24. Sguardi

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POV JANNIK

Non so come ma riuscii a convincere i medici del fatto che stessi bene.

Intanto Darren cercò qualche volo che avesse ancora posti a disposizione in direzione Nizza.

-ne ho trovato uno, parte fra un'ora- dichiarò.
-un'ora, no impossibile, non ce la faremo mai, dobbiamo ancora andare in hotel a prendere le cose.- risposi ansioso.
-riesci a stare calmo o ti devo dare un sedativo?- chiese.
-okay, mi calmo, ma ci dobbiamo sbrigare- risposi.

Così con un taxi, che per fortuna abbiamo trovato davanti all'ospedali ci dirigemmo all'hotel.

Andai in camera a prendere le mie cose, le misi nella valigia in modo molto disordinato e subito dopo uscii dalla camera correndo.

30 minuti, mancavano 30 minuti io ero ancora lontano dall'aeroporto.

Dovevo farcela, dovevo arrivare da lei e vedere di persona come stesse.
Cominciai sbuffare sedendomi meglio e iniziai a guardare fuori dal finestrino Barcellona che correva veloce sotto i miei occhi.

-quanto manca?- chiesi in inglese, sperando che il taxista mi rispondesse.
-circa venti minuti- rispose.
-non ce la faremo mai Darren- mi lamentai.
-smettila di fare il bambino- mi riprese lui -può cercare di correre un po' di più? Abbiamo un aereo fra trenta minuti- chiese.
-mi scusi ma non posso, sarebbe rischioso per le multe e per le mie povere tasche- rispose l'uomo che guidava.
-senta, devo salire su quell'aereo e tornare a casa, sto facendo una pazzia, dovrei essere in ospedale e invece sto tornando a Monte Carlo perchè una ragazza sta male, ha bisogno di me. E so che per lei è difficile da crederci, ma lei è la mia luce, il mio sorriso, la mia ragione di essere. Ma ora è così triste, e il suo dolore mi spezza il cuore. Vorrei tanto poterla vedere e stringerla a me dicendole che andrà tutto per il verso giusto. Voglio essere il suo rifugio, il suo conforto, il suo motivo per sorridere di nuovo. Lei merita tutto l'amore e la felicità del mondo, e farò tutto ciò che è in mio potere per darle ciò che merita.- dissi a cuore aperto.
-sai ragazzo, non ho mai sentito parole tanto dolci per la persona che si ama. Devi essere molto innamorato.- rispose il taxista.

Io innamorato?
Questa era tutta finzione giusto?

-sapete che c'è farò uno strappo alla regola.- disse premendo il piede sull'acceleratore.

In men che non si dica fummo in aeroporto, ringraziammo e corremmo a passare i controlli.
Dopo aver imbarcato le nostre valigie, corremmo al gate che stava per chiudere.

Arrivammo giusto in tempo, facemmo vedere i biglietti elettronici e poi ci imbarcammo sull'aereo.

Avevamo un'ora di aereo prima di arrivare a Nizza, prendere la macchina e arrivare a casa.

Darren mi portò a casa, ringraziai e scesi andando ad aprire.

-Amelia- dissi entrando in casa, ma nessuno risposi.
Guardai in tutte le camere ma di lei nessuna traccia.

Mi cadde l'occhio sul tavolo della cucina, trovando un biglietto.

"dovrei tornare sta sera, o forse domani mattina, se vuoi c'è il pollo da fare alla griglia per sta sera. Ti voglio bene, Amelia."

-cazzo, dove sei Amelia- sussurrai.

Presi le chiavi di casa e uscii, dovevo trovarla.

Presi la macchina e andando molto piano girai tutta la città.
Ad un certo punto mi cadde l'occhio su una chioma scura seduta della spiaggia.

L'avevo trovata.

Parcheggiai la macchina e correndo mi avvicinai a lei.

-hai ancora intenzione di scappare?- chiesi.

La vidi irrigidirsi.

Battè la mano sulla sabbia, facendomi capire di dovermi sedere vicino a lei e così feci.

Cominciai a guardare le nuvole grigie, per poi guardarla.
Lei impassibile, con le lacrime che scendevano sulle guance guardava davanti a se.

-dovevi restare in ospedale- disse.
-non ti avrei lasciata da sola- risposi continuando a guardarla.
-non capisci- disse abbassando la testa.

Presi il suo viso e la costrinsi a guardarmi negli occhi.

-fidati di me, confidati come- le sussurrai.
-l'incidente di cui parlava mia madre era successo subito dopo gli Australian Open due anni fa- confessò.
-su Internet non c'è scritto niente- dissi.
-perchè nessuno sa che ero io la ragazza coinvolta, un mi aveva tagliato la strada, sono finita contro il guardrail, la mia macchina si era accartocciata.-  disse tra i singhiozzi.
-è per quello che hai la protesi alla gamba?- chiesi d'istinto.
-come lo sai?- chiese.
-l'ho notato quando ti sei addormentata dopo il gala, mentre ti portavo in camera.- risposi.
-e perchè non me l'hai detto il giorno dopo?- chiese
-volevo aspettare che fossi tu pronta a dirmelo- dissi. -non hai mai pensato al wheelchair tennis?- chiesi
-no, vedevo il disprezzo negli occhi di mia madre e così sono scappata- rispose -era la soluzione migliore-
-sei la persona più combattiva che ho mai conosciuto, sei una forza della natura Amelia. E se sono qui ora è perchè so quanto tu possa essere fragile- dissi.
-non farmi soffrire, ti prego- sussurrò a qualche centimetro dalle mie labbra.
-preferisco soffrire io- risposi prima di baciarla, mentre la piaggio cominciò a cadere sopra le nostre teste.

POV AMELIA

Finalmente mi ero liberata di questo enorme peso.

Ero grata del fatto che Jannik non mi avesse mai chiesto della protesi.

-torniamo a casa- disse ed io annuii.

Si alzò e poi mi aiutò ad alzarmi.
Ci incamminammo verso la macchina e poi tornammo a casa.
Vidi il messaggio di Lea dove mi diceva che si sarebbe fermata a casa di una sua compagna per cena e che poi i genitori di questa ragazza l'avrebbero riportata a casa.

Ci facemmo entrambi una doccia e poi cenammo insieme e per la prima volta eravo spensierati, complici fi un'attrazione che andava oltre il semplice patto fatto qualche mese fa.

-mi aiuti a mettere a posto la valigia?- chiese Jannik.
-certo- risposi.

Così dopo aver messo i piatti in lavastoviglie andammo in camera sua a mettere a posto le sue cose.

-sono tutte da lavare, hai messo i panni sporchi in mezzo a quelli puliti e poi è tutto in disordine- mi lamentai prima di scoppiare a ridere.
-ridi ridi- disse prima di cominciare a farmi il solletico.

Caddi sul letto continuando a ridere.

-ti prego Jannik, mi fa male la pancia- dissi mentre Jannik continuava a ridere, quanto era bella la sua risata.
-no signorina, non mi fermo- disse ridendo

Si mise sopra di me continuando a farmi il solletico.

Poi si fermò, cominciammo a guardarci negli occhi e poi mi baciò, le sue labbra mi attraevano troppo, erano come calamite.

-O MIO DIO- urlò qualcuno alle nostre spalle prima di richiudere la porta. -scusate, non volevo, o mio dio- disse Lea dall'altra parte della porta. -meglio che vada a dormire- continuò.

Sorrisi cominciando a diventare rossa.

-meglio che vada a dormire anche io- dichiarai.
-non vuoi dormire con me?- disse sdraiandosi sul letto.
-buona notte Jannik- mi alzai.
-aspetta- mi attirò a se facendo combaciare le nostre labbra per l'ennesima volta. -buona notte guerriera- disse

Heart To Heart - JANNIK SINNERWhere stories live. Discover now