Isteria

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Penso che mi ucciderai - non letteralmente, Gesù, non andare in ansia o nel panico, non voglio suicidarmi.

Ma penso che mi ucciderai.

So che sai che dovremmo stare lontane.

Scriverci a questo modo,
risponderci con la disperazione
di due amanti costretti a stare lontani
non ci aiuterà, e questo lo sai.

E un po' hai ragione,
quando dici che sono egoista.

La cosa migliore sarebbe
farsi ognuna gli affari propri,
lasciarci andare per guarire,
sistemare il casino che siamo (anche se potresti restare un casino tu e guarire io, e mi andrebbe bene lo stesso perché amo il tuo casino. È un casino stupendo come lo sei tu).

Ma sono egoista,
e anche se potrei smettere di risponderti
in modo così diretto,
non posso farlo.

Non voglio farlo.

Voglio sperare che anche così,
anche parlandoci attraverso la musica e la scrittura,
riusciremo a guarire.

Riusciremo a guarire,
e io sarò di nuovo, a tutti gli effetti, tua
e tu sarai di nuovo, a tutti gli effetti, mia.

Voglio sperare che oggi no,
ma domani sì.

E poi dall'altra parte,
tutto questo mi rende isterica,
perché voglio stare meglio,
so che per farlo devo starti lontana,
ma non ci riesco.

Non è solo che non voglio,
ma anche che non ci riesco.

E questa è la parte sana di me,
la parte che sta guarendo
e sa che la cosa migliore per poter tornare
insieme, nello stesso letto,
nel calore l'una delle braccia dell'altra,
è staccarsi.

Questo conflitto crea ogni volta
una sorta di isteria per cui mi sento
consumare.

Consumare da noi,
dal nostro futuro insieme (preferirei morire che smettere di crederci),
da te.

Ma come ho detto,
sono troppo egoista per smettere.

E spero che tu
da qualche parte
nel tuo cuore pieno di luce
e altruismo
e amore
e bontà
sia un po' egoista da non voler smettere.

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