Cap.26 Pt.e 2 -Scontro finale-

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La morte. Questo era quello che Iryil vedeva, da lontano, come se la distanza fosse sufficiente a tenere qualcuno al sicuro da ciò che stava accadendo all'orizzonte. Uomini e donne che venivano corrotti, che bruciavano, che uccidevano, che distruggevano tutto, senza alcuna pietà. Uomini e donne senza valori, senza nulla a tenerli ancorati alla realtà, così privati della loro ragione, da non comprendere più qual era il senso della propria esistenza. Non c'era ragione nella guerra, non c'era mai stata, ma ora ogni briciolo di umanità era stato perso. Iryil guardava attonita le fiamme librarsi nell'aria notturna, avvolgere Nihil, divorare la terra, l'aria, l'acqua, la vita. I suoi capelli corti ondeggiavano, mossi dalle vampate di calore portate dal vento. I suoi denti si stringevano, così come le sue mani, affondate in un misto di disgusto, vergogna, rabbia e paura.

-Non possiamo restare qua!- le disse Moem. Solo allora Iryil lo guardò: aveva gli occhi sbarrati e tremava.

-Dobbiamo aiutarli- assentì lei subito prima di spronare il cavallo. Moem e Rakm la seguirono, affrettandosi verso le rovine di Nihil. Palle di fuoco iniziarono a piovere dal cielo, scagliate da catapulte e torri, sulle truppe Tarkir.

-Più in fretta!- Urlò Iryil cercando di sovrastare in crepitii, i tonfi, le esplosioni, il clangore delle spade. Dovevano muoversi, dovevano fare qualcosa.

***

Awryn lanciò il cavallo verso di loro. Non poteva essere, l'uomo che solo ora si rendeva conto di amare stava morendole davanti. Come sarebbe stata la sua vita senza di lui? Vuota, grigia, intollerabile. Tutto quello che Awryn voleva era che Uriel vivesse, lontano dai campi di battaglia, che conoscesse la pace, la felicità. Era amore, più forte di qualsiasi cosa avrebbe mai potuto provare, quello che le riempiva l'animo. Le lacrime sfuggirono alle sue ciglia perdendosi, argento fuso fra le scintille di quella notte. Il cavallo calpestò con forza la cenere che già riempiva il suolo, sollevandone nuvole nella sua corsa. Awryn trattenne il respiro, il suo battito divenne l'unico suono che riusciva ad udire, prepotente, nel nulla. La lingua le si incollò al palato, arido come un deserto. Rivide Uriel mentre la sfidava, la allenava, discuteva con lei, piangeva, le stringeva la mano mentre lei lottava fra la vita e la morte, ricambiava il suo bacio, scherzava con lei, la cercava nella sua ora più buia, le diceva addio, le crollava fra le braccia... Tutto quello che avevano vissuto assieme, tutta l'oscurità che li aveva avvolti e che avevano scelto di affrontare l'uno al fianco dell'altra, non poteva aver fine in quel modo.

Giunse galoppando al fianco di quell'essere. Non udì né sibili, né lamenti, solo il riverbero del metallo della sua spada mentre la estraeva ancora una volta dal fodero. L'uomo si voltò verso di lei, rivelando il contenuto del suo elmo: il vuoto. Nella visiera galleggiavano due occhi luminosi, ma non vi era carne a sostenerne le palpebre. Awryn capì, aveva già visto qualcosa di simile prima d'allora, quando Verkela stava attraversando il velo fra la realtà e il Caos. Non ebbe il tempo di ragionarci, sferrò un calcio al plesso solare dell'individuo, mandandolo a terra. Fece da scudo ad Uriel, tesa come la corda di un arco, con la mente che guizzava cercando una soluzione.

L'essere si rialzò, arrancando. Volse le pupille su Awryn e per un attimo la sua pelle sembrò riaffiorare. C'è ancora qualcosa di umano dentro di loro. Il tenente fece l'unica cosa che le veniva in mente: caricò. Spinse l'essere a terra ancora, mentre quello tentava di rialzarsi. Il viso dell'uomo riapparve: era un giovane. I suoi occhi nocciola sembravano spenti, come addormentati. Awryn esitò, quel tanto che fu sufficiente all'altro per afferrare un pugnale e colpirla. La ragazza sentì il fiotto di sangue caldo colarle lungo il fianco destro. Barcollò all'indietro per qualche passo, lo vide sollevare la lama sulla sua testa e svanire ancora. Awryn frappose la propria spada fra di loro, stringendola con entrambe le mani e spingendola fino all'elsa fra le maglie del petto dell'uomo. Cadde, sotto al peso del corpo, se lo tolse con fatica di dosso e strisciò con la bocca piena di cenere e fuliggine, tossendo e arrancando, fino al comandante.

[COMPLETA] L'era del Caos -La corruzione degli uomini-Where stories live. Discover now