Capitolo 14

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Dalle fessure delle assi che costituivano la struttura esterna della stalla, Ember poté vedere l'albeggiare del giorno seguente.

Il corpo massiccio di Aidan l'avvolgeva protettivo mentre aspettava che il sole si facesse più alto. Attraverso la struttura che costituiva lo scheletro esterno del ricovero filtravano raggi di luce nei quali era possibile vedere il caotico danzare dei granelli di polvere.

Era da un po' che si era destata ed era rimasta immobile per non disturbare il sonno di Aidan. Non poteva vederlo, perché la sua schiena appoggiava al torace di lui. Ciò nonostante, dall'alzarsi e abbassarsi regolare del petto, poteva capire che era ancora immerso in un sonno profondo. Il viso di lui, ora, era appoggiato lievemente sulla sua nuca e il dolce calore del suo respiro le solleticava la punta dell'orecchio.

Ember ripensò a quello che era successo il giorno precedente e a quello che si erano detti. Aidan doveva aver passato una vita molto appartata rispetto alla sua. Chissà quanti anni aveva quando era morto suo padre. A causa delle sue abilità doveva aver affrontato diverse situazioni spiacevoli in cui, probabilmente, aveva ricevuto trattamenti ingiusti e discriminatori. Le persone spesso potevano essere veramente cattive. L'ignoranza e la paura delle cose che non si conoscono o non si capiscono porta ad atteggiamenti meschini, e questo lei lo sapeva bene. Quell'idea la riempì di rabbia. Per tutta la sua vita aveva dovuto nascondere chi era il padre biologico e le sue caratteristiche ereditate da lui, perché non sarebbero state comprese ed accettate.

Lei, però, aveva avuto al suo fianco sua madre, Marcus e Martin. Chissà che vita appartata doveva aver vissuto Aidan.

Nei suoi modi educati in lui si percepiva tuttavia un certo distacco e una grande diffidenza. Era per lo più silenzioso, ma quel silenzio le urlava la necessità di essere accettato come tante volte era capitato a lei.

Il suo mantenere un po' le distanze e la cautela con cui interagiva con gli altri era solo un modo di proteggersi, ma dietro a tutto questo le aveva mostrato, anche nelle piccole cose, una gentilezza e una premura sorprendenti. Solo immerso nella natura aveva involontariamente mostrato la sua parte ribelle e selvaggia. Lì, tra gli animali come i lupi, si ridestava una parte di lui che teneva costantemente a bada, la parte più affasciante e bella di sé stesso. Sereno, sicuro, audace e accettato. Il suo spirito sembrava accendersi di un'energia, di un fuoco che erano riusciti a travolgerla tanto da farle desiderare di rompere ogni barriera che nascondeva il suo vero io.

Ember si riscosse da quei pensieri rendendosi conto che ormai il sole si era alzato dall'orizzonte. Alcuni dei raggi di luce che si erano infiltrati attraversi le assi di legno, adesso, o erano spariti o avevano un'angolatura molto più accentuata.

Quando era successo che l'aveva abbracciata? Ember aveva ricordi confusi. Rammentava solo il dolore alla testa, il profumo di Aidan e poi...niente.

Stranamente aveva dormito benissimo. Di solito, dopo una crisi così improvvisa e forte, le era praticamente impossibile riposare bene. Il dolore, anche se si attenuava, rimaneva costante, a lungo, sfinendola nel dormi veglia. Quella mattina non aveva neanche il solito pulsare lancinante dietro gli occhi. Nemmeno le pozioni e gli incantesimi di sua madre avevano, ultimamente, arrestato questo malessere che andava peggiorando e diventando sempre più frequente.

La stretta di Aidan attorno alla sua vita era così determinata che non le lasciava spazio di potersi muovere o allontanarsi senza evitare di svegliarlo. L'abbraccio non era fastidioso o doloroso, anzi in sé era gentile e delicato solo che le braccia la tenevano con decisione e fermezza.

Quando provò a fare il primo tentativo per alzarsi, lui, istintivamente, anche nel sonno, aveva rinforzato la stretta, come se avesse timore che lei potesse andare via, svanire. Provò una seconda volta e, nella manovra, si girò su sé stessa nell'altra direzione, trovandosi in quel modo a pochi centimetri dal viso di Aidan. L'espressione di lui non era la solita cupa e malinconica, ma al contrario, serena, quasi sorridente. Per cercare di calmare il battito del suo cuore, Ember abbassò lo sguardo e, così facendo, incrociò le labbra morbide e dai lineamenti decisi di Aidan. Percorse con gli occhi le curve di quella bocca maledettamente tentatrice, come un frutto proibito.

Questo non è veramente d'aiuto, si disse con il cuore in gola.

Era talmente vicina, pochi centimetri e...

Ma sei impazzita? Si scostò di scatto e rialzando le palpebre verso l'alto si trovò due splendide iridi che la stavano scrutando.

Ember sentì le gote andarle in fiamme.

Se avesse potuto fare una magia per scomparire....

No, che diamine stava blaterando. Per quanto imbarazzante non avrebbe rinunciato neanche per un secondo a quel momento.

<<Buon...giorno>> balbettò goffamente.

<<Buongiorno>> le rispose lui ad un soffio da lei.

<<Come ti senti?>>

Le sue braccia non avevano ancora dato segno di voler allentare la stretta.

<<Oh...beh...ho dormito da favola. Come un sasso>>.

Aidan accennò a un lieve sorriso, poi, tornò nuovamente serio.

<<Bene>> e delicatamente sciolse l'abbraccio in cui l'aveva tenuta per tutta la notte, mettendosi a sedere.

Sempre di poche parole, eh? Ma stavolta sono contenta perché io stessa non saprei che altro dire.

Lei lo imitò e, subito dopo, si alzò dirigendosi verso i loro cavalli. Si sentiva turbata dall'improvvisa distanza dal corpo di Aidan e dal suo solito atteggiamento garbato, ma nuovamente un po' distante.

<<Vado fuori a darmi una rinfrescata, ti porto dell'acqua così potrai anche tu, con comodo, fare lo stesso>> la informò.

Tornò con due secchi colmi d'acqua e mentre stava per uscire nuovamente, lei lo fermò.

<<Aspetta, ho qui dei pezzi di sapone che facciamo io e mia madre>>.

<<Se vuoi puoi prenderne uno>> tirandoli fuori dalla bisaccia attaccata alla sella di Pegasus.

<<Grazie, ha un ottimo profumo>> disse mentre le loro mani si sfiorarono prendendo il sapone.

Il profumo era lo stesso che aveva sentito la prima sera, quando lei era venuta a chiamarlo per la cena, realizzò Aidan.

Quella fragranza faceva parte di lei.

<<Quando hai finito chiamami>>.

Lei annuì grata per quelle attenzioni.

Aidan, una volta rimasto solo, all'aperto, respirò a pieni polmoni l'aria frizzante della mattina. Doveva calmarsi. Cercò di fermare il lieve tremolio involontario delle mani. Per tutta la notte aveva fatto strani sogni in cui volava libero in un alternarsi di velocissime discese e lucenti salite. Quando aveva aperto gli occhi il suo sguardo aveva incrociato quello di lei e si era sentito all'istante invadere dalla strana sensazione di trovarsi sul bordo di un picco, su un precipizio, in procinto di buttarsi in volo, in caduta libera.

L'emozione era stata talmente forte che l'aveva, per un istante, paralizzato.

Si era sentito in tutto e per tutto come un drago che volava, tuffandosi tra le soffici nuvole, libero. Era stato difficile mantenere il controllo e non dare a vedere il suo stato d'animo.

Cosa diamine mi sta accadendo?

Queste emozioni potevano essere state scatenate dall'imprinting? Sarebbero rimasti solo sogni, sensazioni, oppure erano segni che presagivano qualche altro cambiamento in lui? Guardò il suo riflesso nell'acqua con il timore di scorgere dei mutamenti fisici. Niente. Fortunatamente non vi era niente d'insolito. L'idea che potesse trasformarsi completamente e definitivamente in forma di drago lo avvilì.

Non poteva succedere proprio ora che aveva incontrato Ember.


La stirpe dei DraghiWhere stories live. Discover now