26. Senza pietà

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Non so come fosse possibile, ma io e Jannik eravamo stati paparazzati mentre mi allenavo con la sedia a rotelle.

-Amelia- disse Jannik alla porta.
-non ora ti prego- dissi con voce spezzata mentre guardavo il soffitto.
-non dare importanza a quei commenti- disse avvicinandosi a me.
-tanto non cambia niente, ormai è fatta, sono finita- risposi tirando su con il naso.

Jannik mi abbraccio, il suo calore pervase tutto il mio corpo e così scoppiai a piangere.

-Tu devi amarti, devi amare i tuoi difetti come ami i tuoi pregi. Non devi permettere a nessuno di farti sentire sbagliata, da nessuno- dichiarò il rosso

-aggiusteremo tutto, se vuoi possiamo fare un post su instagram e cerchiamo di risolvere la situazione- propose.
-e ricevere altri commenti negativi?- chiesi.
-quei commenti sono scritti da persone che non sanno niente, non sanno cosa hai passato.- rispose accarezzandomi il viso.

Nego con la testa.

-non posso Jannik, è troppo difficile-
-vuoi abbandonare, abbiamo fatto tutto questo per niente? Vuoi lasciare veramente Lea da sola, senza qualcuno che l'alleni?- chiese alterato.
-cosa?- disse Lea alla porta prima di correre via.

Mi alzai di scatto dal letto seguendo la fuori di casa.

-Lea- urlai per farmi sentire.
-lasciami stare Amelia, hai fatto solo danni a portarci qui- rispose lei allungando il passo.
-Lea torna a casa, non volevo intendere questo- continuai a parlare.
-vaffanculo Amelia- disse facendomi il dito medio.
-capiscimi Lea, NON HO UNA CAZZO DI GAMBA- urlai. -non ho una dignità, i giornalisti se la sono fottuta e quei commenti non hanno fatto che accrescere le mie insicurezze- risposi
-vado da Carlos, forse ci vedremo domani.

Restai in mezzo alla strada.

Mentre tornavo a casa cominciai a notare qualche paparazzo che mi seguiva.

-signorina Martini vorrebbe lasciare una dichiarazione?- chiese una giornalista.
-perchè si allenava con la sedia a rotelle?- chiese un altro.
-è cero quello che ha detto poco fa?- un altro ancora parlò.

I parlottii incominciarono ad essere più intensi, le orecchie cominciarono a fischiarmi e la testa a girare.

POV JANNIK

Mi squillò il telefono e senza vedere chi fosse risposi.

-Pronto?- dissi.
-Aiutami... - sentii piangere Amelia dall'altro capo.
-Amelia, dove sei, che ti è successo? - chiesi, il cuore iniziava a battermi all'impazzata.
-Sono qui, ti prego aiutami...- implorò.

Sentii il suo respiro affannato, il pianto disperato. I miei pensieri corsero veloci: i giornalisti l'avranno seguita, vorranno spiegazioni, per questo l'avranno placcata.

—Resta al telefono, arrivo subito — risposi scattando in piedi, il cuore che martellava nel petto.

Uscii di corsa di casa, la mente era un turbinio di pensieri e paure. Amelia, forte e coraggiosa, ridotta in lacrime e dolore. Il mio respiro si faceva sempre più corto, la vista si annebbiava. Mentre correvo verso il luogo che aveva descritto, il petto cominciò a stringersi come se una morsa invisibile lo comprimessi.

-Respira, Jannik, respira...- mormorai a me stesso, cercando di mantenere la concentrazione sulla strada. La mente era un vortice di ansia e terrore.

Finalmente vidi la folla di giornalisti in lontananza, le loro telecamere e i flash delle macchine fotografiche. Mi avvicinai, il cuore martellava così forte che pensavo esplodesse. Mi feci largo tra la folla, spingendo via chiunque cercasse di bloccarmi.

La vidi, in piedi, circondata da microfoni e domande incessanti. Il suo viso era rigato di lacrime, gli occhi pieni di terrore e disperazione. Ogni fibra del mio essere urlava di proteggerla, ma le gambe sembravano fatte di piombo, il petto un blocco di ghiaccio.

-Amelia!- gridai, cercando di farmi largo tra la folla. Alcuni giornalisti mi riconobbero e cercarono di bloccarmi con le loro domande, ma li ignorai, spingendoli via con forza.

Mi misi accanto a lei, prendendole la mano.

-Sono qui, Amelia. Sono qui.-

Le sue lacrime caddero sulle mie mani. Sentii la sua disperazione come una morsa intorno al cuore.

-Per favore, lasciatela in pace!- gridai ai giornalisti, la voce rotta dall'emozione.
-Non vedete che sta male? Basta così!- Alcuni si fermarono, altri continuarono a scattare, ma la mia rabbia e il mio dolore li fecero arretrare.

La presi per e cominciai a camminare verso casa. Sentivo il suo corpo tremare, ogni passo un tormento. Gli sguardi curiosi dei giornalisti erano come lame nel cuore. Ma non importava. Dovevo portarla al sicuro. Doveva finire questo incubo.

Camminammo velocemente verso casa, cercando di sfuggire alla folla. Ogni respiro era un peso, ogni battito del cuore un colpo doloroso. Amelia continuava a piangere, i suoi singhiozzi mi spezzavano il cuore.

Appena entrammo in casa, chiusi la porta alle nostre spalle e mi accasciai accanto a lei, il respiro ancora affannato, il cuore ancora in subbuglio. Mi vennero le lacrime agli occhi. Non potevo permettermi di crollare, ma l'immagine di Amelia, forte e determinata, ridotta a quello stato, era troppo.

-Jannik...- sussurrò lei, la voce rotta. -so che vogliono delle spiegazioni, ma perché fanno questo?- chiese

-Non lo so, Amelia. Ma non ti lascerò sola. Ce la faremo insieme, te lo prometto.- La strinsi forte, cercando di dare forza a lei, e a me stesso.

Ma le mie parole sembravano vuote. Sentivo un nodo in gola, il respiro si faceva sempre più difficile. Non potevo permettermi di crollare, ma l'immagine di Amelia in lacrime, circondata da giornalisti, era troppo. Mi lasciai andare a un pianto disperato, le lacrime scorrevano senza controllo.

Amelia mi guardò con occhi lucidi, la sua mano tremante nella mia.
-Ce la faremo, Jannik. Insieme.-

Annuì, cercando di credere nelle sue parole. Le strinsi la mano, cercando di infonderle forza. Ma dentro di me, sentivo il peso insopportabile del dolore insopportabile che permeava dentro di me.

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⏰ Last updated: May 17 ⏰

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Heart To Heart - JANNIK SINNERWhere stories live. Discover now