CAPITOLO 9.

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Cosa si fa in questi casi?Cosa si fa quando il mondo ti crolla addosso?E cosa si fa quando capisci che la colpa di tutto è solamente tua?Ho permesso a Travis di entrare e dare una sbirciata nella mia vita, ho permesso che si prendesse cura di me, ...

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Cosa si fa in questi casi?
Cosa si fa quando il mondo ti crolla addosso?
E cosa si fa quando capisci che la colpa di tutto è solamente tua?
Ho permesso a Travis di entrare e dare una sbirciata nella mia vita, ho permesso che si prendesse cura di me, gli ho permesso di farmi ridere e di riportarmi a casa.
Gli ho promesso di non dare di matto davanti a tutti e ho persino ballato con lui.
Io, Hazel Anne Turner, ho permesso a qualcuno di sapere un po' della mia vita.
Non commetterò più lo stesso errore, lo giuro su quello che ho di più caro.
Non permetterò mai più a nessuno di vedermi debole o fragile, non permetterò mai più a lui di tenermi i capelli mentre vomito oppure di sedersi accanto a me sul divano a parlare e a insultarci a vicenda.
No, no e ancora no.
Quello che ha fatto è stato imperdonabile e non so neanche io perché gliel'ho permesso.
Se io avessi mantenuto quei muri eretti, se solo mi fossi ricordata prima del tipo di persona che è realmente Travis Lewis non sarebbe accaduto tutto questo.
Ma non so, non lo so affatto.
Non so per quale strana e assurda motivazione io abbia deciso di ascoltarlo e di fidarmi.
Forse sono stati i suoi occhi.
I suoi occhi verdi che mi hanno perquisita dal primo istante e che ieri mi hanno soltanto fatto sentire capita.
Quegli occhi verdi che si chiudono leggermente quando sorride.
Ecco, quelli sono gli stessi occhi che mi hanno guardata in faccia tutto il giorno e non mi hanno detto nulla.
Sono gli stessi occhi che, per un secondo, per un nano secondo, ho pensato potessero farmi sentire... bene?
Ma non è stato così.
Sono abituata alle delusioni, ci convivo da tutta la vita ed è proprio per questo che ho deciso di non legarmi mai più a nessuno.
Perché, anche se ci provo con tutta me stessa, ci sarà sempre una vocina fastidiosa che mi ricorderà che tutti prima o poi se ne andranno, per un motivo o per un altro.
Tanto vale vivere a modo mio.
Sono così tanto abituata, che ho deciso di tenere accanto a me soltanto tre persone.
Sono abituata, ma perché allora fa lo stesso male?
Perché sempre la stessa pugnalata al cuore, nello stesso punto, sanguina nello stesso, identico, modo della prima volta?
Ormai è passata una settimana e l'unica cosa positiva è che ha mantenuto le sua promessa.
Non ha incrociato neanche mezza volta il mio sguardo, non mi ha calcolata a lezione e, con il fatto che mia zia verrà trasferita in un ospedale, non dovrò vederlo neanche più.
È andata esattamente come volevo andasse, allora perché mi sento solo più vuota di prima?
Perché sento un peso al petto più grande di quello che avevo in precedenza?
Come se non bastasse, in questa settimana non ho fatto altro che trattare male chiunque cercasse di avere una normale conversazione con me.
Perfino Joanne, che mi ha cresciuta ed è abituata a questi miei improvvisi cambi d'umore, si è stupita.
Ma sono fatta così.
La rabbia che provo la riverso sempre sugli altri e so che potrei ferire qualcuno così, anzi quasi sicuramente, ma è il mio modo per sfogarmi.
Non funziona, però.
Mi porta solamente a racchiudere più cose dentro di me.
Alzo il capo, quando sento qualcuno bussare alla porta.
<<Avanti.>> Megan fa capolinea, regalandomi un piccolo sorriso.
<<Ciao, Hazy.>>
<<Ciao.>> Rispondo, continuando a scarabocchiare sul mio quadernino.
<<Posso parlarti?>> Alzo il capo di scatto e annuisco.
È raro sentire Megan pronunciare queste parole, di solito lei non parla con nessuno.
Nemmeno con me.
<<Certamente.>> Le indico il posto vicino a me, nel letto.
Lei si siede e mette la testa sul mio grembo.
<<Sai, oggi vado in gita scolastica.>> Non la interrompo e aspetto che continui.
<<Papà ha già detto alla professoressa che ci sarei andata, ma non ne sono più così sicura.>>
<<Come mai?>> Le accarezzo dolcemente i lunghi capelli castani.
Sospira.
<<Non lo so.>>
<<Non lo sai o non me lo vuoi dire?>> Il suo silenzio, dopo la mia domanda, è una risposta sufficiente.
<<Megan, non devi dirmi nulla se non vuoi. Non devi dirmi tutto quello che ti passa per la testa, perché lo so che la tua età è una delle più difficili. Ci sono passata io, ci passi ora tu e ci passeranno tutti, però avere qualcuno accanto mi ha aiutata, sai?>>
<<Tipo?>>
<<Tipo Allison.>> Lei è stata ed è tutt'ora la mia migliore amica, la mia roccia e la spalla su cui so che potrò sempre contare.
Lei c'è sempre stata per me ed io ci sono sempre stata per lei.
Il nostro rapporto è qualcosa di indissolubile, che dura da anni ormai.
<<Anche io ho una migliore amica.>>
<<Chi? Clara?>> Annuisce, leggermente.
<<Sai come la penso su di lei, Maggy.>>
Megan ha conosciuto Clara soltanto l'anno scorso.
Per tutti gli anni di liceo, Clara è stata in classe di Megan e non le ha mai rivolto la parola, troppo intenta a scherzare con le sue amichette.
<<Con me si comporta bene.>>
<<Ed è questo l'importante.>> Continua, lei.
<<Lo so, lo so, ma non ti fidare troppo.>> Alza la testa dal mio grembo e si siede a gambe incrociate sul letto, guardandomi.
<<Chi è stato?>> Inarco le sopracciglia, non capendo a cosa si riferisca.
<<Chi è stato a ferirti, Hazel. Chi è stato a tradire la tua fiducia?>> Avete presente quello che ho detto prima?
Che la stessa pugnalata al cuore, nello stesso punto, fa male come la prima volta.
Questa domanda fa male come la prima volta in cui mi è stata posta.
Sanguina ancora come allora.
<<Non capisco.>> Cerco di sviare il discorso ma non molla la presa.
<<Sei mia sorella, so quando menti.>>
<<Io ti ho mai costretta a parlare con me di qualcosa? No, allora ora non fare la bambina insistente.>> Sbatte piano le palpebre e mi accorgo di aver esagerato.
<<Scusami, non volevo dire quello.>> Sospiro, abbassando la testa.
<<Lo so, anche io sono stata troppo diretta ma vorrei veramente saperlo perché sono preoccupata, Hazy. Sono preoccupata perché non sento più le tue battutine che fanno ridere solo te, non sento più le tue parolacce sparse per casa a bassa voce, cercando di non farti sentire da mamma, oppure i tuoi schiamazzi mentre guardi una delle tue serie tv orribili.>>
Mi scappa una risata.
<<Non sono orribili.>>
<<Oh, si che lo sono.>> Sorride, leggermente.
<<È un periodo un po' così, ma passerà.>> Cerco di rassicurarla, anche se non ci credo nemmeno io.
<<È per lei, non è vero? È per la zia?>> I suoi occhi azzurri si incastrano nei miei e non posso non annuire.
<<Mi manca tanto.>> Mi lascio scappare.
<<Mi manca non poterle parlare, mi manca non vederla in giro per casa, mi manca il dolce suono della sua risata e mi manca ancora di più il modo in cui mi pettinava i capelli.>> Ricordo che da piccola non volevo mai pettinarmi i capelli perché ogni pettine me li tirava tutti, ma lei un giorno era venuta da me e non so per quale motivo mi ero fidata.
Ero riuscita a fidarmi delle sue mani delicate, del modo in cui mi ornava i capelli con le margherite raccolte in giardino e del suo sguardo rassicurante.
<<Ricordo che la zia Odette era la mia ombra, la mia ombra in senso buono.
Non mi ha mai lasciato sola, neanche una volta.>> Io, però, l'ho fatto.
<<Allora perché non sali da lei? Perchè fai di tutto pur di non incontrarla?>>
Ingoio un groppo amaro di saliva, misto alla verità.
<<Perché, a volte, è più facile vivere nel ricordo di qualcosa che ci ha fatto stare bene piuttosto che affrontare l'amara e cruda verità. A volte, è semplicemente più facile rinchiudersi in un universo in cui tutto va bene, in cui ti convinci che non hai problemi... in cui tutto è perfetto. La verità, però, è ben altro ed io non sono ancora pronta ad affrontarla, perciò preferisco metterla da parte finché non sarà lei a venire a bussare alla mia porta.>>
La vedo tentennare, per un attimo.
<<Questo vuol dire...>>
<<Sì, questo vuol dire che non ho intenzione di andare a trovarla perché preferisco vivere con il ricordo di lei e il suo sorriso che vederla non ricordarsi neanche il suo stesso nome.>>



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