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"Fate attenzione quando ferite,

perché da lacrime
ho visto nascere
grandi caratteri.
E da quei caratteri,
ho visto far versare
tante lacrime."

Payton

Gli ultimi due giorni erano stati un vero e proprio incubo. Non avrei mai pensato, che per avere una fede al dito, si dovesse firmare così tante scartoffie. Dagli attestamenti dell'eredità, al divorzio e per concludere con la separazione dei beni.

Firmai tutto quanto, dichiarando - nero su bianco - alla famiglia Johnson, che in questo matrimonio, non avrei accettato un solo centesimo da loro figlio.

Dipendente ero da me stessa e dipendente da me stessa sarei rimasta.

Scossi la testa, mandando via i pensieri nel mentre che pulivo l'appartamento da cima a fondo.
Era da un paio di giorni che avevo in mente di dargli una sistemata, ma il tempo a disposizione non bastava mai. Ventiquattro ore al giorno non mi erano sufficienti, troppo poco tempo e troppe cose da fare.

Aprii tutte le finestre dell'appartamento per fare entrare un po di aria e luce, la dove le lampadine non illuminavano il buio degli angoli. Andai in cucina e incominciai a lavare i piatti, la sera precedente ero stata motivata a cucinare qualcosa di sofisticato per il mio palato, ma lascio a voi l'immaginazione del risultato finale. Non ero proprio un fenomeno ai fornelli, il mio frigo - per l'appunto - era sempre vuoto e il congelatore straripava di cibi surgelati. Le salvezze del mio stomaco.

I miei ricordi, svanirono nell'istante in cui sentii bussare due colpi alla porta. Mi ripulii le mani bagnate sul grembiule - colore crema - che avevo adosso e andai ad aprire, ritrovandomi così un uomo dalla struttura possente e decisamente troppo alto, vestito perfettamente nel suo smoking blu scuro fatto apposta per essere indossato da questo sconosciuto. La carnaggione olivastra metteva in risalto i suoi occhi verdi, che mi scrutavano da capo a piedi.
Sí, avevo un aspetto orribile. Lo so.

"Mi scusi, lei è la signorina Williams?" Chiese costui, abbassando lo sguardo in direzione dei miei occhi.

"Si, come posso aiutarla?" Risposi sistemandomi i capelli, che avevo raccolto frettolosamente in una crocchia disordinata. In quel momento dovevano assomigliare ad un nido per uccellini.

"Il Signor Johnson, mi ha espressamente chiesto di portarle 120 scatole." Parlò indicando gli infiniti scatoloni, che erano alle sue spalle.

Agrottai la fronte decisamente confusa e capendo la mia espressione facciale continuò con qualcosa come: "Sono le quattro collezioni di peluche richieste da lei, Miss Williams."
I miei occhi si illuminarono all'istante e un sorriso apparve sulle mie labbra.

"Posso?" Gli chiesi superandolo oltre la soglia della porta, senza nemmeno aspettare il suo consenso, andando in direzione dei grandi scatoloni, che si trovavano nel corridoio dell'umile condominio in cui vi era presente la mia abitazione.

"Certamente." Rispose lui. "Sono tutti suoi, Signorina." Aggiunse, indicando le scatole, con un gesto della mano.

Aprii uno scatolone lentamente, tirando fuori un peluche bianco ed estremamente morbido.
Non ci potevo credere. Avevo finalmente una, anzi no, ben quattro collezioni di morbidi e teneri peluche di pezza.
"Oddio." Esultai entusiasta saltellando nel proprio posto, ero tornata ai tempi di quand'ero bambina.

Mi ricordo che da piccola non avevo i peluche, ricordo che mio padre li aveva buttati via dopo la morte di mia madre e il mio preferito, l'aveva tagliato e gettato nel camino.
L'avevo odiato per aver fatto quel gesto così egoista..
Ricordo ancora, però, che al mio compleanno di otto anni Rayan me ne aveva regalato uno marroncino e al posto degli occhi erano stati cuciti due bottoni, ero stata così felice che non lo avevo mai tolto dal mio letto, e quando dico mai, significa che ci dormivo  ancora oggi con quel peluche.

Schiava Di Un MiliardarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora