disse uno dei tanti colleghi di mio padre.
«già, tranne gli occhi. Quelli li ha presi dalla mamma» - disse a sua volta lui per poi ridere insieme agli altri.
«Érick, ma l'università come stava andando?» - mi chiese uno di loro.
"stava andando tutto bene, fino a quando qualcuno non decise di fare una cazzo di guerra contro gli ebrei e non si sa neanche perché. Ma tranquilli, va tutto bene".
Volevo rispondere così, ma la  mia coscienza mi disse di stare calmo e prendere un bel respiro.
«bene.. mi manca andarci, però qua si sta bene» - mentii, io non stavo per niente bene.
Mi sembrava di impazzire. Non vedevo mia madre da almeno quattro settimane e mi mancava molto. Lei mi avrebbe capito sulla questione di Dafne, invece, se lo dicessi a mio padre come minimo la farebbe uccidere.
«Érick, mi devi aiutare» - disse uno dei tanti tedeschi che erano lì di cui non so neanche il nome.
«che vuoi?»
«mi devi aiutare a portare i bambini dentro le camere a gas con una scusa. Non servono a niente, quindi il capo mi ha dato il diritto di ucciderli, ma mi devi aiutare»
Mi girai verso mio padre disgustato da ciò che mi fu ricevuto.
«fallo» - mi ordinò mio padre.
Purtroppo non potevo oppormi. Dovetti alzarmi per forza..

Non ci riesco.. ma devo riuscirci. Mi dispiace tanto bambini, spero che riuscirete a trovare un posto migliore di questo schifo di mondo.
Presi un bel respiro e iniziai a parlare.
«dai bambini la doccia»
«non abbiate paura, su coraggio entrate»
Man mano i bambini entrarono e li chiudemmo là dentro. Nella camera a gas.
Poco dopo uscì e salì sopra per buttare il gas addosso a loro. Mi misi la maschera per non respirarlo e poco dopo feci ciò che non volevo fare. Un bambino mi guardò dall'alto con le lacrime agli occhi. Feci finta di nulla e buttai il gas.
Si sentirono delle urla per minuti e minuti interi, ma dopo un po' il silenzio regnava in quella camera a gas.
Mi tolsi la maschera, scesi e andai nel mio ufficio.
Mi chiusi dentro e iniziai a fare profondi respiri.
«tutto questo è un incubo.. non è vero niente» - stavo letteralmente piangendo. Mi adagiai piano piano a terra, facendo scivolare la schiena alla porta.
"È un incubo", mi ripetevo. Non facevo altro che ripetermi sempre le stesse due parole, "è un incubo", ma purtroppo tutto ciò era vero..

«Érick, bambino mio...»
«mamma.. ho fatto un incubo»
«che tipo di incubo?»
«c'era un signore in cucina, appena mi ha visto ha tentato di uccidermi»
«era solo un incubo piccolo mio. Vieni qui» - disse prendendomi in braccio - «nessuno ti farà del male finché ci sarò io a proteggerti» - mi abbracciò stretta a sé.
Mia mamma era casa per me. Mi sentivo al sicuro. Era la prima donna che io avessi mai amato in tutta la mia vita.
«prometti che non mi abbondonerai mai mamma»
«te lo prometto piccolo mio. La mamma sarà sempre con te».

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