Capitolo 15

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«che stai facendo?» - mi chiese Ethan. Lui era ancora un po' ferito, ma si stava riprendendo piano piano.
«non si vede? Mi metto quell'orribile pigiama a righe e quel cazzo di numero sul petto» - risposi acido. Mio padre aveva definito mio figlio, ovvero suo nipote, un mostro.
«sai come ha definito mio padre Alejandro? Un mostro, solo perché è ebreo. Bene questa non l'accetto proprio. Ha superato il limite e io, come ben sai, non ho una pazienza molto alta con delle persone come mio padre, quindi diventerò un ebreo»
«e Alejandro?» - domandò.
«è con Stefania, starà bene»
«sei sicuro sia una buona idea? E Dafne?»
Mi fermai a pensare a lei. Dafne. Cosa avrebbe pensato lei?
«non so nemmeno se sia viva o no. Ma so per certo che non sarebbe affatto fiera di me dopo quello che ho intenzione di fare»
«avrà bisogno di suo padre Érick, non di una sconosciuta. Riflettici, io vado a vedere gli ultimi documenti che mi deve dare tuo padre»
Andò vicino alla porta, la aprì e se ne andò.
Non sapevo più che cosa fare. In fondo, da una parte, Ethan aveva ragione. Alejandro aveva bisogno di me, di suo padre. Ma da un altro lato..

*

Ero a casa mia, per vedere mio figlio. Giocai insieme a lui con i giocattoli che c'erano nel campo di concentramento dei bambini ormai defunti. Lui mi faceva sempre quel sorriso identico a sua madre.
Gli accarezzai quei pochi capelli che aveva e lui sorrideva ancora di più.
Ero innamorato di mio figlio. Se potessi lo guarderei all'infinito.
«Érick, tutto ok?» - mi chiese Stefania.
«vorrei tanto vederla Ste.. mi manca»
Mi mise una mano sulla schiena e cominciò ad accarezzarmi.
«è viva tranquillo, ne sono più che certa»
«non vedo l'ora che finisca questo inferno. Non lo sopporto più»
«lo so, ma purtroppo possiamo solo attendere. Nel frattempo possiamo ancora giocare con tuo figlio»
Sorrisi. Mio figlio.. faceva ancora strano sentirlo.
«già..» - lo guardai giocare con una macchinina e sorrisi.
Dopo un paio d'ore, mi tiró per la tuta da tedesco e sbadiglió.
Lo presi in braccio e cercai di farlo addormentare. Lo cullai fra le mie braccia, sorridendo come un cretino solo a guardarlo e poco dopo che si addormentò, lo poggiai sul mio letto e mi misi accanto a lui, abbracciandolo.

*

«Érick»
«Dafne..»
Corsi incontro a lei e l'abbracciai.
«mi sei mancata tantissimo stellina»
Lei rise nell'incavo del mio collo.
«adoro quel nomignolo» - disse staccandosi dall'abbraccio.
«Stai bene?» - domandai.
«si, anche se potrebbe andar meglio se ci fossi tu»
«io sarò sempre qui»
«come sta Alejandro?» - chiese
«sta bene, ti somiglia molto lo sai?»
«si, lo so»
Stese un po' in silenzio, ma poco dopo parlò di nuovo.
«qualunque cosa succeda, prenditi cura di lui ti prego. Non abbandonarlo. Potrebbe perdere già me, ma non voglio che perda anche suo padre»
«non lo abbandonerò, né ora né mai. Nostro figlio e anche tu, sarete al sicuro. Usciremo da qui insieme, tutti e tre. Mio padre potrebbe essere arrabbiato da ciò, ma io scelgo te. Ci sono tanti motivi per cui non dovremo stare insieme, però non m'importa. Non m'importa né ora e non m'importerá neanche domani o fra cinque anni. Io ho scelto te, scelgo voi. Perché tu e Alejandro siete la mia famiglia e non potrei mai sostituirvi di quanto io vi amo.»
«Érick..» - disse con occhi lucidi, guardandomi nei miei. Avevo le mani intrecciate alle sue.
«io amo te Dafne e mio padre potrebbe farmi di tutto è vero, ma non me ne frega nulla. Vi proteggerò, ora e in eterno».

Mi svegliai perché Alejandro iniziava ad agitarsi. Stava male, aveva la febbre abbastanza alta. Dovevo trovare le cure adatte. Anche al costo di passare mentre bombardano, io le troverò.

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