Capitolo 6

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Erano passati tre mesi da tutto quello che stava accadendo. Io e Dafne ormai ci scambiavamo solo sguardi. Non parlavamo per niente e, mi mancava la sua voce. Mi mancava lei.
Non sapevo più che fare, alcuni tedeschi mi stavano con il fiato sul collo e se facevo una mossa azzardata andavano a raccontare tutto a mio padre. Vorrei tanto essere nato in un'altra vita, magari ero con lei...
«Érick»- mi chiamò mio padre.
«dimmi papà»
«domani devi venire con me»
«dicevi che dovevo rimanere qui a fare il capo?» - domandai.
«ho cambiato idea, vieni con me. Ho bisogno di mio figlio».
Merda.. e ora che faccio?
Devo accettare per forza intanto... non posso dirgli di no.
«d'accordo» - accettai contro voglia.
Devo parlare assolutamente con Dafne, a tutti i costi.

«Edward, mi devi aiutare» - sussurrai.
«dimmi tutto amico»
«mio padre vuole che vada con lui, devo parlare con Dafne, ma non so come»
Mentre parlavamo, salutavamo le guardie che passavano facendo anche un sorriso forzato.
«ci penso io» - disse
«nel mio ufficio, falla travestire da tedesca»
Subito dopo me ne andai e mi diressi verso il mio ufficio.
Attesi minuti, secondi, ore, ma lei non arrivava...
All'improvviso entró un ragazzo alto, biondo e occhi azzurri, e mi squadró dalla testa ai piedi.
«aspettavi qualcuno?» - chiese
«si, ma non te»
«aspettavi quell'ebrea?»
«non devo spiegazioni a uno come te» - sbottai.
«immaginavo. Avevo ragione, sei innamorato di lei» - disse. Dio quanto lo odio a questo ragazzo - «lei non c'è»
Che voleva dire con questo? - «è morta»
Quelle due parole mi risuonarono nella mente.
"È morta" mi dissero.
«quando?»
«oh, ehm.. ora. L'ho uccisa io. Ordini dal capo supremo».
Non era vero.. non era per niente vero.
«stai mentendo» - dissi. Io non ci credevo affatto.
«puoi anche non crederci, ma è vero. Fattene una ragione» - disse per poi uscire dal mio ufficio.

«cosa cazzo è successo?!» - dissi entrando nell'ufficio di mio padre, arrabbiato come non mai.
«ehi calmati»
«non mi calmo affatto. Cosa cazzo ha fatto quel biondino eh?! Ha ucciso una ragazza senza motivo»
«figliolo, sono ebrei e loro meritano di morire. Hitler ha detto di ucciderla. Non capisco perché ti stanno tanto al cuore. Sei un tedesco e devi uccidere queste persone»
«io non sono come te. Non volevo neanche venire qui» - dissi facendo cadere tutti i fogli che c'erano sulla scrivania - «tu mi hai portato via dalla mamma, via dalla mia vita. Non so più chi cazzo sono io!» - urlai.
«sei un tedesco, mio figlio. Ecco chi sei e, questi ebrei li devi uccidere. Dal primo all'ultimo» - disse. Prima di uscire definitivamente dal suo ufficio si girò verso di me e disse «prima di uscire, raccogli quello che hai fatto cadere a terra. Domani torni a casa» - uscì dal suo ufficio lasciandomi lì solo. Privo di ogni compagnia.
Dafne non è morta, lo so. Lo sento. Lei non può morire.

Eravamo a piedi nudi sulla spiaggia e stavamo camminando sulla riva del mare, quando all'improvviso qualcuno ha tirato un pallone da pallavolo e la palla venne verso di noi.
«Attenta» - la spinsi contro il mio petto facendola girare, in modo tale da vederle il viso. E subito dopo con la mano libera rispedì il pallone da dove era venuto. Poi abbassai lo sguardo di nuovo su di lei.
Le sue fossette... le sue dannate fossette...e i suoi occhi verdi..
I nostri sguardi si alternarono tra le labbra e gli occhi e ci avvicinammo sempre di più, quasi fino a sfiorarci le labbra.
Le sue fossette.. eccome se le ricordo. I suoi occhi... quei bellissimi occhi. Non avevo mai visto degli occhi così stupendi. So perfettamente che quello che mi è stato detto non era vero. Sentivo che in me c'era qualcosa che mi impediva di crederci. L'unico che può darmi la notizia vera e propria era Edward.
Lo chiamai all'istante e non mi rispose. Provai all'infinito e poco dopo prese la mia chiamata.
«ce ne hai messo di tempo per rispondermi»
«scusami amico, ma stavo sistemando alcuni documenti»
«devi darmi una conferma» - dissi obbligandolo.
«dimmi tutto»
«si tratta di Dafne, sta bene?»
Non disse niente, dall'altro lato solo silenzio.
«Edward cazzo parla. Sta bene?»
«mi dispiace..» - sussurrò.
A questo punto mi cadde il telefono dalla mano e caddi per terra, in ginocchio. Dafne...


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