Capitolo 13

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«da dove cazzo è spuntato questo bambino?!» - domandò Ethan urlando - «pensavo che l'avesse Dafne e non tu»
«beh ecco.. si dá il caso che lui... è mio.. mio figlio»
Ethan rimase a bocca aperta dalla mia rivelazione.
«tuo figlio?»
«già. E se stai chiedendo se ho intenzione di dirlo a mio padre ti risponderei con un no. Comunque, hai portato ciò che ti ho chiesto?»
«si, tieni» - disse passandomi i giocattoli.
Avevo chiesto ad Ethan di portarmi dei pupazzi e così fece. Molto probabilmente li aveva trovati in mezzo alle stanze dei bambini ebrei.
«ecco a te piccino, questo è per te»
«ma gli hai detto che sei suo padre?»
«si e non è stato affatto semplice pur avendo già un anno» - dissi guardando Ethan.
«papà»-disse Alejandro tirandomi la divisa
«che c'è amore?»
Si toccò la pancia e allora capii che aveva fame. In effetti sono le 19:30 e fra un po' andavamo a mangiare.
«Ethan, potresti farmi l'ultimo favore?»
«vuoi che porti da mangiare vero?»

*

Dopo che Alejandro aveva finito di mangiare mi ero messo con lui a giocare. Ma senza preavviso partirono le sirene dell'allarme per avvertirci dei bombardamenti. Purtroppo dal centro città si sentivano fino al campo di concentramento.
«Érick, dobbiamo andare»
«non posso lasciarlo solo»
«mi dispiace ma devi»
Guardai mio figlio che era spaventato. Non sapevo cosa fare, ero totalmente in disaccordo con Ethan sul fatto di lasciarlo solo. Al momento stesso mi venne un'idea, sperando funzioni. Presi Alejandro gli misi una divisa da tedesco e lo presi in braccio.
Uscì fuori e lo portai al rifugio. Avevo promesso a Dafne che mi sarei preso cura di lui e così farò.
I soldati feriti erano al rifugio, quindi lo lasciai a loro.
Con un'espressione contrariata capii che mi stava chiedendo dove stessi andando.
«torno subito piccolo, non ti preoccupare»
Gli passai anche un pupazzo, così in modo tale da restare tranquillo.
Poco dopo corsi fuori e salii sul carro armato e andai nel campo di guerra.

*

Tornammo dopo tante ore di bombardamenti, uccisioni e tanto altro. Ci sparavano e gettevano bombe da ogni lato e angolazione del campo. Ethan era rimasto ferito gravemente, ma per fortuna si poteva risolvere e io per fortuna stavo bene. Eravamo andati in cento, ma siamo rientrati solo in trenta.
Subito dopo che rientrammo andai al rifugio a prendere Alejandro e vidi che si era addormentato.
Sorrisi solo a vederlo. Era incredibile quanto assomigliasse a Dafne.
Dio... mio figlio. Stento ancora a crederci.
«è tuo figlio, vero?» - disse un soldato, penso sulla mia età, avvicinandosi a me - «è inutile che menti, è preciso a te dagli occhi e capelli»
Rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire. Magari si era coalizzato con mio padre per spiarmi, perciò mentí ugualmente.
«é il bimbo di una mia conoscente. Una tedesca che si chiamava Genevieve, è morta in guerra e mi ha chiesto se potevo prendermi cura di lui. Sta a te credermi o no»
Dal suo sguardo capii che non c'aveva creduto, ma di certo era meglio che raccontargli la verità.
Infatti se ne andò, e io finalmente potetti prendere mio figlio tra le braccia mentre dormiva. Dafne non lo sapeva ma, mi ha fatto il regalo più bello che potessi mai ricevere.
Tornai nel mio ufficio e vidi che già c'era Ethan che stava dormendo. Poggiai Alejandro sul mio letto, dal lato accanto al muro e gli rimboccai le coperte. Mi misi accanto a lui e mentre gli facevo i grattini continuavo a guardarlo dormire beatamente.
«magari con tua madre non sarà molto semplice farlo, ma sappi che ti proteggerò. Anche se dovessi morire io, tu sarai sempre il mio primo pensiero»

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