Capitolo 9

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I bombardamenti. Case distrutte, donne e uomini uccisi, bambini uccisi, donne incinte uccise.. famiglie rovinate. Era davvero questo quello che volevano? Perché farsi la guerra? Per un cazzo di territorio? Perché farsi del male? Perché tutto questo? Perché?
Tutte queste domande, ma che purtroppo non avranno mai una risposta. Purtroppo la risposta non potrà arrivare mai se l'uomo continuerà a farsi la guerra a vicenda. I bombardamenti continuavano da quatto giorni e io e mia madre ancora eravamo soli. Mio padre non c'era, come quando avevo cinque anni.. lui in quel momento non c'era. Non c'era nel momento in cui mia madre aveva bisogno di lui. Non c'era quando dovevo spegnere le candeline sulla torta. Non c'era quando io mi sono diplomato. Lui non c'era mai. Tutti quanti elogiavano il proprio padre come se fosse un supereroe. Anch'io volevo che fosse così.. ma lui ha voluto tutto questo.
Alle elementari, quando mi domandavano di mio padre, io rispondevo sempre con «non c'è, lui è partito per lavoro e ha lasciato qui me e la mamma. Ha promesso però che tornava presto». Ma quel «presto» si trasformava in due o tre anni.
Di Dafne ancora nessuna notizia. Ormai mi stavo rassegnando al fatto che fosse ancora viva. Forse avevano ragione... lei era morta e dovevo smettere di pensare a lei.
In casa nostra venne anche Stefania, la ragazza di cui ero innamorato prima. Mi disse che la sua casa è stata distrutta e suo padre si è ammalato di una brutta polmonite, così le dissi che poteva venire da noi. Nel frattempo che mia mamma e suo papà riposavano, io e lei parlavamo. Alla fine scoprì che lei era innamorata di me e, io le mentì. Le dissi che anch'io ero innamorato di lei. D'altronde mio padre sarebbe stato felice di sapere che mi ero fidanzato con una ragazza tedesca, invece che con un'ebrea. So che è sbagliato, ma devo andare avanti e il mio futuro se non può essere con Dafne, allora lo sarà con Stefania.
«Érick tutti ok?» - mi domandò un giorno
«si, sono solo stanco di tutto questo» - risposi.
Il giorno stesso mio padre si fece sentire, disse che dovevo tornare.
Feci appello a tutte le mie forze purché di far portare mamma con me ma lui disse di no, disse anzi che poteva cavarsela da sola. Io non potetti insistere e andai di nuovo lì. In quell'inferno. Vedevo tutti quanti stanchi di questa guerra. Edward non mi parlava affatto e io ricambiavo il suo stesso atteggiamento.
Il giorno stesso del mio rientro nel campo di concentramento, dissi a mio padre di essermi fidanzato con Stefania. Era al settimo cielo. Era così felice che chiese «perché non vi sposate appena finirà tutto questo?», io non proferì nessuna parola. Non avevo niente da dire dopo quello che aveva fatto. Quando potevo andavo da mia madre per aiutarla a prendere le medicine e, anche se c'era Stefania, preferivo stare io con lei. In me mia mamma vide che non ero affatto felice di questa mia relazione con Stefania, ma io le dissi che ero felice. Lei continuó a ribadire che non era vero, che la mia felicità ha solo quel dannato nome. Io non le dissi niente e preso di collera me ne andai al campo di concentramento.
Mia madre dopo due giorni morì e, quello stesso giorno, io morì con lei.

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