Capitolo 18

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Erano passati due anni e due mesi, era primavera e, Alejandro si era ripreso dal tifo già da un anno. Uno delle poche persone che è riuscito a sopravvivere.
«è guarito a quanto vedo» - disse Ethan vedendomi giocare con lui.
Io ero sdraiato a pancia su e Alejandro era sopra di me sollevato con le mie braccia. Stava ridendo a crepapelle. Aveva il suo stesso sorriso...
«si. Mi era mancato vederlo così in forma»
Ethan sorrise alla scena che stava vedendo, ma dopo poco tornò serio.
«ti devo dire una cosa Érick. In privato se è possibile..»
«si tratta di..»
«si»-rispose interrompendomi.
Con un ricatto dissi a mio figlio che andavo di sotto e che lui doveva rimanere di sopra, altrimenti non avrei più giocato con lui.
Dopo che ebbe capito, io ed Ethan andammo in cucina. Ad iniziare il discorso fui io.
«sta bene? Non riesco più a mentire ad Alejandro. Mi chiede continuamente di lei..»
«sta bene.. più o meno. Sta diventando esasperata. Non vuole più mangiare, neanche bere.. credo che stia soffrendo di qualche problema psicologico..»
«potrei aver capito di cosa si tratta. Con il fatto che non vede Alejandro da mesi, si sente sola»
«forse tu riusciresti a convincerla, ma c'è tuo padre che ti tiene sott'occhio e con lui anche un tizio, un po' più anziano di lui»
Sbarrai gli occhi.
Non era possibile.
«puoi descrivermi questa persona?» - chiesi. Magari non è la stessa che sto pensando.
«ha gli occhi castani, pelato e alto più o meno quanto tuo padre. Poi è un uomo abbastanza forte da come si può vedere dai muscoli che ha nonostante sia anziano. Forse ha la sua sessantina o settantina, non lo so. So solo che sta appiccato a tuo padre come una cozza»
Lui..
«è mio nonno» - rivelai - «sai cosa ci fa qui?»
«no Érick, te lo avrei detto. Non so come potresti parlare con Dafne e convincerla di non mollare, perché appunto come ti ho già detto prima, ci sono loro due che ti tengono sott'occhio»
«merda..»
Non potevo parlare con Dafne. Era impossibile.
«ma sai perché mi tengono sott'occhio?» - domandai. Io ero stato attento con Alejandro, quindi perché tutto questo?
«ti hanno visto sospetto e anche i tuoi orari, oppure che a volte vieni e a volte non ti presenti. Poi anche perché un soldato ha rivelato che avevi affidato Alejandro a lui quando ci fu quel bombardamento e non ha creduto alla tua storia dei fatti»
Ethan saltò in aria. Avevo appena sbattuto un pugno sul tavolo dalla rabbia che mi stava opprimendo il petto.
«mai una volta che si fanno i cazzi propri» - dissi alzandomi e andando verso la finestra della cucina. Fuori era tutto scuro. Non si vedeva il cielo sereno da giorni.. se non da anni.
«mi dispiace..» - disse Ethan.
«non è colpa tua, anzi. Grazie per avermi avvertito»
Continuai a guardare fuori. Aveva appena iniziato a piovere.

Tu sei per la mia mente, come cibo per la vita. Come le piogge di primavera, sono per la terra. E per goderti in pace, combatto la stessa guerra che conduce un avaro, per accumular ricchezza. Prima, orgoglioso di possedere e, subito dopo, roso dal dubbio, che il tempo gli scippi il tesoro.
W. Shakespeare

«riuscirò a parlare con Dafne. In qualche modo, riuscirò a tirarla fuori da quel posto di merda» - dissi distogliendo lo sguardo dalla finestra ormai bagnata dalle gocce della pioggia che correvano velocemente.
«io spero che tu ci riesca, davvero»

*

Ero nel campo di concentramento. Speravo tanto di vederla, ma con il fatto che mi hanno messo nel dipartimento degli uomini non posso. Avrei tanta voglia di parlarle, stare anche solo due minuti con lei, ma tutto questo purtroppo era irrealizzabile.
Ethan mi stava parlando, ma io non gli stavo dando retta. Stavo pensando a lei. Se stava bene. Se aveva mangiato o bevuto.., che poi che mangiare.. davamo solo un pezzo di pane e quando c'andava un pochino d'acqua, ma questa cosa non succedeva quasi mai si può dire.
A distogliermi dai miei pensieri non è Ethan, più o meno. Lui mi diede solo un calcietto nella caviglia solamente per farmi accorgere di mio nonno e mio padre che si stavano avvicinando a noi.
«Érick, il mio nipote preferito»
«il solo e unico tra l'altro» - dissi con un pizzico di sarcasmo.
«io tolgo il disturbo. Buona sera miei signori. Érick» - disse rivolgendosi a noi per poi alzarsi.
Mio padre rimase all'impiedi, mentre mio nonno si sedette nel posto dove prima c'era Ethan, ovvero, di fronte a me.
«nipotino mio, ti vorrei parlare. È da tanto che non ci vediamo»
«già, mi sei mancato tanto nonno» - mentii. - «Allora, quale buon vento ti porta qui?»
«sono venuto a trovarvi e poi ad aiutare ad uccidere tutti questi ebrei di merda»
Feci appello a tutto il mio autocontrollo per non ribaltare il tavolo e andarmene. Mi stavano mettendo alla prova. Vogliono vedere se reagisco a qualche loro insulto sugli ebrei, ma non l'avranno vinta.
«mi fa piacere nonno. Sai poi ho seguito i tuoi consigli quando hai chiamato tanto tempo fa a papà ma che io purtroppo non c'ero»
«quello di abusare delle donne ebree?»
«si, e devo dire che mi sto divertendo tanto»
Vidi la loro faccia soddisfatta. Come dei cretini stavano credendo a tutte le sciocchezze che stavo dicendo.
«ehm.. parlami in particolare di una ragazza ebrea. Come hai detto che si chiama?» - disse rivolgendosi a mio padre. Oh cazzo..
«Dafne, numero 279675»
«ah ecco. Mi hanno detto che sei stato con lei anche»
«non so i nomi delle ragazze che mi porto a letto e neanche il numero che hanno»
«sicuro?»
«si, perché dovrei mentire?»
«non lo so, mi è giunta voce che sei molto legato con lei. E tu sai cosa succede se un tedesco ha una storia con un'ebrea?»
«viene fucilato e stessa cosa all'ebrea in questione, lo so. Ma io ripeto, non so chi sia.»
Spero davvero che ci abbia creduto. Stavo sudando, ero in ansia.
Non mi sentivo così da anni.
A salvarmi dalla situazione fu il telefono. Era Stefania.
«mi vogliono al telefono scusate»
Mi alzai e andai verso esso, presi la cornetta che era appoggiata sul tavolino e risposi.
«mi hai salvato da una situazione al quanto strana. Tutto ok lì? Tu sai chi, ha mangiato?»
«è scomparso..» - disse con voce tremante.
Non era vero..
«cosa cazzo mi stai dicendo»
«è scomparso, era in s-s-salotto che stava giocando, io ero fuori a stendere i panni, ed è scomparso»
«Stefania dimmi che è uno scherzo, ti-» non finì la frase che vidi tutto.
Il mondo mi crollò addosso.
Non era vero quello che stavo vedendo.
Era un incubo.
Sicuramente stavo sognando.
«quel bambino lo conosci?» - disse una voce a me familiare.
Edward.
Guardai mio padre e mio nonno che mi osservavano, spostai lo sguardo su Edward. Aveva in viso quel cazzo di sorriso compiaciuto.
«sei un coglione» - sussurrai a lui.
«vai vai papino, è meglio» -disse sorridendo.
Alejandro..

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