Capitolo 17 -Divide et impera-

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Verkela si asciugò le guance, scossa ancora dagli ultimi singulti. I suoi occhi incontrarono quelli di Rhielorm e di quelli che le stavano attorno: Awryn, Aner, Uriel, sembravano spaventati... quella vacuità nello sguardo la riempì di sconforto, non era la prima volta che la vedeva.

Poi c'era Okksel, duro come una stele di granito, non la fissava, ma analizzava Rhirm con le labbra serrate. Verkela tentò di rialzarsi, ma le gambe cedettero congelate. Rhirm ed Awryn la sorressero, aiutandola a far rifluire il sangue verso le dita dei piedi. La mistica sembrava confusa, i contorni delle cose, dei visi, non erano più così netti. Cercò dentro se stessa la forza di dare un senso al ricordo che l'aveva appena assalita, così violento, come se la sua stessa mente stesse cercando di sopraffarla.

Ver era una ragazzina, aveva poco più di dieci anni, quando infine si erano trasferite a valle di Calacyria. I bambini del posto, con la sensibilità acuta della loro età, percepivano la sua diversità e prima la evitavano, poi iniziarono a prenderla in giro. Ver aveva ricordato quel giorno tra le montagne. I volti dei suoi aguzzini le sfuggivano, persi nella tormenta di neve.

L'avevano attirata con l'inganno. "Giochi a nascondino con noi sul monte Crat?", una semplice richiesta, che nascondeva ben altre mire. L'avevano isolata, messa alla gogna. Ricordava quella piccola folla che l'additava. "Toglietele i guanti!" avevano urlato quelle voci strillanti, "no!" aveva implorato. Due di loro l'avevano tenuta ferma, un altro le aveva portato via l'unico scudo tra la crudeltà del destino e la propria dignità. Quell'attimo era rimasto oscillante nel vuoto, come le sue mani evanescenti, sospese tra la realtà tangibile e il Caos, quelle mani con cui ora doveva stringere un patto con il fato. I bambini avevano urlato in preda al panico, l'avevano lasciata lì sola, bruciante eppure fredda.

Quella Verkela, così piccola e indifesa, si era rannicchiata nella neve, spoglia della sua voglia di restare al di qua del velo. Il gelo aveva preso ad ammantarla, offrendole un dolce riparo, un assopimento di sussurri. Le palpebre si erano fatte pesanti, il ritmo del respiro sempre più lento. Poi le era sembrato di cadere, aveva aperto gli occhi di scatto, posando lo sguardo laddove dovevano esserci le sue mani. Quelle non c'erano più, non riusciva neppure a intravederne l'argentea perlescenza. Si era alzata in piedi, scoprendosi le braccia dalla lunga pelliccia con cui si proteggeva dal freddo. Neppure le braccia si vedevano. Aveva portato le dita al viso, scoprendolo impalpabile.

Stava svanendo.

Il ritmo del suo respiro tracollò, per poi impennarsi imbizzarrito. Si guardò attorno, nel candore di un mondo vuoto, privo di confini. Verkela aveva oltrepassato quel velo.

La consapevolezza di quel che le era accaduto venne anni dopo, in quel preciso istante, la piccola Ver, aveva solo visto se stessa svanire, sola, abbandonata, cacciata, denigrata, tacciata di una mostruosità di cui non aveva colpa. Verkela si odiò. Ma quell'odio bruciante era un'emozione umana, e mentre stringeva le palpebre e i pugni per cercare di cacciare indietro le lacrime, i contorni degli oggetti riacquisivano consistenza attorno a lei...

Verkela si riprese a fatica la risolutezza che quel ricordo le aveva tolto, sorso dopo sorso. Quello stesso terrore l'aveva visto negli occhi dei suoi compagni del presente, e la realtà era ancora una volta sfumata nell'incubo. La mistica guardò Rhielorm. Anche lei ha paura di me.

Anche lei l'avrebbe lasciata sola, al di là di quel velo. Chi sarebbe rimasto? Okksel, che non si fidava di Rhirm, Okksel che la voleva proteggere, Okksel che l'ammoniva, Okksel che la faceva sentire protetta.

-Ce la fai a camminare ora?- le stava chiedendo Awryn, richiamando la sua attenzione. Verkela si voltò verso la ragazza. Awryn aveva un labbro tremante e gli occhi sbarrati. Anche lei...

[COMPLETA] L'era del Caos -La corruzione degli uomini-Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum