CAPITOLO 11.

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Vi avevo detto che ci sarebbe stato il pov di un personaggio che non ha mai avuto il suo spazio, fin ora🩷

Per chi non si ricordasse, Leila è la compagna di corso di Hazel⬇️

«Ma che-» Apro gli occhi di scatto, risvegliandomi dal sonno, e vedo Bianchina affacciarsi ai piedi del letto

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«Ma che-» Apro gli occhi di scatto, risvegliandomi dal sonno, e vedo Bianchina affacciarsi ai piedi del letto.
«Sei un cane non una scimmia, ti prego.» Mi metto il cuscino in faccia, cercando di dormire ancora un po', ma Bianchina non è del mio stesso avviso perché inizia ad abbaiare all'impazzata.
Sospiro, già esausta da questa mattinata, e scendo dal letto.
Prendo il telefono in una mano e noto che è presto rispetto all'ora in cui mi sveglio solitamente, quindi ho il tempo di fare le cose con calma.
Indosso i miei soliti occhiali che ormai mi accompagnano dall'età di tredici anni, quando ho scoperto di essere miope.
Faccio un cenno del capo al mio Golden Retriver di due anni e mezzo e inizio a camminare per raggiungere la cucina.
Ieri sera Bianchina non ha mangiato perché non aveva fame quindi ha pensato bene di svegliarsi prima oggi.
Inizio a preparare la colazione per me e, subito dopo, quella per lei.
Non so bene perché io l'abbia chiamata Bianchina, visto che è tutt'altro che bianca, ma fa niente.
Mi siedo a tavola, inizio a mescolare il mio caffè, scorrendo le storie di Instagram.
È da un po' di tempo che vivo da sola per far avverare il mio sogno di diventare una giornalista professionista, una di quelle che vengono ricordate nella storia, una di quelle che si studia all'università... una di quelle importanti.
Perché?
Perché per tutta la mia vita sono stata solo una comparsa, non vivendo a pieno le situazioni.
Alle elementari partecipavo alla recita ma ero il personaggio secondario, alle medie prendevo un voto alto ma c'era sempre qualcuno che ne aveva uno più alto, al liceo sceglievano sempre qualcun'altra che non fossi io per presentare la scuola ai novellini.
Io sempre la seconda scelta, mai la prima.
Quindi sto dando tutta me stessa in questo percorso, sto studiando duramente e non voglio arrendermi.
Voglio valere qualcosa almeno per qualcuno.
Voglio essere Leila White non la figlia dei signori White.
Oggi, per esempio, ci sarà un esame molto importante che sarà anche l'ultimo della sessione, poi potrò stare tranquilla.
Inizio a fare tutte le cose necessarie per svegliarmi: doccia, mi vesto, sistemo i capelli e il volto con un po' di trucco e porto Bianchina a spasso.
Il vento freddo di fine ottobre mi soffia sul viso.
E pensare che ieri faceva caldissimo mentre oggi ho dovuto infilare il cappotto.
Mi sorprendo sempre di come le giornate cambino velocemente, qui a Londra.
Mi è sempre piaciuta come città, ma non è la mia preferita.
Io sono nata in Australia.
Non torno lì da quando io e mio padre abbiamo deciso di lasciarci il passato alle spalle.
O almeno, abbiamo provato.
Mentre sto per attraversare, mi volto verso sinistra e, per fortuna, faccio in tempo a spostarmi indietro.
Il rumore di un motore.
Una macchina rossa.
Degli occhiali da sole che posso intravedere attraverso lo specchietto retrovisore.
Io sono ferma, in mezzo alla strada, con il fiatone e il cuore che batte a mille dentro la cassa toracica.
L'auto accosta di colpo e lo sportello si apre rivelando un ragazzo alto e biondo.
Si avvicina a me con tutta la calma del mondo, ignaro del fatto che molto probabilmente potrei avere un infarto da un momento all'altro.
«Non ti hanno mai detto che, se non sai le regole della strada, non puoi camminare da sola?» I suoi occhi sono coperti dalle lenti scure ma posso intravedere la sua espressione scocciata.
«Non ti hanno mai detto che, se non sai guidare, non puoi avere la patente?» La sua espressione si fa più fredda e offesa.
«Non è sicuramente colpa mia se una ragazzina si è messa in mezzo alla strada, guardando le nuvole.» Aspetta un attimo... sta dando la colpa a me?
«Non dirai sul serio... mi sei letteralmente venuto addosso! Potevi fermarti.»
Si avvicina di qualche passo e posso sentire il suo profumo di colonia maschile.
Vista l'auto e l'arroganza con cui mi sta parlando, deduco sia uno dei soliti figli di papà che si trovano per le strade di Londra.
«Io potevo fermarmi ma non l'ho fatto perché, con tutte le cose che ho in mente, non posso pensare anche alle bambine per strada, tesoro.» Mi fa un finto sorriso con i suoi denti bianchissimi e mi volta le spalle, incurante del mio stato d'animo al momento.
Possibile che esistano al mondo persone del genere? A cui non frega nulla del prossimo?
Un clacson di un'altra macchina interrompe i miei pensieri, ricordandomi di essere ancora in mezzo alla strada.
Mi sposto con ancora Bianchina che abbaia indispettita e il respiro accelerato per la paura di prima.
Una notifica mi risveglia, ricordandomi che va tutto bene e che non è successo nulla.
Anche se sarebbe potuto accadere il peggio.
Prendo il cellulare che avevo messo nella tasca del cappotto e noto che viene da Instagram.
La apro e la mia bocca si trasforma piano in una O.
Un articolo di giornale di una di quelle pagine gossip.
Un articolo di giornale che riguarda una delle mie amiche.
Un articolo di giornale che riguarda Hazel Anne Turner e Travis Lewis, visti mano per la mano che uscivano dalla boutique della mamma di Hazel.
Travis Lewis non è lo psicologo che fa da professore esterno nella mia università?
Oh porca puttana.
Mi sbagliavo prima.
La mattinata poteva iniziare peggio di così.

MagneticWhere stories live. Discover now