Chapter twenty-seven

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«Tutte in fila, stiamo per entrare!» esclamo al resto delle cheerleader, assicurandomi che ognuna di loro prenda il suo posto.

Fanno come dico, disponendosi in fila indiana e riscaldando il collo e le spalle.

«Oggi sei più euforica del solito, come mai?» la voce di Samantha porta il mio sguardo a spostarsi su di lei, venendo catturato nell'immediato dalla chioma rossa raccolta in una coda alta.

Inarco un sopracciglio. «Non lo sono. Ora mettiti in fila.»

Il mio tono è freddo come al solito, ma Sam non si offende e mi rivolge un semplice sorriso rassegnato, per poi posizionarsi dietro di me.

Le do quindi le spalle e mi metto a capo fila, mentre cerco di trattenere l'euforia che - realmente - oggi mi travolge.

Non sapevo neppure come definirla fino a dieci secondi fa, eppure - nonostante preferirei cavarmi i bulbi oculari piuttosto che ammetterlo - questa mattina mi sono svegliata con uno strano... entusiasmo.

In realtà è da diverse mattine che la sensazione di vuoto che provavo ogni singolo giorno si è affievolita, sostituita da questa insolita serenità.

È dalla sera in cui ho raccontato a Matt tutto il mio passato, in particolare, che qualcosa è cambiato dentro di me.

Le crepe della barriera che attornia il mio cuore stanno aumentando e sta iniziando a filtrare fin troppa luce in esse, dato il fatto che in questi giorni il malumore ha stentato a presentarsi.

Certo, è ancora presente e delle volte mi inghiotte in sé, ma si è lievemente... dissolto.

Mi autoconvinco che sia perché mi sono finalmente sfogata con qualcuno dopo anni e che ho lasciato cadere - anche se solo per pochi minuti - i miei muri.

La psicologa che mi era stata assegnata dopo che mio padre era stato arrestato non aveva sortito certo lo stesso effetto - complice il fatto che durante le nostre sedute non facevo altro che stare in silenzio e guardare nel vuoto.

Quel biondino da un metro e novanta è stato l'unico con cui abbia mai parlato in quel modo e con cui mi sia mai lasciata andare così tanto.

Non volevo succedesse, eppure non appena le prime parole sono uscite dalla mia bocca e i suoi occhi si sono posati su di me... non sono riuscita a controllarmi.

E, Dio, odio questa cosa. Tengo sempre tutto sotto controllo, e non riuscire a darmi un freno poche sere fa mi ha fatto sentire impotente, anche se tremendamente bene.

Parlare con lui del mio trauma è stato... liberatorio. Sono ancora pervasa da tutto lo schifo che ho subito, certo, ma è come se Matt mi stesse aiutando a... condividerne il peso.

Rilascio un sospiro.

Per tale motivo in questi giorni sono meno scorbutica del solito.

Tra pochi minuti inizierà anche la partita e questo mi rende più entusiasta di quanto non lo sia mai stata.

Ed è chiaro perciò che in questi giorni dentro di me stia avvenendo una vera e propria tempesta...

Una tempesta che mi sta sfuggendo di mano, totalmente.

«Entriamo!» la porta della palestra viene aperta dalle cheerleaders che oggi saranmo in panchina e - non appena entriamo nella grande sala - ecco che veniamo travolte da un potente boato.

Ragazze che urlano, professori che applaudono, ragazzi che gridano in coro il nome della nostra scuola.

L'atmosfera delle partite è sempre travolgente, tanto da far sorridere in modo euforico molte delle cheerleader dietro di me.

(Un)expectedWhere stories live. Discover now