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«Ma come, te ne vai?» chiede Bree, imbronciata. «E quando torni?»

Faccio fatica a sentire cosa mi sta dicendo, la musica è talmente alta che potrebbe perforarmi un timpano. Credo sia una versione di It's beginning to look a lot like Christmas ma unita a qualche base techno, in modo che sia più moderna e adatta al ballo. Dietro Bree, tra l'altro, c'è un gruppo di ragazzi vestiti da pupazzo di neve che si agita a ritmo di musica. Sembrano una setta, a essere sincera.

Questa famosa festa di Natale non è esattamente come me l'aspettavo. È... particolare. Escludendo qualche lucina e qualche studente travestito da elfo, renna o pupazzo di neve, potrebbe essere scambiata per una delle classiche feste della Haldell. L'ennesima scusa per ubriacarsi prima di tornare a casa dalle proprie famiglie.

«So che avevo detto che non ci sarei andata, ma ieri mia sorella mi ha mandato un messaggio. Prenderò il treno domani pomeriggio e resterò a Forks per circa due settimane» spiego. Sospiro e bevo un sorso del mio drink. Il sesto bicchiere. Forse il settimo, non lo so, ho perso il conto.

Avevo bisogno di bere. Avevo bisogno di staccare per almeno una sera. Tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni sono stati... troppo. Ho bisogno di sentirmi un'adolescente spensierata che esce con le sue amiche per fare festa.
Inoltre, tutta questa situazione è davvero imbarazzante, una delle peggiori feste a cui io sia stata. Per resistere alla tentazione di ritornarmene in stanza prima della mezzanotte, avevo proprio bisogno di qualche drink. Devo ammettere, però, che mi è sfuggita la situazione di mano.

«Salutami tua mamma, allora» dice Dylan.

Ridacchio. «Mio padre no?»

«Meglio di no, Fiammetta» Alza gli occhi al cielo e non riesce a nascondere una smorfia di disgusto. Dylan è uno dei pochi a conoscere papà e consapevole del rapporto che scorre fra me e lui. Sono certa che, se non fosse una delle persone che mi ha messa al mondo, lo prenderebbe a pugni alla prima occasione. Non mi dispiacerebbe, a essere sincera.

«Ma cosa ti ha fatto cambiare idea?» chiede Bree.

«Mia sorella» rispondo.

Quando ho letto il messaggio di Jennifer sono rimasta a bocca aperta: ha insistito talmente tanto per avermi a casa a Forks che alla fine, mio padre, ha ceduto per sfinimento. Lei e mia madre non vedono l'ora, hanno già i regali pronti sotto l'albero e la mamma ha cambiato tutto il menù della cena non appena ha saputo del mio arrivo.

Abbiamo una tradizione, in famiglia: posizionarsi tutti in cerchio davanti al camino con i regali al centro e una tazza di cioccolata calda in mano. È l'unico momento in cui sembriamo per davvero una famiglia, ora che ci penso. Anche mio padre la prende molto seriamente.

Ognuno di noi, dopo aver scartato tutti i pacchi, deve fare una preghiera per mostrare gratitudine per i doni ricevuti. Questa è la parte che interessa più a mio padre, noi donne Ryle siamo tutte atee. Lui, invece, prega una qualche divinità strana, da quel che so. Ne è quasi ossessionato. Forse è buddista, non lo ricordo. Non mi è mai interessato poi così tanto.

«Disturbo?» chiede qualcuno alle mie spalle. Mi volto. Ci metto un po' per mettere a fuoco il viso di Violet. Perfetto, è l'ultima persona che avrei voluto vedere questa sera. «Vorrei parlarti, Aimee.»

«No» dico, secca.

Bree spalanca la bocca, sconvolta dalla mia risposta. Dylan alza gli occhi al cielo, abituato a questo mio lato infantile che esce soprattutto quando bevo. Prende la mia compagna di stanza per il braccio e la trascina via, dicendo: «Vi lasciamo sole» borbotta.

«Non parlo con una manipolatrice che mi ha messa contro al ragazzo che mi piace facendomi credere che volesse farmi fuori» dico, tutto d'un getto. Violet aggrotta la fronte, confusa. Devo aver biascicato. «Oh, aspetta! Anche tu volevi farmi fuori, ora che ci penso!»

MysteryWhere stories live. Discover now