45. Parte Seconda

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Payton

"Molto bene Payton, dopo due ore sotto i riflettori dei duri esami, credo sia meglio farti riposare." Annunciò il Dottore guardando i soliti fogli che teneva in mano. Indossava un lungo camice bianco e un paio di jeans molto giovanili per la sua età ormai avanzata, ma che comunque gli donava.

Cercai di sistemarmi meglio fra le coperte che mi coprivano nel piccolo lettino, adagiandomi con la schiena al cuscino messo gentilmente dagli infermieri. Non potei fare a meno di sentire un dolore fitto alla colonna vertebrale, era come se mi stessero traffigendo un coltello all'interno del mio corpo. "Quel dolore passerà dopo aver assunto i farmaci dopo la cena, hai alcune cicattrici sulla schiena ma niente di grave, nulla che una buona pomata non possa fare." Aggiunse ancora gesticolando con la mano, mentre spiegava. Era facile parlare per lui, era la sottoscritta a trovarsi in questa situazione. Non poteva parlare meno e darmela adesso la pomata? Per la miseria!

Mi limitai ad annuire, e quando mi salutò con un cenno del capo per uscire dalla stanza, lo fermai con un: "Rayan dov'è?" Fu l'unica cosa che riuscii a pronunciare.

L'unica cosa che avrei voluto al mio fianco in quel momento, sarebbe stata la presenza di mio marito. Mi sarebbe bastato perdermi sulle sue iridi verdi - com'era successo  due ore prima - per far passare tutto il dolore fisico, che sentivo.

Scosse la testa dopo aver guardato fuori dalla stanza. "Purtroppo non è qui, sarà andato a prendersi un caffè alle macchinette in attesa dei suoi esami." Rispose alla mia domanda. "Vedrai che fra poco sarà qui." Aggiunse, per poi girare le ciabatte altrettanto bianche e andarsene.

Avrei tanto voluto che Rayan fosse andato alle macchinette, il fatto era che lui odiava il caffè. E fu in quel momento che mi chiesi dove potessere essere, dato che non era qui al mio fianco per poterlo amare.

Rayan, dove sei? Mi chiesi mentalmente, per poi appoggiare la testa al cuscino e spegnermi in un lungo sonno profondo.

Rayan

"

Ora dovresti girare a destra, e non appena troverai un edificio giallo.." Parló la voce di Mike, mentre il viva voce risuanava nell'automobile guidata da Josè. "Al suo fianco troverai l'Ospedale vecchio a venti metri." Concluse la frase, per poi seguire le sue indicazioni.

Durante tutto il tragitto che avevo percorso dall'Ospedale nuovo a qui, non avevo fatto altro che rimurginare sulle mie azioni. Non sapevo quale idea fosse quella migliore: entrare, trovarlo e spaccargli la faccia a suon di botte o entrare, trovarlo e ucciderlo a suon di botte. Avevo in fine optato per entrambe le proposte, in ogni caso avrebbe dovuto soffrire e volevo che soffrisse maggiormente.

Qualche minuto più tardi Josè parcheggiò l'automobile e senza aspettare che mi venisse ad aprire la portiera, scesi. Non avevo tempo da perdere!

"Signore, è davvero sicuro di non volere chiamare i rinforzi?" Mi chiese quest'ultimo, aprendo il porta bagagli per estrarre dal baule al suo interno una pistola e passarmela.

"No Josè, la donna che sto per difendere è la mia, non la loro. Resta qui e informami con una chiamata per qualsiasi imprevvisto, intesi?" Dichiarai caricando la pistola fra le mani, per poi stringerla fra le dita con una forte stretta.

"Si Mr." Rispose con un gesto del capo. "Stia attento." Aggiunse, mentre mi dirigevo all'interno dell'edificio ormai vecchio e abbandonato.

Bastò una leggera pressione della mano destra, per far aprire lentamente le porte principali - in legno vecchio - circondate da rami e foglie, che negli anni stavano circondando l'intero Ospedale. L'aspetto al suo interno era quasi spettrale, nonostante ci fosse il sole invernale fuori, dentro rimaneva comunque un buio da far venire i brividi. Circolava un aria fredda, che passava continuamente fra i corridoi vuoti, emanando un fiuu di tanto in tanto.

Schiava Di Un MiliardarioWhere stories live. Discover now