23. Ritiri e pianti

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POV JANNIK

Questa mattina mi ero svegliato con qualche crampo addominale, non mi sembrava niente di preoccupante. Darren chiamo un fisioterapista per farmi dei massaggi per diminuire le contrazioni muscolari.

Andava tutto bene fino a mezz'ora prima della partita, quando aumentarono talmente tanto che vomitai anche l'anima, non riuscivo neanche ad alzarmi dalla sedie.

-okay, qui non va per niente bene Jan, chiamo un'ambulanza, ci ritiriamo dalla gara. Non importa se Musetti la vince a tavolino.- disse Darren prima di andare dai commissari di gare per avvertirli.

Stetti zitto, non riuscivo neanche a parlare, in questo momento avevo solo bisogno di avere Amelia al mio fianco, ma lei non era qui e di certo non aveva intenzione di parlare con me.

Darren tornò con l'equipe medica insieme ad una barella, mi aiutarono a sdraiarmi e successivamente mi portarono in ambulanza all'ospedale qui a Barcellona.

-Darren mi fai un piacere?- chiesi a denti stretti per il dolore.
-si, dimmi tutto- disse
-puoi chiamare ad Amelia, almeno per avvisarla- risposi.
-certo, lo faccio subito- disse.

Prese in mano il mio telefono e provò a chiamarla più volte, ma niente, lei non rispondeva.

POV AMELIA

Il nome di Jannik compariva interrottamente da ormai un'ora, ma la mia intenzione era quella di ignorarlo.

Ero a casa da sola, Lea sarebbe stata a scuola anche il pomeriggio, per dei progetti e così mi potei concedere un po' di spazio ai miei pensieri.

Aprii la galleria cominciando a guardare tutte le foto vecchie, qualche lacrima mi rigò il viso.
Le mie prime vittorie, le mie prime olimpiadi, le mie prime gare con l'azzurro della nazionale e ora? Ora era tutto finito, non avevo mai preso in considerazione nessuna alternativa a quella di scappare.
Forse mia mamma aveva ragione, ero una codarda, non ero nemmeno riuscita a dire la verità a mio fratello, ero scappata, avevo abbandonato tutti, anche quello che pensavo fosse l'amore della mia vita.

L'incidente i aveva cambiata, ma in peggio. Sono sempre stata una ragazza che scappava dai problemi, ma questo gli aveva superati tutti.
Mi ero arresa al mio destino, poi era arrivato Jannik, che mi aveva fatto vedere uno spiraglio di luce, mi aveva fatto credere che la gente non mi avesse dimenticata, che ero ancora un ricordo vivo nel cuore dei miei fan e nel mondo del tennis.

Ma allo stesso tempo ero finita in un circolo vizioso chiamato finzione e ad oggi non sapevo distinguerne la realtà.

Le lacrime erano ormai copiose sulle mie guance, dai miei occhi cadevano le cascate del Niagara.

Ad un certo punto mi chiamò un numero a me sconosciuto, e così risposi per vedere chi fosse.

-pronto?- dissi con voce spezzata.
-ciao Amelia, sono Darren l'allenatore di Jannik- disse dall'altra parte del telefono in inglese.

Quando sentii il suo nome capii che fosse successo qualcosa, se no non mi avrebbe mai chiamato.

-è successo qualcosa?- chiesi allarmata tra i singhiozzi.

POV JANNIK

Stava piangendo, riuscivo a sentirlo, cosa le stava succedendo?

-Si, Jannik si è dovuto ritirare dalla gara per complicanze fisiche, ora siamo in ospedale qui a Barcellona- sganciò la bomba Darren.

Dall'altra parte del telefono si sentiva solo il respiro-

-è colpa mia vero? Si è fatto male mentre giocava? Non aveva concentrazione?- chiese senza sosta. -scusa Darren, non volevo essere una distrazione- disse prima di chiudere la chiamata.

Amelia non era una distrazione, Amelia era una dimostrazione di vita, di chi abbandona tutto per ricominciare una vita fatta di sacrifici.

Sbuffai sonoramente capendo che ora si sarebbe data la colpa di tutto.

Avevo il brutto presentimento che quella fosse la goccia che fece traboccare il vaso e io non ero lì per poterla confortare.

-devo tornare a Monaco- dissi alzandomi dal letto staccandomi la flebo.
-tu non puoi andare da nessuna parte, sei ricoverato- mi sgridò Darren.
-poco mi importa, tu non sai quanto fragile sia Amelia, tu non l'hai vista quando le era venuto un attacco di panico talmente forte che persino io avevo paura.- risposi -tu non l'hai vista in quel parco a piangere dopo che sua madre le aveva esplicitamente detto che preferiva che fosse morta in un indicente, di cui solo dio ne sa l'esistenza.

POV AMELIA

Presi un foglio e scrissi un biglietto per Lea "dovrei tornare sta sera, o forse domani mattina, se vuoi c'è il pollo da fare alla griglia per sta sera. Ti voglio bene, Amelia."

Presi la felpa e uscii di casa a piedi per una meta a me sconosciuta.

Le onde infrangevano con rabbia sulla scogliera, come il tumulto nel mio cuore. Ero seduta su una roccia, guardando il mare che si estendeva all'infinito davanti a me. Il cielo grigio si rifletteva nell'oceano, rendendo tutto ancora più cupo e desolato, proprio come il mio stato d'animo. Le nuvole pesanti pendevano sopra di me, come se volessero affogarmi nell'oscurità.

Il vento freddo sferzava il mio viso, ma non mi importava. Non riuscivo a sentire nulla tranne il suono assordante delle onde che si frangevano sulla costa. Il rumore costante sembrava amplificare il vuoto dentro di me, mentre le lacrime scorrevano silenziosamente lungo le mie guance.

Guardavo l'orizzonte, cercando risposte che sembravano sempre sfuggirmi. Chiedevo al mare di portare via il mio dolore, ma le onde continuavano a infrangersi implacabilmente contro gli scogli, senza curarsi della mia sofferenza.

Le gabbiani gracchiavano nel vento, ma il loro suono sembrava lontano, come se non facessi parte di quel mondo. Mi sentivo sola, persa in un mare di tristezza e disperazione. Non sapevo quanto tempo fosse passato da quando ero arrivata lì, e non mi importava. Ero intrappolata nei miei pensieri oscuri, incapace di trovare una via d'uscita.

E così rimasi lì, immobile, mentre il mare continuava a urlare il suo dolore insieme al mio. Era come se ci capissimo a vicenda, come se il mare riflettesse la tempesta dentro di me. E mentre il giorno si trasformava lentamente in notte, mi resi conto che forse non ero così sola dopo tutto. Forse c'era un conforto nel fatto che il mare conosceva il mio dolore e lo portava con sé, come una parte di sé stesso.

-hai ancora intenzione di scappare?-

Heart To Heart - JANNIK SINNERWhere stories live. Discover now