Capitolo 5 -Giganti-

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Gorn sollevò lo sguardo su di un punto oltre l'orizzonte. Si riprendevano Nirel: quel meraviglioso gingillo gli scivolava via dalle dita marmoree.
Egli sapeva di star perdendo un ventre freddo e vuoto ormai, mentre il grembo della sua Rileel ancora fioriva. Eppure sentiva come una pressione sul torace, un sottile disagio che s'insinuava dentro di lui. Una sensazione intollerabile, il cui prezzo sarebbe valso lo scatenarsi di quella furia, che fin ora aveva tenuto in parte segreta e protetta.
Li avrebbe schiacciati, come faceva con l'animo di ogni uomo che osava avvicinarsi alla sua magnificenza. Infondo chi erano loro, semplici uomini, al pari di un dio come lui?

La sua bocca si schiuse e, dal suo alto seggio, riprese a parlare allo stuolo di nuove reclute adoranti, inginocchiate davanti a sé:

-l'Est rivendica una terra della cui desolante povertà è responsabile, accusando noi di aver portato la morte- fece una pausa, costringendo i lineamenti in una smorfia sofferente.

-La sua folle testardaggine e brama di supremazia ha calpestato il talento dei figli della nobile stirpe Sunek- la sua voce sembrò incrinarsi, come fosse quasi sul punto di scoppiare in lacrime -la grandezza dell'Ovest non dev'essere fermata dalla paura, fratelli miei, ricordate le antiche glorie, ammirate le macchine di cui siamo capaci. La potenza del nostro popolo avanzerà e metterà in ginocchio gli ipocriti e i vigliacchi orientali! Chi si oppone è un primitivo, chi si ostina un pazzo, chi agisce sabotando la macchina è un criminale!*-

La folla, che sembrava aver trattenuto il respiro fino a quel momento, esplose in un fragoroso impeto di gioia, acclamando il suo nome, inneggiando alla guerra e al nascente regno dell'Ovest.

Nessuno aveva notato come ogni pausa, ogni intonazione, fosse studiata. Nessuno aveva notato le movenze sinuose delle mani del generale. Semplicemente le schiere lo avevano ammirato, adulandolo per il suo carisma e per la sua ambizione.
O così credevano.

Gorn sorrise, li abbindolava come fossero bambini. D'altra parte come poteva essere diversamente?

Le sue "doti" gli consentivano di far assorbire completamente l'attenzione di chi lo ascoltava, seppur con una certa disposizione d'animo spontanea, canalizzandola verso le sue asserzioni e le sue idee, che trasparivano all'interlocutore come verità assolute. Lo lasciavano entrare nelle loro deboli menti, spalancandogli le porte del dominio della loro indole. Così egli appariva come un genio, un dio, un profeta, una guida senza la quale si sentivano smarriti.

Nessuno conosceva quel disegno perfetto, quel cerchio che egli stava chiudendo, assoggettando quei fragili plebei, trasformandoli nello specchio della sua immensa potenza. Un regno debole, elevato a stupenda effige della sua persona...

***

Uriel percepiva la rabbia dentro di sé, eppure qualcosa lo faceva rassegnare a quanto aveva scoperto. In qualche modo aveva percepito le intenzioni di Onji. Forse era stato l'atteggiamento che questi aveva tenuto durante l'ultimo concilio, o forse la sua assenza in momenti critici. I suoi occhi si abbassarono mentre pensava al da farsi, infondo non c'erano prove che avrebbero tenuto di fronte ad una giuria militare.

-Syas!- chiamò.

-Mi dica capitano!- rispose il giovane con uno sguardo pieno di sgomento.

-Devo assegnarti un compito importante. Quanto ci è stato rivelato potrebbe essere vero, ma ci servono prove e tu sai bene che con un approccio diretto non le otterremo. Onji è il pupillo degli alti ufficiali e lo difenderanno strenuamente da qualsiasi accusa. Hai il compito di portare notizie dal fronte, ma bada bene che prima di dare informazioni effettive dovrai indagare e verificare. Entra negli alloggi del capitano, se è necessario, ma sii discreto- concluse Uriel. Syas partì immediatamente.

[COMPLETA] L'era del Caos -La corruzione degli uomini-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora