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Violet mi ha sempre parlato della gente della Haldell come se fosse un gruppo di criminali in incognito alla ricerca della prossima vittima. Mi raccomanda sempre di guardarmi le spalle, di dare poca confidenza agli sconosciuti. Posso però affermare con certezza che il problema degli studenti di questo posto è il semplice fatto di non saper tenere la bocca chiusa. Sono un branco di pettegoli, ecco cosa.

Quando sono rientrata in stanza mi sono ritrovata davanti la mia compagna di stanza e Jena. Hanno spalancato la bocca talmente tanto che giurerei di aver visto il mento di Violet sfiorare il pavimento. Si sono alzate di fretta e mi sono corse incontro facendomi almeno dieci domande a testa, confondendomi e non permettendomi di capirne con precisione nemmeno una.

Jena mi ha sfiorato con delicatezza il livido che ho sulla guancia, poi è passata al taglio sul labbro. Nulla di rotto e nulla che richieda punti, per fortuna, almeno così ha promesso l'infermiera della scuola da cui mi hanno costretta ad andare. Dopo la visita, mi ha solo prescritto qualche antidolorifico da prendere all'evenienza.

La parte più difficile, poi, è stata trovare una scusa credibile. Se avessi raccontato la verità probabilmente avrebbero finito il lavoro del capo del clan Gordon.
Ho così raccontato di essere andata in spiaggia a fare una passeggiata, ma era talmente buio che sono caduta su uno degli scogli proprio con la faccia.
Jena mi ha chiesto per quale motivo ero da sola al buio, Violet mi ha studiato in silenzio probabilmente fiutando la mia bugia. Apprezzo, però, non abbia approfondito. È stato già abbastanza umiliante raccontare la versione falsa, figuriamoci quella vera.

In meno di mezz'ora lo hanno saputo tutti. Opera di Jena, molto probabilmente. La prima a mandarmi un messaggio è stata mia sorella, che ho rassicurato e a cui ho risposto di restare in stanza perché non è nulla di grave.

Non sono potuta sfuggire, però, alla visita di Dylan, che ha portato con sé anche una ragazza mai vista prima.
«Da te mi aspetto proprio una cosa simile» commenta lui. «Anche da bambina cadevi ovunque e sempre di faccia.»

«Sarà per questo che è cresciuta così deficiente» ribatte Winter. Si è presentata anche lei, probabilmente dopo essere stata contattata da Dylan. Come già detto, un branco di pettegoli.
Non pensavo che i due fossero rimasti amici dopo la mia partenza e da un lato vederli così uniti mi ha fatto male. Mi sono sentita esclusa, ma non posso lamentarmi. Sono stata io a isolarmi e abbandonarli, alla fine.

«Vi conoscevate già?» chiede la sconosciuta.

Mi fa tenerezza. Ellie, così ha detto di chiamarsi, se ne sta seduta sul letto di Violet in attesa di potersi inserire in qualche discorso. Non sembra avere molta confidenza con nessuno al di fuori di Dylan. I suoi capelli scuri e i suoi occhi azzurri la rendono simile a una principessa, non mi meraviglio sia riuscita a conquistare un ragazzo come il mio amico. I due stanno insieme, da quello che ho capito.

«Da piccola vivevo ad Hauntown» rispondo. «Io e Dylan eravamo amici.»

«Ah» mormora. Non sembra contenta della mia risposta. «Dylan, fra poco è ora di cena. Andiamo?»

«A proposito di cena, vado a recuperare qualcosa, Aimee» interviene Violet. «Serata tranquilla. Io, te, qualche tramezzino e un film. Voglio assicurarmi di farti arrivare viva a domani.»

Esce dalla stanza seguita da Dylan, che deve fare una chiamata. Restiamo sole io, Winter ed Ellie, che si guarda attorno ed evita a tutti i costi il mio sguardo. È molto timida, lo capisco dal modo in cui tortura le pellicine attorno alle unghie. Il suo labbro inferiore è martoriato e arrossato, segno che deve mordicchiarlo spesso.
Winter, invece, smanetta sul cellulare, ignorandoci completamente.

«Comunque hai conosciuto mia cugina, Joy» dice a un certo punto Ellie, spezzando il silenzio che si era creato fra noi. Per fortuna, stavo iniziando a imbarazzarmi. «Le stai simpatica e adora molto tua sorella. Jennifer, giusto?»

MysteryWhere stories live. Discover now