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Il tempo scorre e la tua morte si avvicina.

La mia morte si avvicina...

Ti ritroverai in una fredda cassa di legno, la tua tomba.

In una fredda cassa di legno, la mia tomba...

Sottoterra, circondata da vermi.

Da vermi...

E nessuno sentirà la tua mancanza, nessuno.

Mi sveglio di soprassalto. Le lenzuola sono tutte rivolte verso il pavimento, il mio corpo è ricoperto di sudore. Il cuore batte all'impazzata, sembra voglia uscirmi dal petto. Scosto i capelli incollati al viso, poggio una mano sul petto e cerco di fare respiri profondi. Manca l'aria, mi sento soffocare. Mi sento morire.

Bree si alza dal letto e accende la luce. Si precipita con espressione preoccupata. Devo aver urlato, ma non lo ricordo. Non riesco a respirare. È come se qualcuno mi stesse strangolando. «Aimee, cosa succede?» chiede. «Va tutto bene?»

«Sì, solo un incubo» rispondo.

«Anche io ne faccio tanti, ultimamente. Peccato che quando mi sveglio si dimostrano veri. Sono la realtà» mormora. «Vuoi parlarne?»

«No, non ti preoccupare. Vado in bagno per rinfrescarmi un po', torno subito» Mi alzo dal letto ed esco dalla stanza. Mi appoggio alla porta e sospiro. «Anche i miei sono realtà.»

Cammino per i corridoi deserti fino ai bagni delle donne, dove mi sciacquo il viso con acqua fredda. Mi passo le mani sul volto e resto a osservare il mio riflesso, ipnotizzata dalle goccioline che scivolano lungo le guance fino al lavandino. Ho delle occhiaie mostruose, non dormo più. Ho anche perso molto peso, le mie guance hanno lasciato spazio a delle fosse vuote.

Non ho più sonno. Vorrei dormire, ma il mio corpo si rifiuta. Decido di scendere in cortile per prendere una boccata d'aria fresca, per abbandonare questi corridoi tetri e soffocanti. Ho ancora il cuore a mille, ho bisogno di uscire da qui.

In cortile l'aria fresca mi fa rabbrividire. È ancora buio, fuori, non so nemmeno che ora sia, non ho controllato prima di andare in bagno. Non ho nemmeno il cellulare con me. Mi siedo sulle scalinate davanti all'ingresso e chiudo gli occhi, godendomi l'odore del bosco che arriva fino a qui. Sto iniziando a calmarmi, a sentirmi meglio. Anche il cortile vuoto della Haldell è grazioso e tranquillo senza la solita massa di studenti rumorosi.

Mi alzo per rientrare, ma qualcuno mi afferra. Cerco di dimenarmi, provo a urlare per farmi sentire da qualcuno. Staranno tutti dormendo, però, nessuno riuscirebbe ad aiutarmi. Chiunque sia alle mie spalle, mi tappa la bocca con un fazzoletto. Perdo i sensi, lentamente. Mi lascio andare, stufa di combattere. Forse è meglio così, forse è meglio che finisca tutto ora.

Mi risveglio intorpidita. Faccio fatica a mettere a fuoco l'ambiente circostante, è tutto buio e sono ancora stordita da qualunque sostanza mi abbiano fatto inalare. Provo a muovermi, ma sento qualcosa stringermi lo stomaco. È una corda, sono legata a una sedia. Lentamente, la luce della luna che si fa strada attraverso una piccola finestra mi permette di studiare la stanza in cui mi trovo. È vuota, c'è solo un tavolino su cui ci sono delle forbici.

Dove mi trovo?

«Aiuto!» urlo.

Di nuovo, mi manca l'aria. Di nuovo, il mio battito cardiaco accelera. Mi sento morire non appena la porta si apre e vedo Sam venirmi incontro.
È la fine, lui e Violet hanno deciso di togliermi dai piedi.
Sono in trappola, sto per morire. È arrivato il mio momento, mi hanno trovata, vogliono uccidermi. Nessuno mi troverà. Nessuno saprà che si tratta di omicidio, com'è successo con Dana. O, forse, mi crederanno una fuggitiva come Kate.

«Non urlare» sussurra. «Ora ti libererò dalla corda, ma tu non fare nulla di azzardato. Sono stato chiaro, Ryle?»

Annuisco. Cerco di mostrarmi obbediente, docile, ma sto già pensando a come scappare da lui per ritornare alla Haldell il più in fretta possibile.
Dati i rumori esterni, siamo chiaramente nel bosco, ma non so dove. Non ho mai visto una casetta in questo dannato bosco, prima di questa notte. Sarebbe un azzardo, correre lontana da lui, rischierei di perdermi per il bosco, ma non ho altra scelta. È la mia unica possibilità di sopravvivere.

Estrae un coltellino e inizia a segare la corda. Passa le dita sui sei tagli sul mio braccio. Lui sa cosa sono, quindi... è lui. Lui è l'assassino. Resto immobile, sento i tagli sul braccio bruciare. Mi suggeriscono che sto per morire, che è il mio momento.
Non voglio morire.
Non appena sento la stretta della corda allentare, mi lancio contro il tavolo e afferro le forbici. Mi volto verso Sam, che con faccia scocciata sta per dirmi qualcosa, ma io non esito: lo colpisco nello stesso punto in cui l'ha ferito Fitz.
Urla e io corro.

I rametti e i rovi mi graffiano i piedi scalzi e le braccia nude, ma continuo a correre senza fermarmi. Sento i polmoni bruciare, l'aria mancare. Cado a terra, inciampo su qualche radice e mi ferisco un ginocchio, ma mi rialzo. Sam, però, è veloce. Riesce a prendermi, si mette sopra di me, sulla mia schiena, e mi blocca a terra. Sono immobilizzata, non ho più modo di difendermi.

«Lasciami!» urlo.

«Fa' silenzio!» esclama spazientito. Ha usato una voce grossa, che non ho mai sentito prima in vita mia. Non credevo che il dolce Sam potesse nascondere qualcosa di così disumano. Non appena ammutolisco e smetto di dimenarmi, molla la presa. Mi sta permettendo di rialzarmi. Mi volto verso di lui, che si tiene con una mano la ferita. Perde molto sangue. «Grazie per avermi trafitto.»

«Sam, cosa sta succedendo?» chiedo.

Inizio a piangere. Ho paura. Sono confusa. Perché si è tolto da sopra di me sapendo che potrei provare a scappare di nuovo? Perché mi ha portata in quella casetta nel bosco dopo avermi drogata? Perché mi sta facendo questo, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?

Un rumore dietro di me mi fa immobilizzare. Erano dei passi umani, dei rametti che venivano schiacciati. Tento di urlare, di chiedere aiuto a chiunque sia, ma Sam mi tappa la bocca prima che io possa farlo.

Le mie lacrime finiscono sulle sue mani, sto tremando come una foglia. Se ne accorge, per la prima volta vedo della compassione nel suo sguardo. «Aimee, lo so, hai paura, ma non sono qui per farti del male» sussurra. Con l'altra mano mi accarezza il viso. «Non urlare, a meno che tu non voglia morire. Non per mano mia, sia chiaro.»

Toglie la mano dalla mia bocca. Sono confusa, non so se fidarmi di lui, eppure non sembra per davvero intenzionato a uccidermi. Mi lascia un bacio a fior di labbra, che mi confonde ancora di più. Poi guarda sopra di me e sbianca. Prima che io possa dire qualcosa o voltarmi, qualcuno mi afferra e mi trascina lontana da lui.

Un braccio mi stringe il collo, mi soffoca. Una voce maschile sussurra vicino al mio orecchio, sento il suo alito caldo sul viso. «Pensavi di sfuggirmi, Sei? Avresti avuto più tempo se non avessi trovato i fascicoli della numero Due, avresti avuto il tempo di altre tre vittime prima di te, ma eccoci qua. Io, te e a breve il cadavere del tuo amichetto Sam.»

La presa del suo braccio sparisce, l'aria torna tutto d'un tratto nei miei polmoni. Inizio a tossire, mi rannicchio al suolo. Sento un rumore forte, un boato. Capisco dopo che è il suono di un colpo di pistola.
Alzo lo sguardo e vedo il mio aggressore, un uomo di forse trent'anni mai visto prima. Sta sputacchiando sangue, il suo petto sussulta. Poi smette. Rimane a fissare il cielo con occhi vitrei.

Vorrei urlare, ma vengo soffocata dal mio stesso vomito. Rigetto tutto ciò che poteva contenere il mio stomaco. La cena, l'acqua, la saliva. Non riesco a respirare. Sam mi tiene i capelli, appoggia la pistola accanto a me. Mi volto dall'altra parte, non riesco a guardarla. Sam Stark appena ucciso qualcuno davanti ai miei occhi.

Sam mi prende in braccio. «Stai tranquilla, Ryle, va tutto bene. Ora ti riporto a scuola, dormirai nella mia stanza, stanotte» dice. Mi accarezza i capelli, poi mi bacia di nuovo. «Puoi stare tranquilla, non è ancora arrivato il tuo momento. Con me nei dintorni non arriverà mai.»

MysteryWhere stories live. Discover now