3•COCCI•

242 33 39
                                    

(In questo capitolo sono presenti frasi in spagnolo. Nel caso vi servissero traduzioni, le trovate a fondo capitolo).

 Nel caso vi servissero traduzioni, le trovate a fondo capitolo)

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

MAY

Appena entrai in casa, vidi mia madre in cucina, intenta a preparare la cena.
I capelli erano raccolti nella solita crocchia sulla testa, scompigliata ma impeccabilmente decorata da un nastro rosso.
Le mani si muovevano rapidissime tra le pentole e le salse. Adorava cucinare e guardarla mentre lo faceva mi spingeva sempre a voler provare anche io, nonostante fossi una frana a livelli cosmici.
E non scherzo.
Mi diressi verso di lei, dopo essermi tolta giacca e zaino, e le diedi un bacio sulla guancia infarinata.
Un po' della polverina mi rimase attaccata alle labbra. Con la lingua la pulii, sentendo il tipico gusto.
"Ehi, qual è il motivo di quel sorriso?" mi chiese senza accennarmi uno sguardo.
Non me ne ero nemmeno accorta, ma poi realizzai che avevo i due angoli della bocca incurvati verso l'alto. Che stupida.
Con l'indice e il pollice mimai il gesto di abbassarli, facendo così ridere mia madre.
Avevamo le stesso sorriso, come diceva spesso mio padre.
Sviai la domanda infilandomi un pezzo di pane in bocca, mugugnando quanti compiti avessi da finire.
Se non fosse stato per il fatto che mia madre avesse la mania di preparare la cena alle 16:00, avrei sicuramente avuto più tempo per farli davvero.

Salii le scale che portavano in camera mia e mi buttai sul letto, affondando la testa nel cuscino.
Speravo di riconoscere la solita morbidezza, ma subito sentii qualcosa di duro sulla fronte.
Inclinai la testa all'indietro per vedere di cosa si trattasse.
Era il mio blocco da disegno nero, con gli angoli tutti smussati.
Mi slanciai verso il bordo destro del letto, per prendere una matita dal pavimento che ero sicura di trovare.
Ero troppo disordinata, probabilmente chi entrava nella mia stanza poteva immaginare che ci fosse appena stato un uragano.
Ma in fondo io ero una sorta di uragano.
"Mi hai insegnato perché agli uragani vengono dati nomi di persona".
Se tutto intorno a me era distrutto, almeno io non lo avrei potuto danneggiare ulteriormente.

Cominciai a disegnare Dylan sotto l'albero della scuola. I tratti che usavo per disegnare il suo volto erano sempre leggeri, quasi eterei, come ero io nella sua memoria.
Non ci misi molto, sapevo tutti i gesti da fare a memoria, erano delle azioni quasi abituali.
Non appena lo ebbi finito, lo appesi con il nastro adesivo al muro dedicato ai miei dipinti.
La mia stanza aveva quattro pareti: una adibita alle citazioni, rigorosamente scritte su dei post-it gialli logori; un'altra dove ero solita mettere le parole che più mi piacevano; e l'ultima, opposta alle altre, dove appendevo i disegni e i poster.
Le pareti le avevo dipinte di nero due anni fa, in modo da fare risaltare il bianco dei fogli.
Mia madre mi aveva aiutato, non prima di aver detto:"Cuidate chica. Si me pintas la blusa, te mato"*.
Io le avevo risposto alzando gli occhi al cielo.
Cosa era successo? La sua camicia azzurra era diventata un pasticcio nero.
Menomale non mi aveva tolto l'anima dal corpo. I miei antenati erano in grado di farlo: terrificante.

Sul soffitto avevo attaccato delle stelline luminose. Ero riuscita a recuperarle in cantina.
"Niña, creo che sería mejor si no te bajas sola. Alguien tiene que protegerte"*2.
Così presi i miei soliti tremila amuleti, con tanto di fettina d'aglio nascosta sotto la soletta della scarpa.

Mi accorsi dopo qualche minuto che girovagavo nel passato che erano le cinque, così decisi di andarmi a fare una doccia.
Le goccioline fresche che si posavano sulla mia pelle erano liberatorie. Ogni volta che scorrevano sempre più in basso, era come privarsi di un peso.
Sarebbero bastate tutte?
Prendo fra le dita
Ciò che resta della mia vita
Mi mordevo le dita
Gridando
È finita
.

Appena ebbi finito, scesi le scale e mi diressi verso la sala, dove trovai mia mamma intenta a guardare C.S.I. alla televisione.
Registrava ogni episodio in maniera meticolosa.
Erano le 17:30, quindi avrei avuto ancora del tempo prima di cena per poter andare a trovare mio padre.
"Mamma, vado all'ospedale" dissi mentre ero già pronta per infilarmi gli stivali.

Era successo l'anno prima. Era venuto a vedermi all'ultima partita di pallavolo dell'anno, la più importante.
Mi ricordo ancora il cuore che continuava a battere a ritmo scostante, quasi come se mi stesse per saltare fuori dal petto.
Quando lo vidi tra la folla, fui così felice che corsi ad abbracciarlo.
Lui fece lo stesso, ma non si accorse dell'ultimo gradino. Inciampò e cadde, sbattendo la schiena.
In quel momento non avevo l'aglio con me.
Da quel giorno aveva avuto tutta la parte bassa immobilizzata. I medici dicevano che si sarebbe potuto riprendere, ma che fino a quel momento non sarebbe potuto tornare a casa con noi.
Andavo a trovarlo quasi tutti i giorni.

"Mi amor, oggi non puoi. Gli fanno l'operazione, è meglio che rimanga tranquillo" mi bloccò subito mia madre mettendo in pausa C.S.I.
Aveva stoppato la sua serie TV preferita.
"Ah..." ammutolisco. Come avevo fatto a non ricordarmene?
Ogni giorno diventava sempre più silenzioso senza papà; il vecchio brio della mamma si stava spegnendo. Non sembrava nemmeno lontanamente una donna di origini latine.
Io e mio padre eravamo soliti giocare insieme ai passaggi. Quanti lampadari avevamo rotto, quante volte la mamma ci aveva rimproverato, per poi finire a ridere con noi.
Ora le uniche cose distrutte erano la mia famiglia e il mio cuore.
Come potevo sperare che della misera colla avrebbe tenuto insieme i pezzi?
Sento le lacrime che minacciano di uscire.

»Vocabolario:

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

»Vocabolario:

*"Attenta ragazza, se mi sporchi la camicia di pittura, ti ammazzo".

*2"Piccola, credo sia meglio che tu non scenda da sola. C'è bisogno che qualcuno ti protegga".

«Il quadro delle sue paure-1» All darknessWhere stories live. Discover now